Lo sguardo del medico

La corda pazza aggrava la spesa sanitaria siciliana

Esiste una differenza strutturale tra un cervello padano e uno siciliano? A tale domanda politicamente scorrettissima anche il più accanito dei razzisti contemporanei tenderebbe a rinnegare Lombroso e a rispondere “no”. E invece la risposta corretta è “SI”: la colonnina di neuroni che controlla la gestione degli psicofarmaci!

Visita tipica in un ambulatorio siciliano: la paziente inizia ad elencare i suoi sintomi, spesso complessi, di variegata natura e distribuiti in varie parti del corpo senza un particolare filo logico o temporale. Il tutto con estrema precisione e dovizia di particolari facendo trasparire quanto essi siano fastidiosi e impattanti sulla qualità della vita della professionista, madre di due figli e magari figlia di due genitori senescenti. L’accuratezza della descrizione lascia trasparire la speranza che finalmente con quest’ultimo tentativo con un nuovo medico, l’ultimo di una lunga serie consultata inutilmente, si possa approdare alla diagnosi corretta e porre fine allo stato di malessere che da mesi, forse anni, l’affliggono. Grande sorpresa quando il medico le comunica che tutto è chiaro: il corposo insieme di sintomi e la normalità di praticamente tutte le centinaia d’indagini di laboratorio e strumentali eseguite indicano che il problema non risiede nelle decine di singole aree dolorose, addormentate, impossibilitate a muoversi o sentite come aliene, ma sull’unico punto del suo corpo dove tutte queste sensazioni confluiscono e vengono organizzate, il cervello! Con una semplice terapia orale di 2-3 sostanze in grado di modificare alcuni neurotrasmettitori cerebrali lo schema delle sensazioni corporee generato dal cervello riprenderà il suo normale funzionamento e le sensazioni anomale scompariranno. Dopo un attimo di smarrimento la signora sibila a bassa voce: “ma che sono…psicofarmaci?”. Al cauto assenso del medico ecco l’emergere della frase catacombale: “No, non sono pazza!” con l’immediato rifiuto di continuare la visita.

Visita tipica in un ambulatorio bergamasco: rileggete il paragrafo precedente e fermatevi prima del sibilo. La signora padana non obietta nulla, ringrazia per la visita e torna dopo un mese per riferire che (quasi sempre) è stata subito meglio e ha visto sparire tutti i suoi sintomi come d’incanto.

Considerazione medico-sociologica: perché il siciliano ha questo costante e sdegnoso rifiuto di un (dis)funzionamento del suo cervello come causa dei suoi mali? Nel corso degli anni ho capito che tutto dipende dalla “paura di essere pazzo”, una condizione inaccettabile per le stigmate che comporta socialmente ma particolarmente inaccettabile per la frequenza con cui si manifesta nel crogiuolo di etnie che costituisce la nostra insularità. Il lombardo non ha paura di essere anche solo transitoriamente un po’ fuori di testa, il siciliano sa di esserlo quasi sempre e cerca di sfuggire al suo comune destino. I siciliani quando vanno al nord o all’estero sono considerati un po’ “eccessivi”: muovono le mani, alzano la voce, sorridono, parlano e chiedono informazioni a tutti, portano e regalano dolci, offrono ospitalità in Sicilia anche a quasi sconosciuti, spesso disorientando gli austeri e anaffettivi abitanti di terre più fredde climaticamente e meglio organizzate. Luigi Pirandello nel Berretto a Sonagli faceva dire a Ciampa: “Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d’orologio in testa. La seria, la civile, la pazza…”.

Leonardo Sciascia percepiva una particolare follia dei siciliani e della letteratura da essi prodotta al punto da intitolare La corda pazza un suo saggio in merito. Posso confermare: la corda pazza è una caratteristica strutturale del pensiero siciliano e ne condiziona parte dell’approccio alla medicina. Incidentalmente: quasi tutti i pazienti che accettano il consiglio terapeutico poi guariscono e la frase più comunemente adoperata nei controlli successivi diventa: “se lo sapevo prima guadagnavo anni di benessere!”. Sempre con le dovute e statistiche eccezioni.