PALERMO – Il 14,5% dei reati italiani legati all’illegalità del ciclo del cemento avviene in Sicilia. Solamente nel 2020 sono stati commessi 1.650 reati e 1.676 sono le persone denunciate. Questi numeri, estrapolati dal rapporto Ecomafia 2021 di Legambiente, rendono la Sicilia la prima regione d’Italia nella classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento. Un triste primato che fotografa un’Isola in cui la cementificazione selvaggia e abusiva sta distruggendo i paesaggi e l’ambiente. Un triste primato il cui costo pesa enormemente sulle finanze dei Comuni, che con le poche risorse a loro disposizione devono farsi carico di demolizioni, controlli e sopralluoghi.
Tra i crimini legati all’illegalità nel ciclo del cemento spicca sicuramente quello dell’abusivismo edilizio, una piaga che annualmente viene ben fotografata dal Siab (Sistema informativo territoriale regionale). Secondo gli ultimi dati a nostra disposizione, risalenti a marzo 2021, nelle nove province siciliane ci sono 31.981 abusi edilizi con una volumetria pari a circa sette milioni e mezzo di metri cubi. Per rendere l’idea di quanto il fenomeno sia esteso: è come se ogni cittadino possedesse 1,5 metri cubi di costruzioni illegali, compresi i neonati. A questi dati, inoltre, si aggiunge anche l’elevato indice di abusivismo (numero di costruzioni abusive ogni cento autorizzate, Ispra) pari al 58,2%: ampiamente sopra la media italiana che è invece del 17,7 per cento.
Di fronte a un numero talmente alto di abusi edilizi, si potrebbe pensare che le demolizioni siano all’ordine del giorno in Sicilia. Eppure, non è così. Tra il 2004 e il 2020 ci sono stati oltre 4.500 provvedimenti di demolizione ma solamente 950 abbattimenti: appena il 20,9%. In poche parole, in Sicilia viene eseguita solo un’ordinanza di demolizione su cinque. Un’inadempienza dovuta in parte alla lentezza della giustizia amministrativa, in parte alla scarsa efficienza dei Comuni in cui sindaci devono fare i conti con scarse risorse finanziarie e con la scarsa impopolarità delle demolizioni. Tuttavia, va detto che i Comuni, anche se molto lentamente, si stanno muovendo.
“Noi – dichiara il sindaco di Siracusa, Francesco Italia – firmiamo ogni anno un protocollo di intesa con la procura generale di Siracusa su varie tematiche e quest’anno il protocollo siglato per volontà reciproca sia nostra che del procuratore generale è stato quello di dedicare tutte le nostre energie all’abusivismo. Non ci sono soldi ma risorse: vigili urbani, agenti”. Una simile collaborazione tra procura e uffici dell’urbanistica è presente a Catania. “In questo momento – dichiara il dirigente dell’Urbanistica etnea, Biagio Bisignani – abbiamo 40 procedimenti in corso, non è uno solo. Ne sono stati demoliti cinque dall’insediamento della Giunta Pogliese, chiaramente grazie anche al rapporto con la procura che mette i finanziamenti per fare le demolizioni e noi mettiamo i mezzi. E ne abbiamo in programmazione più o meno 250. Un grosso numero. Però le prime 40 nel 2021 siamo riuscite a sfangarle. Tanto è che quasi giornalmente facciamo i sopralluoghi congiunti con i nostri tecnici e gli uomini della procura in cui si vanno a verificare gli immobili. Ovviamente prima si demoliscono le cose più fattibili e dopo gli immobili che pongono delle criticità importanti”.
Per aiutare finanziariamente i Comuni che non riescono ad effettuare le necessarie demolizioni, l’Ars ha approvato due norme, contenute nella finanziaria, per le quali è stato stanziato, in totale, un milione di euro. Una è pensata proprio per dare più fondi per le demolizioni ai Comuni attraverso un fondo di rotazione, l’altra per accelerare le pratiche di condono esistenti. Mentre una parte dell’Assemblea regionale siciliana cerca di contrastare l’abusivismo, un’altra parte cerca di far passare nuove sanatorie e nuovi condoni, come in molti hanno definito quelli “nascosti” tra le righe del Ddl Edilizia e che sono stati impugnati da Roma. Al parlamento siciliano, insomma, è scontro aperto tra il “partito del cemento” che cerca di tutelare in ogni modo gli abusi e gli abusivi e chi vorrebbe eliminare l’abusivismo in Sicilia. Un cambio di passo in questo scontro potrebbe essere rappresentato dalla legge 120/2020, fortemente voluta da Legambiente. Questa legge stabilisce che se i Comuni non riescono ad evadere le pratiche di abbattimento entro 180 giorni, devono trasferirle alla prefettura. Un modo per togliere l’onere delle demolizioni dalle mani dei dipartimenti urbanistica dei Comuni che negli ultimi anni non si sono dimostrati in grado di contrastare efficacemente l’abusivismo edilizio.
