ROMA – Come è noto, nel settore dell’editoria, l’articolo 74 del Dpr 26/10/1972 n. 633, lettera c), prevede un sistema particolare di applicazione dell’Iva che si distingue nettamente dal metodo di applicazione normale.
Infatti, in deroga al principio generale che vede l’Iva “plurifase”, ossia applicata in ogni fase di commercializzazione del bene o del servizio fino al consumo, in questo particolare settore l’imposta diventa “monofase”, nel senso che viene corrisposta una sola volta e da un solo soggetto: l’editore.
È l’editore, quindi, l’unico soggetto passivo d’imposta per la commercializzazione dei prodotti editoriali. Tutti gli altri passaggi rappresentano operazioni denominate dal secondo comma del citato art. 74 “non imponibili”, anche se, in effetti, costituiscono operazioni “fuori ambito Iva” ai sensi del terzo comma dell’articolo 2 (ma con diritto alla detrazione).
Nella commercializzazione dei prodotti editoriali, pertanto, l’unica cessione che giuridicamente può essere considerata tale (ossia quella soggetta ad Iva) si realizza tra l’editore e l’acquirente finale, mentre il rivenditore ed anche gli eventuali precedenti distributori (sia nazionali che locali), pur svolgendo un’attività essenziale per la vendita del bene, giuridicamente (e fiscalmente, ai fini Iva) non sono annoverabili tra le parti del contratto di compravendita.
A questo punto si ricorda che, in base a quanto previsto dalla lett.c) dell’art.74 del Dpr n. 633/72, per il commercio di giornali quotidiani, di periodici, di libri, dei relativi supporti integrativi e dei cataloghi, l’imposta è dovuta dagli editori sulla base del prezzo di vendita al pubblico, in relazione al numero di copie vendute.
Ma la quantità delle copie vendute, in questo regime speciale, viene determinata sottraendo al numero delle copie consegnate o spedite una percentuale forfetaria a titolo di resa.
Su opzione, però, la quantità delle copie vendute (da cui scaturisce la base imponibile) può essere determinata tenendo conto delle copie effettivamente vendute, ossia quelle consegnate o spedite, al netto di quelle che sono state restituite in base al contratto estimatorio.
L’imposta, quindi, tranne che nel caso di opzione per il sistema del numero delle copie effettivamente vendute o nei casi in cui la legge non lo consente, viene pagata sulla base delle copie consegnate o spedite, anche se cedute a titolo gratuito, diminuito di una percentuale a titolo di forfetizzazione della resa. Normalmente, quindi, l’Iva nel regime speciale dell’editoria viene pagata sul prezzo di copertina moltiplicato su tutte le copie consegnate o spedite al netto della resa forfettaria.
Durante gli anni 2020 e 2021, infatti, al fine di venire incontro alle esigenze dei contribuenti colpiti dalla pandemia, la percentuale di resa è stata aumentata, facendo diminuire la misura della base imponibile.
Oggi, comunque, le percentuali di “forfettizzazione della resa” sono le seguenti:
70% per i libri 80% per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici, e quelli ceduti unitamente a supporti integrativi o ad altri beni.
Quest’ultima percentuale, quella dell’80%, come già detto, è tornata ad essere di tale misura a partire dal 1^ gennaio 2022, stante che, per gli anni 2020 e 2021, ossia durante la pandemia, la percentuale di resa forfettaria era stata elevata al 95 %. Tale interpretazione risulta confermata dall’Agenzia delle Entrate con risposta ad interpello n. 207 del 22/4/2022.