Scarpe, borse, trucchi. Ma anche frutta secca, carne meno volte la settimana e, in generale, consumi più oculati. Si respira aria di crisi al mercato di piazza Carlo Alberto, a Catania. Dove il target è misto ma le risposte alle domande sui consumi in questi ultimi mesi sono più o meno le stesse: “Dove possiamo, cerchiamo di risparmiare”. Non solo esercizi commerciali, con in testa i bar – imprese e aziende: la crisi economica, il caro bollette e l’inflazione stanno pesando anche sui consumi alimentari delle
famiglie.
C’è chi evidenzia la possibilità di poter non rinunciare al cibo, potendo tagliare il superfluo; ma c’è anche chi, con meno mezzi economici o semplicemente una famiglia più numerosa, sta iniziando a tagliare anche il paniere dei consumi. Meno carne nel carrello, meno verdura e pesce: “Le persone stanno comprando ciò che costa meno” – conferma uno degli operatori. Costretto, come tanti, a stringere i cordoni, a prendere meno prodotti per evitare che restino invenduti. “In questo periodo il pesce è a buon prezzo – afferma il titolare di uno dei banchi del pesce presenti al mercato. Ma, non appena la disponibilità sarà minore, saremo costretti ad aumentare i costi e, di certo, venderemo meno. Già lavoriamo meno”.
La conferma del calo della clientela viene da uno dei macellai: “Abbiamo perso il 40 per cento del fatturato – dice – e temo che si tratti solo dell’inizio”. Una delle scelte che stanno operando i commercianti di generi alimentari è quella di selezionare a monte i prodotti meno costosi. “Così evitiamo che restino invenduti – spiega uno di loro al Qds. Non possiamo rimetterci. Io al momento non ho licenziato nessuno, perché non posso buttare per strada padri di famiglia . aggiunge – ma la situazione è drammatica”.
I prezzi aumentano inesorabilmente. Anche chi ha resistito e ha evitato di alzare i prezzi, a dovuto cedere. Come spiega il titolare di una delle più antiche torrefazioni della città. “Non ho aumenato i prezzi che erano già lievitati lo scorso anno – afferma – ma, da qualche tempo non ho avuto scelta. Se no, non ho margine di guadagno”. Il prezzo, per intenderci, è lievitato di 25 centesimi l’etto più o meno per tutte le qualità e miscele: poco, potrebbe sembrare, ma non in proporzione. Da 1,15 euro l’etto a 1,40 l’aumento è di oltre il 20%. Decisamente non un aumento lieve.