Oggi al Sud c’è un problema chiaro ed evidente. Da un lato la carenza di manodopera in alcuni settori, alcuni strategici per il mezzogiorno, quali agroalimentare e turismo, dall’altro limiti di struttura economico finanziaria endemici. Per queste ragioni, e per recuperare competitività, nei confronti del resto del Paese, bisognerebbe derogare al contratto nazionale, recuperando contratti d’area o di distretto, ed in alcuni casi fare le cosiddette gabbie salariali.
Questa ipotesi, le gabbie, viste come un carcere sindacale, consentirebbe però il vero contrasto al lavoro nero, un’enorme gabbia di fatto, e la lotta al caporalato, ancora più indegno e lesivo dei lavoratori. Le gabbie salariali a tempo per lavoratore, con parametri precisi e controllabili, soprattutto nei lavori stagionali e nell’impiego di extracomunitari. È meglio che lavorino, e lo fanno in grandi numeri in alcuni settori, in maniera irregolare? Non è meglio che costruiamo dei percorsi di regolarizzazione del lavoro nero? È indubbio che il costo della vita a Palermo sia diverso da Milano, perché avere contratti uguali?
Questo potrebbe essere temperato da tempi di applicazione, finestre di apprendistato lungo, riduzione di cunei fiscali appositi, decontribuzioni a step. Solo un salario competitivo per le aziende potrebbe assorbire i fuoriusciti dal reddito di cittadinanza. In caso contrario le aziende del meridione non ripartiranno mai, altro che PNRR. Il sindacato italiano è pronto per discutere del fatto che il paese è ormai strutturalmente diviso in due? O si vuole trattare la questione meridionale con le compensazioni di fantomatici investimenti che non arrivano mai?
Se si toglie il RDC e nel frattempo non si incentiva l’assunzione, a costo competitivo, rischiamo dopo tre anni di pandemia un autunno bollente, non caldo, in città come Napoli, Bari, Reggio, Catania, Palermo. Tutto questo soprattutto in un quadro inflattivo sul carrello della spesa. Significa mandare un messaggio chiaro, arrangiatevi. In un contesto di degrado sociale e malavitoso questo è un po’ peggio della deregulation sindacale, che deve difendere a tutti i costi il contratto nazionale.
Cerchiamo di cambiare, cerchiamo di estendere i diritti al lavoro regolare, ovviamente connessi ad assunzioni a tempo indeterminato. Se no non si vuole contrastare il precariato, ma solo riempirsi la bocca di diritti ipotetici, ma non praticati.