Editoriale

“La cultura è di carta”, libri e quotidiani

Non vogliamo addentrarci nel solito dualismo, secondo cui con la cultura non si mangia e compiendo azioni materiali invece si soddisfa l’appetito. Ci sembra una questione di lana caprina perché per guadagnare occorre una certa attività fisica e/o una certa attività mentale. Sempre di attività si tratta, che comporta sudore e fatica. Qualche volta l’attività fisica e quella mentale sono complementari, per cui una non può fare a meno dell’altra.

Non è poi vero che con la cultura non si mangi. Per esempio, gli scrittori e scrittrici di libri di ogni sorta, i ricercatori di vario tipo, compresi quelli universitari, gli informatori, i giornalisti seri e tanti altri in effetti svolgono un’attività culturale con la quale mangiano.
Dunque, l’offerta c’è ed è anche abbondante, ma via via che passano i decenni si verifica una condizione negativa, cioè che i cavalli non mangiano.

Per la verità questa frase si usa in economia per indicare che si va a imboccare la strada della recessione, vale a dire indietreggia la creazione di ricchezza e con essa aumenta la povertà. Tuttavia, la possiamo adoperare anche nell’argomento che oggi trattiamo perché, con vivo disappunto, dobbiamo rilevare come la cultura, in senso lato, retrocede e con essa la sapienza, quella vera, il buonsenso e la capacità di affrontare le questioni con la diligenza del pater familias.
L’indice di questa retrocessione è la forte diminuzione della lettura dei quotidiani e la stagnante lettura dei libri. Per questi ultimi dobbiamo rilevare che la vendita complessiva non diminuisce, anche per effetto dell’uso degli stessi come pezzi di arredamento.

Invece è del tutto evidente la diminuzione della lettura dei quotidiani di carta e, crediamo di potere aggiungere, quella dei quotidiani digitali. Non è vero infatti che questi ultimi stiano sostituendo i primi perché, come è noto, qualunque lettura si faccia sugli schermi di dimensione diversa è sempre affrettata, rapida, non memorizzabile, con la conseguenza che essa non viene incamerata come dovrebbe, perché è labile. Non è che si dimentichi, è proprio che non si apprende.

I Paesi più evoluti, come il Giappone – l’abbiamo scritto qualche giorno fa – continuano a leggere libri e quotidiani di carta in maniera cospicua, anche perché il tatto è un senso che aiuta a memorizzare. Hanno scritto diverse ricerche scientifiche secondo cui quello che si legge sugli schermi non viene memorizzato facilmente, ma questo non viene detto e quindi l’opinione pubblica ne sconosce l’effetto.
Per fortuna ancora nelle scuole e nelle Università i libri si usano, con la conseguenza che i giovani non hanno perso dimestichezza nell’apprendere sul cartaceo, però non è spiegata in queste sedi, che dovrebbero essere culturali, la differenza sostanziale dell’apprendimento sulla carta, molto più proficuo, con quello che si effettua leggendo sugli schermi.

Stiamo semplificando la questione per tentare di porgerla nella sua essenzialità, spiegando una cosa che viene quasi respinta dalla maggioranza dei giovani e dei meno giovani, cioè che è loro interesse aumentare le competenze per essere più competitivi nel mondo del lavoro e più autonomi nella loro vita.

Si scriveva che il tatto è uno dei cinque sensi; quindi toccare ha riflessi nel nostro cervello perché si tratta di segnali che arrivano in modo automatico. Toccare e leggere amplificano questa capacità e quindi ne risulta evidente il vantaggio di accomunare i due elementi. Ma questo non è di facile comprensione, anche perché chi è preposto a tentare di fare migliorare lo stato culturale dei cittadini si occupa di ben altro. Di chi parliamo? Del soggetto istituzionale, articolato nei suoi vari gradini – nazionale, regionale, locale – e di tutti quegli Enti che producono servizi pubblici, fra i quali quello spesso ignorato di far aumentare la cultura generale del popolo.

I libri, per quanto scrivevamo, si salvano; i quotidiani di carta invece continuano a diminuire la loro diffusione, anche perché si perde quella bella abitudine di recarsi dal proprio edicolante, fare quattro chiacchiere e ritirare il proprio quotidiano.
Continuerà questo andazzo? È possibile, ma ci auguriamo di no.