Secondo Legambiente questa norma è stata ben interpretata dagli uffici comunali siciliani. O meglio, tra i comuni italiani quelli siciliani hanno trasferito più pratiche alle prefetture. A supporto di questa tesi ci sono i dati: da settembre 2020 (data in cui è entrata in vigore la norma) a marzo 2021, su 3.587 ordinanze di demolizione non eseguite, 454 sono state trasmesse ai prefetti. Un numero basso ma che nel contesto italiano comunque spicca. Su questi dati, tuttavia, non c’è unanimità. “In due anni di attività – dichiara al QdS Giusy Scaduto, prefetto di Siracusa – non ho visto nessuna richiesta in questo senso, anche perché siamo stati impegnati in altro. Certamente è una competenza importante e un segnale importante però io non ho nessun elemento per poter rispondere. Nessun sindaco in questi due anni mi ha inviato una pratica del genere. Ma posso anche spiegarmelo, perché in questi due anni con i sindaci abbiamo avuto priorità dettate dall’emergenza sanitaria”. Sull’argomento abbiamo provato a sentire anche le prefetture di Palermo, di Agrigento e di Catania, con scarsi risultati. Dalla prefettura di Palermo, in particolare, emerge che “non è presente una casistica al momento”. A Catania in parte ha risposto il Comune. “Non stiamo inviando pratiche alla prefettura – spiega Bisignani – perché ci stiamo autonomamente pensando attraverso il rapporto con la procura”. Tuttavia, questo non significa che al Comune etneo tutte le pratiche di abbattimento vengono evase entro i 180 stabiliti dalla legge.
“Ci sono le pratiche che hanno superato questo limite – spiega Bisignani -. Chiaramente noi il limite non lo facciamo superare per menefreghismo: abbiamo una carenza di personale, una carenza sotto il punto di vista dell’organizzazione. I 180 giorni sono dei tempi che dà la legge, ma alla fine, amministrativamente, questi tempi non possono essere rispettati a pieno titolo. Tant’è che la stessa prefettura non ci ha mai mandato una nota dicendo: ‘Ma cosa state facendo, state dormendo?’ La questione è questa: se la legge è perentoria, come giustifichiamo questa cosa? La giustifichiamo solo per il fatto che comunque noi stiamo procedendo. Il Comune non è immobile: ha queste 250 procedure attive, 40 sono ormai in fase di chiusura e cinque sono state già effettuate. Chiaro che per poter fare 250 demolizioni dovremmo avere almeno una cinquantina di dipendenti. In questo momento ne abbiamo solo due. Quindi quello che si riesce a fare è perché c’è tanta buona volontà”.
LICATA (AG) – Tra l’inefficienza generale dei Comuni per quanto riguarda le demolizioni degli immobili abusivi, spicca un caso virtuoso che risulta essere una mosca bianca: Licata è l’unico comune che ha dato via ad una seria campagna di demolizioni delle case abusive. E già da sei anni. “In questi anni – dichiara il sindaco di Licata, Giuseppe Galanti – abbiamo abbattuto più di 350 abitazioni che erano dentro i 150 metri dalla costa, quelli costruiti dove c’è l’inedificabilità assoluta. Noi siamo l’unico Comune di Italia ad averlo fatto. Tanti comuni sono combinati peggio di noi per volumetria. Mentre noi li abbiamo levati fino ad oggi e continuiamo a levarli, gli altri comuni non hanno fatto niente: Gela è la città di Crocetta e non ha abbattuto una casa”.
Siete un esempio abbastanza virtuoso da seguire…
“Io combatto contro la mia città che dice: ‘Sindaco, perché solo noi?’ Non è facile. Loro hanno ragione a lamentarsi. Perché è vero: siamo solo noi. In tutta Italia. In Campania sono arrivati a costruire sulla bocca del Vesuvio e nessuno ha preso provvedimenti. Licata ha preso provvedimenti sicuramente non popolari e io sto continuando e l’attività non è mai stata bloccata o interrotta”.
Le nuove pratiche di abbattimento come stanno procedendo? Ne avete in programma?
“Per fortuna riusciamo a prenderli fin dall’inizio e quindi li blocchiamo sul nascere, perché c’è un servizio di polizia municipale ben attento e organizzato. Ora utilizziamo anche il servizio con i droni”.
Quindi le vostre pratiche vengono smaltite entro i 180 giorni?
“Si, quando arriva l’ordinanza dal magistrato noi diamo seguito all’abbattimento della casa”.
Siete un po’ una mosca bianca in tutta la Sicilia…
“Sì, da un punto di vista morale e legale è estremamente giusto. Ma da un punto di vista umano non è così, perché il cittadino non viene trattato come gli altri. C’è una disparità di trattamento fin troppo evidente. Ricordi: più di 300 abitazioni. Al Comune di Gela ne sono stati abbattuti quattro che erano disabitati da tempo e già in parte distrutti. A Palma di Montechiaro solo due. Ad Agrigento niente, forse uno. In tutta la Sicilia è così. Non ha senso”.
