Editoriale

L’Iran attacca. Sveglia il Gigante?

Era il 7 dicembre 1941 quando il Giappone dichiarò guerra agli Stati Uniti; il suo ambasciatore dovette aspettare alcune ore nell’ufficio del collega statunitense, per cui consegnò in ritardo la dichiarazione di guerra. Ritardo rispetto a che cosa? Rispetto all’attacco aereo e navale che il Giappone sferrò contro gli Stati Uniti a Pearl Harbor, la base navale americana nelle Hawaii. Centinaia di aerei giapponesi bombardarono e distrussero gran parte di quel naviglio. Alla fine dell’operazione i piloti urlarono nei microfoni: “Tora, tora, tora”, frase che restò negli annali per indicare questa vittoria ottenuta a sorpresa.
Ma l’ammiraglio Isoroku Yamamoto, capo della flotta giapponese, disse ai suoi collaboratori una frase memorabile: “Temo che ciò che abbiamo fatto sia stato risvegliare un Gigante che dorme”. E sappiamo come finì: con le due bombe atomiche lanciate dagli americani su Nagasaki e Hiroshima.

Perché abbiamo citato questo importante evento? Perché martedì scorso l’Iran ha fatto lanciare dagli Hezbollah, insediati nel territorio libanese, un’enorme quantità di missili su Israele, che però sono stati neutralizzati quasi totalmente. Ma questo attacco potrebbe essere la ripetizione del fatto prima raccontato.

Si potrebbe subito obiettare che Israele era già in guerra ed era pronto a reagire contro l’attacco che potevano effettuare gli Hezbollah libanesi, ma avevano dietro le spalle un Biden molto debole e titubante, mentre ora lo stesso presidente Usa potrebbe essere risoluto a dare il colpo di grazia ai terroristi che si trovano in quel territorio.

Dobbiamo ricordare che i libanesi non sono arabi, non sono ebrei, ma fino a qualche decennio fa costituivano una comunità in un Paese che era addirittura definito la Svizzera del Medio Oriente. Poi, per responsabilità di una classe dirigente infima, il Paese è decaduto e oggi l’ottanta per cento di quella popolazione è in uno stato di assoluta povertà.

Per questa ragione gli Hezbollah hanno potuto insediarvisi. Sappiamo che essi però non sono autonomi, ma costituiscono il braccio armato dell’Iran, il quale ha l’altro braccio armato, cioè Hamas, che si è insediato nella striscia di Gaza. Sappiamo che l’Iran ha sempre avuto l’intenzione di distruggere Israele per cancellarlo dai territori della Palestina.

L’Iran prima si chiamava Persia, i suoi abitanti sono dunque persiani e non arabi, né ebrei, né palestinesi. Fino alla rivoluzione dell’11 febbraio 1979 a Teheran governava lo Scià di Persia, della dinastia Pahlavi, che era un fedele alleato degli Stati Uniti. Ma da allora il Paese è diventato antiamericano perché gestito dai religiosi capitanati da Ruhollah Khomeyni e oggi, invece, da Ali Khamenei.

Fino al 1952 questo era uno Stato democratico presieduto da Mohammad Mossadeq, che contrario alle multinazionali americane del petrolio, fu cacciato dai servizi segreti Usa, i quali riportarono al potere lo Scià Reza Pahlavi.
Khamenei nel linguaggio è il presidente di un “Governo di Dio”, quindi non si può criticare perché si commetterebbe peccato. Egli è la cosiddetta Guida suprema che è al di sopra delle istituzioni. Quindi nessuno può mettere in discussione il suo comando.

Ricordiamo anche che il primo marzo 2024 sono stati rinnovati il Parlamento e l’Assemblea degli Esperti. Quest’ultima elegge il leader supremo della rivoluzione islamica, che è, come prima si scriveva, l’Ayatollah Ali Khamenei, di ben ottantacinque anni. Ovviamente le elezioni non sono riconosciute dal consesso internazionale, per cui non si può parlare di democrazia, bensì di teocrazia.

Khamenei è al potere da trentacinque anni e ha diffuso i suoi tentacoli non solo in Libano e nella Striscia di Gaza, ma anche nello Yemen e in Iraq. Ha un rapporto conflittuale con l’Arabia Saudita, anche perché la Cina di Xi Jinping cerca di attrarli nella propria orbita.
Va da sè che in quel Paese non esistono i diritti di alcun genere, né per le donne, né per la cultura, né per la storia e meno che mai per la democrazia.

Ritornando al possibile risveglio del Gigante dormiente – per quanto non lo possiamo paragonare a Biden – l’attacco proditorio cui prima si accennava creerà reazioni molto forti da cui non possiamo aspettarci buone nuove.