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Ipotesi dimissioni sindaci, crisi istituzionale vicina

PALERMO – In assenza di un’adeguata attenzione alle specifiche criticità dei Comuni siciliani i sindaci valuteranno, nel corso di un assemblea programmata per domani, eventuali dimissioni di massa.

Mercoledì si è tenuto un incontro fra tutti i sindaci siciliani presenti alla XXXVIII Assemblea Anci di Parma, nel corso del quale sono emerse, in tutta la loro gravità, le forti criticità finanziarie e di personale ripetutamente rappresentate al Governo e al Parlamento nazionali nei mesi scorsi.

La gravità della situazione consiste nella impossibilità di approvare i Bilanci la maggior parte dei Comuni siciliani, la cui restante parte ha già dichiarato il dissesto o è già sotto Piano di riequilibrio finanziario. Nel corso dell’assemblea è emerso che le comunità dell’Isola sono di fronte a una crisi di sistema drammatica e così vasta che prescinde dalle questioni amministrative e gestionali e dagli orientamenti politici. è anche emersa una condizione di impossibilità ad offrire servizi adeguati ai cittadini ed a realizzare investimenti specie in vista dell’attivazione delle risorse del Pnrr.

Il Quotidiano di Sicilia ha intervistato il presidente regionale dell’Anci Leoluca Orlando.

Cosa c’è che non sta funzionando nei comuni e perché l’Anci lancia questo allarme?
“Da anni ripetiamo che i Comuni siciliani sono sottoposti ad una crisi strutturale per mancanza di coordinamento tra la legislazione regionale e quella nazionale. Come risposta abbiamo ricevuto solo qualche provvedimento tampone l’ultimo dei quali è stato quello per l’emergenza Covid. Resta però il problema strutturale che prescinde dall’impegno politico e che vede in Sicilia su 391 comuni 300 a rischio dissesto. Il problema è che per la specificità dell’autonomia siciliana, c’è una competenza esclusiva della Regione per quanto riguarda l’ordinamento dei comuni, ma gli stessi sono anche sottoposti alla finanza nazionale. Con la conseguenza che il federalismo fiscale non ha mai avuto attuazione per i comuni in Sicilia”.

Qual è la situazione sul fronte riscossione?
“Ci siamo ritrovati con Riscossione Sicilia che riscuoteva il 5-6 % dei tributi dovuti ai Comuni dai cittadini. Quando il comune non incassa quanto dovuto dal contribuente, deve accantonare una somma pari ed è costretto a tagliare le spese sociali ed economiche. C’è inoltre un fattore aggravante: il governo nazionale è andato incontro ai comuni sovraindebitati come quelli di Torino, Napoli e Reggio Calabria, per fare un esempio, a discapito nei nostri Comuni che invece di essere sovraindebitati perché non abbiamo sperperato le finanze pubbliche sono sovraccreditati perché non vengono recuperati i tributi non pagati dai contribuenti morosi”.

Quali iniziative avete promosso?
“Abbiamo chiesto l’intervento del parlamento nazionale per fornire i comuni di risorse compensative o per tagliare almeno del 50% gli accantonamenti per un periodo di 3 anni. Questo per poter consentire all’Agenzia nazionale delle Entrate nel frattempo di mettere in funzione il meccanismo del recupero forzoso dei crediti fiscali per mettersi al passo con tutto il resto d’Italia. Sabato mattina faremo un assemblea per mettere sul piatto le nostre dimissioni di massa. Abbiamo già fatto una manifestazione a Roma con 150 sindaci , abbiamo incontrato la presidente del Senato, la ministra delle autonomie locali Gelmini, la ministra dell’Interno Lamorgese rappresentando la specificità della questione siciliana”.

Cosa succede se un Comune va in default?
“Vengono messe al massimo livello tutte le imposte e tutti i servizi a domanda individuale: dalla retta dell’asilo nido all’utilizzo dell’impianto sportivo. Vengono tagliati tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato. Con il dissesto il comune non paga più i debitori. Ma noi non siamo nelle condizioni di andare in dissesto. Noi chiediamo in merito una riforma di sistema, chiedendo al governo nazionale di metterci ai blocchi di partenza nei quali erano gli altri comuni italiani nel 2010 quando non c’era il federalismo fiscale perché fino al 2010 c’era la finanza derivata dove lo Stato distribuiva a pioggia i soldi ai Comuni. Oggi i Comuni devono pensare da soli alla propria finanza, e lo Stato si impegna a fare interventi perequativi, cosa che in Sicilia però non fa perché affida questo compito alla Regione.

Quanto potrebbe incidere il Pnrr sulla situazione attuale dei comuni?
“I fondi del Pnrr non servono per la gestione corrente e quindi non possiamo usare questi fondi per assumere un commesso, ad esempio, ma per assumere un ingegnere per realizzare un progetto che serva per essere finanziato con i fondi dell’Ue. Ma quando come nei nostri Comuni non puoi chiudere un bilancio si entra in dissesto e tutto si blocca: non si può nemmeno ricorrere a consulenze esterne per realizzare progetti utili per il Pnrr e dove vi è un solo dirigente tecnico, questo non sarà in grado di portare avanti il lavoro. Ecco perché i fondi del Pnrr verranno assegnati a tutti i Comuni tranne che in quelli siciliani”.