L’ipocrisia è un difetto umano comune, che però in politica ha un effetto esponenziale. La politica del dopoguerra era stata ricostruita, dopo il fascismo, su un minimo comune multiplo, la realizzazione del bene comune. Questo principio fondante, con le diverse sfumature tra la cultura cattolica, marxista e liberale, aveva permeato la Costituzione, la carta regolatoria del contratto sociale che legava i cittadini al Paese.
Questo patto, a causa di continui tradimenti del bene comune, si è rotto e si è allentato il rapporto tra politica e cittadini, allontanandoli da voto. Ma se c’è qualcosa che fa scappare la gente dalle urne è l’ipocrisia della politica. Il caso eclatante è quello di Bruxelles. Per pochi piccioli, poi bisognerà capire quanti sono e le dimensioni del fenomeno, ci siamo giocati la reputazione di un intero Continente.
Ma anche in Sicilia, terra di confine tra il continente e il Qatar, tanto che qualcuno sta intermediando la vendita della Lukoil agli emiri, non si esime allo sconfortante uso della ipocrisia politica.
Parliamo per esempio, uno dei tanti, di quello che è successo in Commissione antimafia all’Assemblea regionale. Riassumiamo la vicenda.
È stata formata una commissione antimafia, che di norma viene presieduta dall’opposizione. Per fare questa commissione ogni gruppo parlamentare esprime dei componenti per fare parte di questa commissione. Susseguentemente si eleggono gli organi della stessa, presidente, vicepresidenti e segretari.
Questa elezione non è fatta con il bussolotto, ma con un accordo politico tra i gruppi parlamentari, con la mediazione dei partiti e degli esponenti politici che li rappresentano. Questo accordo politico ha portato all’elezione di Cracolici in qualità di Presidente e del deputato Gennuso in qualità di Vice presidente.
Susseguentemente si apre una polemica sulla stampa per l’elezione di Gennuso a vicepresidente dell’antimafia regionale in quanto rinviato a giudizio per fatti non escludenti le materie di cui si occupa la commissione. Premettiamo che il deputato Gennuso ha, ad oggi, tutti i diritti costituzionali a candidarsi e ad essere eletto. Ma quello che ci sorprende è che i fatti in questione avrebbero suggerito una partecipazione opportuna alle commissioni, poteva tranquillamente andare alle attività produttive, visto che la sua famiglia si occupa di impresa.
Ma il suo capogruppo, che è un penalista di vaglia, ha ragionato in termini penali ed ha ritenuto che non ci fossero controindicazioni ad indicarlo per l’antimafia. In termini penali il deputato Gennuso è compatibile in quanto nessun grado di giudizio si è espletato, pertanto ci sono, per fortuna, le garanzie di legge. Ma in termini di opportunità politica, davanti all’opinione pubblica, è una mossa opportuna ed intelligente? O rappresenta una totale crasi della politica che si sente autoreferenziale rispetto ai cittadini? Si rammenta che i deputati rappresentano tutti i siciliani, non solo i propri elettori.
La seconda ipocrisia è quella della presidenza della stessa commissione, che si accorge dopo, e non prima guarda caso, di una non opportunità su cui si è realizzato un accordo politico. La famiglia Gennuso non è sconosciuta alla politica, ci sono contenziosi in corso di cui è cosciente formalmente l’assemblea, è difficile che tutti gli organi di indirizzo e controllo della stessa cadano dal pero appena un giornale scriva ciò che è noto agli addetti ai lavori e precedentemente strapubblicato.
La richiesta di dimissioni, subito protocollate, del neoeletto vicepresidente Gennuso, sembra più ipocrita della sua stessa elezione alla Vicepresidenza dell’antimafia. Vogliamo non dico sconfiggere, ma almeno stigmatizzare la Mafia, come corpus politico regionale, quando cominciamo con questa ipocrisia? A che serve andare a farsi le foto davanti alla lapide di Mattarella e La Torre e poi ritagliare le foto perché qualcuno non ci doveva essere? In questa vicenda ci perdono sia maggioranza che opposizione questo è chiaro.
Forse era meglio, anche per Gennuso, non dimissionarlo, ma aprire un dibattito serio su queste questioni, non autosospendersi in attesa di non si sa che cosa. Le conseguenze di queste azioni, reiterate senza pudore, sono il fallimento della politica e la causa dell’allontanamento dalle urne degli elettori. Ma forse è proprio l’attuale mission delle classi dirigenti. Meglio pochi ma solidalmente ipocriti.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo