“Ho scelto di farmi sedurre dall’Arte perchè è la più dolce delle violenze…” (Dal diario di un anonimo
saggio cinese di XVI sec.). Irina Ganiceva si ritrova in questa frase di un anonimo saggio cinese perché ritiene che l’arte se è vera, è struggente e violentemente bella.
Nata nello Stato di Komi in Russia, nel Circolo Polare Artico, non è un caso che le sue opere rimandino spesso alle sue origini. Da quella terra potente e primordiale, fatta di tundra, di neve, di ghiacci, di foreste e di aurore boreali, in cui il buio e la luce si alternano come una metafora della vita, lei si svela.
Irina intraprende il suo viaggio interiore, in osservazione del buio della sua anima, ma che vittoriosamente conduce sempre alla luce: “Dal fondo, alla rinascita”. Nel suo moderno espressionismo raffigura più volte, attraverso i suoi dipinti, una donna forte e volitiva, fiera, un’araba fenice messaggera di forza, di coraggio e talvolta “guida” anche per l’uomo. Un lavoro concettuale che conduce l’osservatore a una riflessione intimistica e profonda.
E così, attraverso la sua sublime opera pittorica indaga su “Sua divinità l’Ego”, sul narcisismo patologico, il giudizio, la tentazione e non ultimo volge una denuncia per tutta quell’umanità che sta portando il nostro pianeta alla distruzione. Io, avendola conosciuta intimamente, sono stata rapita dal suo autoritratto intitolato “Origini”, in cui in veste di sciamana danza accompagnata dalle fragorose note emanate da un tamburello, in una sorta di ballo propiziatorio, che inevitabilmente rimanda all’inno per la pace nel mondo.
Nicoletta Fontana