Lei che consiglia agli altri sindaci?
“Le costruzioni abusive devono essere abbattute, non sanate. Perché dal punto di vista paesaggistico si sta creando uno scempio. Perché c’è una casa si e due no. Le case no sono diventate dei luoghi dove si butta la spazzatura, gli ingombranti. In questo modo abbiamo devastato tutta la costa. Tra l’altro, levando la casa, il terreno torna ad assorbire l’acqua causando un sacco di frane. Un vero e proprio dissesto idrogeologico. Io l’ho fatto presente alla Regione tutto questo, ma continuo a dare seguito alle leggi: il magistrato mi dice che devo abbattere la casa? Io l’abbatto. La legge è legge e io la rispetto e la faccio rispettare. Anche se non è rispettata da tutti. Il come e il perché non ha importanza: di fatto non è applicata da nessuno, solo dal Comune di Licata”.
Lei parlava dei buchi normativi causati dai condoni. Una delle ultime leggi uscita dall’Ars e impugnata da Roma andrebbe proprio in questa direzione. Non si sente di stare combattendo una battaglia contro i mulini a vento?
“Io alle battaglie contro i mulini a vento non ci credo. Quando faccio una battaglia cerco di portarla fino in fondo per arrivare all’obiettivo. Quando sbaglio lo riconosco e mi ritiro ma se ritengo che la cosa sia giusta vado fino in fondo e non mollo”.
Vorrebbe un po’ di supporto da parte della Regione?
“Certo, sicuramente sì. Fino a ieri sono stato alla Regione a parlare di questo problema perché per me è un problema di disparità di trattamento dei cittadini. Io purtroppo sto trattando i miei concittadini in maniera diversa da tutti gli altri sindaci. E mi chiedono conto e ragione. Ma l’unico conto e ragione che gli do è quello che io applico la legge e cose fuori legge non ne farò mai. Gliel’avevo detto in campagna elettorale”.
Dalla Regione che le hanno detto?
“Che purtroppo ci sono alcuni gruppi politici che non condividono. Io spero che trovino la ragionevolezza perché o fanno si che la magistratura possa agire a tutti i livelli o fanno si che a Licata, per le abitazioni che sono costruite entro i 300 metri, si trovi una soluzione diversa. Io faccio un appello ai politici. Perché la giustizia tutto sommato applica le leggi, come gli amministratori. È la politica che deve proporre una soluzione a questo problema. Quanto meno salvare le case che ci sono nei 300 metri dal mare. Questo problema, nelle altre regioni di Italia non esiste, perché loro hanno applicato la normativa nazionale. La Regione ha fatto un qualcosa che sta rovinando la costa. Se lei va in Puglia si accorge che le case sono tutte sulla costa, se lei va in Liguria le villette sono tutte sul mare o sui dirupi. Per citarne solo due”.
Quindi ci vorrebbero delle nuove sanatorie?
“No, non ci vogliono sanatorie. Bisogna adeguarsi alle nuove disposizioni. Le case andrebbero ridotte in volumetria e non abbattute completamente laddove ovviamente non sono dei mostri come quelli che hanno abbattuto sulla costa agrigentina tanti anni fa, dove c’era un albergo a 30 metri dalla battigia costruito su una costa di argilla. Questi orrori vanno abbattuti. E non c’è sindaco o politico o uomo che può pretendere una cosa diversa”.
La legge 120/2020 secondo lei è una norma che potrebbe dare un’accelerazione agli abbattimenti?
“Onestamente non glielo so dire. Ma sicuramente troveranno qualche altro escamotage per saltare l’ostacolo e aggirare il problema come quello del bilancio in pessime condizioni, che è un fatto reale. Io sono in pre dissesto e come me molti comuni della Sicilia. Lei deve pensare che io spendo fino a 600mila euro (l’anno scorso) per l’abbattimento delle case abusive. E per un Comune come il mio, anche se siamo 40mila abitanti, 600mila euro sono soldi che escono dal bilancio. Perché la casa l’abbatto quasi sempre io e chi è titolare della proprietà non possiede niente: sono dei crediti che non riuscirò mai a riscuotere”.
Ci vorrebbe dunque una norma più adeguata?
“Sì, o quanto meno se ne dovrebbe fare carico la Regione mettendo in moto i militari, l’esercito o creando un gruppo che si occupa solo di quello. Se ne è parlato in passato ma non è mai stato fatto. Se ne fanno carico loro e si eliminano i problemi. Perché si deve anche capire che il vigile urbano che va a presidiare l’abbattimento di una casa, si creare delle inimicizie. Chi ha la casa abbattuta se la prende con i presenti che gliela fanno abbattere: sindaco, vigili, ufficio tecnico. Ma se venissero da fuori, quelli sono li per la settimana che abbattono la casa e poi i cittadini non sanno chi sono. Invece qui, per quello che è il modo di vedere, se la legano al dito. Lei è siciliano come me, sa che succede. Non lo condivide, ma sa che succedono queste cose”.