Cultura e dintorni

Incontro con l’eternità, il Koùros ritrovato

Il Koùros di Lentini è tornato in mostra a Catania, fino al 2 ottobre, al Castello Ursino e nessuno, turista o cittadino che sia, dovrebbe perdere l’occasione di poterlo ammirare.
Si intravede appena varcata la soglia nella sala posta a sinistra dell’atrio d’ingresso, e in lontananza, dall’alto del suo piedistallo, la statua già promana tutta la sua bellezza. Il percorso guidato all’interno del Museo Civico, che si concluderà nella sala dell’attrazione e che si snoda su tre piani, distrae però dallo scopo della visita, tanto le collezioni di opere suddivise nelle varie sezioni artistica, storica e archeologica sono suggestive e tanto il nuovo allestimento ne valorizza l’esposizione. La guida multimediale fornita all’ingresso scorta il visitatore tra dipinti, sculture, reperti archeologici e monete fino alla terrazza dell’unico torrione visitabile del maniero catanese dello Stupor Mundi, da cui si ammira la Muntagna che fuma ininterrottamente, a rimarcare quel senso di immanenza e immortalità delle cose importanti che resistono al tempo e all’incuria dell’uomo.

Con questo pieno d’arte e storia si ridiscende assaporando il gusto dell’attesa, ormai breve, dell’incontro con il simbolo della vittoria della tenacia e dell’intuito sull’immobilità.

La storia del Koùros nasce da una querelle internazionale tra archeologi sull’appartenenza della testa (reperto ritrovato nel Settecento, appartenuto al principe Biscari e donato al museo del Castello Ursino) al busto (ritrovato successivamente e comprato dall’archeologo Paolo Orsi). Solo grazie alla tenacia del compianto Sebastiano Tusa, sovrintendente del Mare e assessore ai Beni Culturali, possiamo oggi ammirare il risultato del magico assemblaggio e, quindi, dello splendore della statua nella sua interezza che incarna il detto “bello come un dio greco”.

Il corpo nudo scolpito nella pietra è ipnotico, il marmo bianco sembra rivestire come un velo trasparente le forme delineate e muscolose di un giovane greco, talmente le proporzioni anatomiche sono rispettate: la perfezione; il sorriso eroico appena accennato: la consapevolezza di essere un dio e per questo eterno se non altro nella memoria dei secoli che ha superato indenne; la testa boccolosa (a lumachelle): la vanità proclamata; il movimento solo percepito (il Kouros manca di entrambi gli arti) della gamba che avanza: la libertà di porsi in cammino.

Tutti segni caratterizzanti i Koùroi, statue maschili che hanno origine intorno alla metà del VII secolo a.C. e che prendono spunto, per forma e per stile, dalle statue egizie, con significato commemorativo.
L’intera storia della disputa durata un secolo e l’illustrazione delle tecniche di indagine che hanno condotto all’assemblaggio, riportate su pannelli informativi, arricchiscono la visita di quest’opera che la terra siciliana ci ha restituito e che appartiene a ognuno di noi.

Barbara Mileto

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IL CONSIGLIO DEL LIBRAIO

Felicia Randazzo
Cartolibreria Randazzo – Gela

Sono due i libri più venduti nell’ultimo mese. Il primo è La cuntintizza. Piccole ragioni della bellezza del vivere. Scritto da Simonetta Agnello Hornby e edito da Mondadori, nasce dagli incontri palermitani dell’autrice con la nipote Costanza e da occasionali considerazioni sul piacere legato al rito dell’aperitivo, ponte fra generazioni e culture diverse. Attraverso episodi e memorie familiari, le due donne elencano quelle “piccole ragioni” che per loro evocano la cuntintizza: il sottile piacere di arrotolare una pallina di zucchero e caffè, la sensualità dell’affondare le mani nella pasta frolla, il conforto di quel “quanto basta” scritto nelle ricette, lo struggimento con cui si accarezza l’oggetto appartenuto a una persona scomparsa, la meraviglia che dispiegano le pale puntute del fico d’India, la delicata cascata di calici, bicchieri e bicchierini colorati.
Il secondo è La carrozza della Santa, di Cristina Cassar Scalia, un giallo edito da Einaudi. La mattina del 6 febbraio la festa di Sant’Agata si è appena conclusa a Catania: nell’atmosfera distratta, da fine evento, che pervade strade e popolazione, un uomo viene ritrovato in una pozza di sangue nell’androne del Municipio. La vicenda si presenta subito ingarbugliata, un intrico di piste che conducono sempre alla vita privata e familiare del morto. La protagonista, il commissario Vanina Guarrasi, però, fatica a dedicare all’indagine l’attenzione che meriterebbe.
A Palermo sta accadendo qualcosa che esige la sua presenza: per la soluzione del mistero saranno importanti l’aiuto della sua squadra e l’impegno del commissario in pensione Biagio Patanè, che a dispetto dell’età non si ferma davanti a niente.