Nonostante i peana dei media e il consenso dell’opinione pubblica al governo Draghi questo è un momento di democrazia areiforme più che liquida.
Draghi ha un consenso molto forte oltre, e nonostante, i partiti che rappresentano l’arco costituzionale.
Stiamo correndo seriamente il rischio di superare la sottile linea rossa di un’oligarchia politica, abbandonando il terreno della democrazia che il dopoguerra ci aveva lasciato in eredità.
Questo si evince, non tanto dalla totale, seppur educata, autonomia di Draghi dalle forze politiche rappresentanti la sua maggioranza, ma proprio dalla strutturazione del sistema politico italiano.
L’offerta politica complessiva che offre non raggiunge più la maggioranza sufficiente, l’economia di scala della democrazia, del corpo elettorale. Non raggiunge nemmeno la maggioranza assoluta.
Questo fa sì che masse enormi di elettorato siano rinunciatarie e rimangano a casa, o crescano gruppi e forze centrifughe al di fuori dell’assetto costituzionale.
In particolar modo nelle grandi periferie urbane, abbandonate da globalizzazione, diritti costituzionali garantiti, offerta politica nazionale.
Il voto amministrativo è esemplare ed è molto più esplicativo dei sondaggi fin qui fatti da massmediologi di varia estrazione.
Queste masse non rappresentate, dall’oligarchia politica, non sono andate a votare, ma poi si sono, parzialmente, ritrovate in piazza per dichiarare di essere antagoniste.
Una frangia di esse, di simbologica cultura parafascista, più che nostalgica, ha poi deviato sull’attacco al nemico politico. E non avendo il partito di Speranza, il nuovo “tiranno” in salsa lucana, sedi fisiche attaccabili, hanno preso di mira la CGIL.
Che peraltro sul Green Pass era stata più che tiepida.
La crisi di rappresentanza democratica è ormai lapalissiana, ma il contesto politico italiano fa, nel suo insieme, lo struzzo.
Il motivo è chiaro. Se volessimo ridare rappresentatività e democrazia al sistema paese dovremmo abiurare 25 anni di cialtronesche leggi elettorali e ritornare al sistema elettorale che ha fatto l’Italia, ma non solo quella, del dopoguerra.
Dovremmo ritornare al sistema proporzionale con le preferenze, che è l’unica arma in mano al cittadino per scegliere il proprio rappresentante. Ovviamente dovremmo avere, come in Germania, un correttivo maggioritario che è dato principalmente da un’alta soglia di sbarramento.
Solo questo assicura governabilità e democrazia insieme.
Tra la prima e la seconda e terza Repubblica i partiti e partitini sono aumentati e non diminuiti. L’unico sistema di scelta della classe dirigente è stato la brutale, indecente fedeltà al capo. Fine del confronto politico e via a cooptazioni di dubbia verificabili se non moralità.
Questo ha creato abissi di collegamento con la maggioranza della società italiana, creando solo faziose bande e divisioni sociali.
Giovanni Pizzo