ROMA – Al 1° gennaio 2021, la comunità strutturale degli italiani residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato Istat), ne ha guadagnati 166 mila all’estero (dato Aire): un aumento di presenza all’estero del 3% nell’ultimo anno. Lo rileva il nuovo “Rapporto italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes della Cei, presentato ieri.
Degli oltre 5,6 milioni di iscritti, aggiunge il Rapporto, il 45,5% ha tra i 18 e i 49 anni (oltre 2,5 milioni), il 15% è un minore (848 mila circa di cui il 6,8% ha meno di 10 anni) e il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milione di cui il 10,7%, cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). Celibi o nubili nel 57,3% dei casi e coniugate/i nel 35,9%, il 50,7% è iscritto per espatrio (oltre 2,8 milioni), il 39,9% per nascita all’estero (oltre 2,2 milioni).
Poco più di 185 mila sono, invece, le iscrizioni per acquisizione di cittadinanza (3,3%). Il 53,0% è iscritto da meno di 15 anni, il 47,0% da più di 15 anni.
La Sicilia, con oltre 798 mila iscrizioni, è la regione con la comunità più numerosa di residenti all’estero. La seguono, a distanza, la Lombardia (+561 mila), la Campania (quasi 531 mila), il Lazio (quasi 489 mila), il Veneto (+479 mila) e la Calabria (+430 mila). Sono tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all’Aire: nell’ordine, Argentina (884.187, il 15,6% del totale), Germania (801.082, 14,2%) Svizzera (639.508, 11,3%).
Seguono, a distanza, le comunità residenti in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia (circa 444 mila, 7,9%), Regno Unito (oltre 412 mila, 7,3%) e Stati Uniti (quasi 290 mila, 5,1%).
“È dunque vero che l’Italia sta vivendo da poco più di un decennio una nuova stagione migratoria, ma le conseguenze di questo percorso sono apparse, in tutta la loro evidenza, nell’ultimo quinquennio aggravando una strada che l’Italia sta pericolosamente percorrendo velocemente e a senso unico, caratterizzata da svuotamento e spopolamento, dove alle partenze non corrispondono i ritorni. – commeta il Rapporto di Migrantes – Se, peraltro, a lasciare l’Italia inesorabilmente sono i giovani nel pieno della loro vitalità personale e creatività professionale, è su questi che si deve concentrare l’attenzione e l’azione. Urgono analisi e politiche finalizzate a un cambiamento di rotta nell’interesse dell’Italia tutta, dei suoi sempre più numerosi anziani che restano e dei suoi territori sempre più abbandonati e deserti”.
“Uno studio e un impegno che devono essere costruiti con consapevolezza e professionalità, non calati dall’alto, – si agiunge – ma rispondenti a un sistema di indicatori che consenta di valutare l’impatto che un’idea o una proposta di legge ha sulle diverse generazioni della popolazione soprattutto, nel caso specifico dell’Italia, sui giovani già fortemente impoveriti e colpiti dai divari esistenti all’interno del Paese e nel confronto con le altre realtà europee ed extraeuropee”.
Le destinazioni scelte dagli italiani lungo il corso del 2020 sono state 180 e, tra le prime dieci, ben sette sono nazioni europee.
Ai primi posti, come accade ormai da diversi anni, vi sono il Regno Unito (33.293), la Germania (13.990) e la Francia (10.562) che, da sole, coprono il 52,8%. Se a queste aggiungiamo la Svizzera (8.189), che quest’anno, diversamente dal 2020, precede il Brasile (7.077), l’incidenza “europea” sul totale nelle prime posizioni arriva al 60,3%.
Gli Stati che presentano saldi negativi, rispetto al 2020, sono numerosi, ma nell’ordine vi sono la Germania (-5.236), il Brasile (-5.075), la Francia (-3.634), la Svizzera (-2.420), l’Argentina (-1.740), gli Stati Uniti (-1.597) e la Spagna (-1.453). Considerando, invece, le variazioni in percentuale, tutti i paesi, ad esclusione del Belgio (-13,9%), presentano percentuali più alte della variazione nazionale (pari al -19,5%): più del triplo è il valore registrato per Brasile (-71,7%) e Argentina (-62,0%) e più del doppio per USA (-43,2%), Irlanda (-41,8%) e Portogallo (-40,6%).
L’unica nazione con saldo positivo, rispetto all’anno precedente, è il Regno Unito: +8.358 iscrizioni in più rispetto al 2020, +25,1% di variazione dal 2020 che diventa un aumento, in un anno, del 33,5%. Delle oltre 33 mila iscrizioni nel Regno Unito, il 45,8% riguarda italiani tra i 18 e i 34 anni, il 24,5% interessa i minori e il 22,0% sono giovani-adulti tra i 35 e i 44 anni.
Nel corso del 2020 l’Inps ha pagato in tutto 13.816.971 pensioni e quelle all’estero (330.472) rappresentano circa il 2,4% del totale.
Questa percentuale, che può sembrare poco significativa, per l’Inps ha un valore molto importante perché si è ben consapevoli che si tratta di un fenomeno in continua espansione considerando il costante aumento di partenze di italiani per l’estero”.
Un trend che genererà, sottolinea il Rapporto, “nuove pensioni da liquidare in regime di totalizzazione internazionale e da erogare non solo per chi torna in Italia dopo l’esperienza maturata altrove, ma anche a favore di chi decide di rimanere nel paese estero che l’ha ospitato”. E non si tratta “di una previsione a lungo termine: molti degli attuali emigrati, infatti, rientrano nella fascia d’età 40-50 e 50-60 anni. – sottolinea Migrantes – Solo l’anno scorso gli emigrati tra i 35 e i 64 anni di età hanno rappresentato, secondo quando riferito dal RIM 2020, il 35% del totale, con un incremento del 24% negli ultimi 5 anni. Ciò vuol dire che il numero delle pensioni interessate dalla totalizzazione internazionale è destinato ad aumentare in maniera considerevole”.