ROMA – Ne abbiamo parlato diverse volte dalla pagine di questo Quotidiano per evidenziare l’attuale esistenza di un regime “provvisorio” di applicazione dell’Iva nei rapporti intracomunitari, un sistema che sarebbe dovuto cessare il 31 dicembre 1996 ma che, invece, è ancora vigente da quasi trent’anni.
L’intenzione del legislatore europeo ed italiano di allora era quella che risulta nel D.L. n. 331 del 30/8/93, un provvedimento legislativo che, con l’obiettivo di evitare distorsioni nella concorrenza, prevedeva un’armonizzazione in ambito Ue da realizzare seguendo due direttrici, l’armonizzazione delle aliquote e nuove modalità di applicazione del tributo negli scambi intracomunitari.
Si ricorda che, attualmente, in base al regime “provvisorio”, il numero delle aliquote è abbastanza elevato. Pur abolita l’aliquota del 38%, oltre all’aliquota ordinaria del 22%, infatti, esistono beni e servizi assoggettati all’aliquota del 4%, del 5% e del 10%.
Esistono pure casi in cui, con “l’etichetta” di operazioni “esenti” ma con diritto alla detrazione, l’aliquota applicabile è l’aliquota zero.
Ed ancora, sempre in base all’attuale regime provvisorio, l’imposta continua a pagarsi nel Paese di destinazione e non in quello di provenienza del bene o del servizio, così come previsto come criterio di carattere generale dall’Unione europea.
Oggi, in pratica, le transazioni intracomunitarie, pur essendo assimilate alle operazioni “non imponibili” (senza Iva ma con diritto alla detrazione), non costituendo più esportazioni ed importazioni, e mancando quindi della bolletta doganale (che prima, all’importazione, dava luogo all’applicazione dell’Iva), restano ora soggette all’imposta attraverso una sorta di “reverse charge” (inversione contabile, ossia pagamento a cura del cessionario o committente) e controllate solo in base allo scambio di informazioni tra i vari paesi comunitari (principalmente i modelli Intra-stat).
Ora, però, la riforma dell’Iva intracomunitaria sembra cominciare a muovere i primi passi. Quantomeno nella fase dell’armonizzazione delle aliquote, indispensabile per la realizzazione dell’intera riforma.
Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 6 aprile 2022, infatti, è stata pubblicata la Direttiva del 5 aprile 2022 n. 2022/542/Ue, del Consiglio Europeo, in vigore dallo stesso giorno della pubblicazione (6 aprile 2022), contenente disposizioni modificative delle direttive 2006/112/CE e 2020/285, che dovranno essere recepite dai singoli Stati membri dell’Unione europea entro il 31 dicembre 2024 e rese applicabili dal 1° gennaio 2025.
Secondo quanto previsto con la citata nuova direttiva, appare sempre più urgente adeguare la previgente normativa di cui alla direttiva 2006/112/CE, anche al fine di approntare un quadro giuridico che sia in grado di affrontare l’evoluzione in ambito ambientale (riscaldamento a basse emissioni) e della digitalizzazione (internet ed eventi trasmessi in streaming), nonché creare le basi per difendersi da crisi future e consentire pertanto agli Stati membri di rispondere rapidamente a circostanze eccezionali, quali pandemie, crisi umanitarie e catastrofi naturali.
Più in particolare, in base a quanto previsto dall’articolo 98 della direttiva 112 del 2006, modificata dalla Direttiva 542/2022, gli Stati membri potranno applicare al massimo due aliquote ridotte che non possono essere inferiore al 5% e potranno essere applicate solo alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi elencate nell’allegato III della citata direttiva del 2006 e, comunque, per un massimo di 24 voci che costituiscono l’insieme dei beni agevolabili.
Inoltre, considerato che alcuni Paesi europei hanno già la possibilità di applicare un’aliquota ridotta, non inferiore al 12%, su alcuni beni e servizi non inclusi nel citato allegato III, allo scopo di assicurare parità di trattamento, sarà consentito applicare aliquote ridotte, non inferiori al 12%, a beni e servizi diversi da quelli di cui al ripetuto allegato III, ma alle stesse condizioni esistenti alla data del 1^ gennaio 2021.
Sarà consentita pure un’aliquota “super ridotta”, ossia inferiore al minimo del 5%, nonché una esenzione con diritto a detrazione dell’Iva pagata “a monte”, ma solo per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi contemplate da alcuni punti dell’allegato III, tra cui la cessione e installazione di pannelli solari su abitazioni private.
Come si diceva prima, qualcosa si muove. Ma ancora la strada da percorrere per giungere alla vera riforma delle operazioni intracomunitarie è ancora lunga.
Nel frattempo le falle dell’attuale sistema (provvisorio) continuano a farsi sentire. Le violazioni, che spesso sono vere e proprie truffe all’Erario, e le occasioni di interpretazioni discutibili che sfociano nel contenzioso, sono abbastanza frequenti. Speriamo, quindi, che le esigenze manifestate dalla recente direttiva affrettino la conclusione di questa storia che, come sopra evidenziato, dura da trent’anni.