Se fossi la Meloni terrei sotto osservazione la Lombardia. Per due variabili, la crescita di consensi intorno alla Moratti, e il cambio di vento nei congressi provinciali della Lega.
Il vento del nord sta riportando il sole delle Alpi nelle province lombarde. Il gruppo denominato Comitato Nord, che ha nell’Umberto da Gemonio il Santo Protettore, ha vinto la stragrande maggioranza dei congressi provinciali lombardi, mettendo in minoranza i Salvini sovranisti.
Il sovranismo ha stancato i concreti e territoriali leghisti lombardi, i quali hanno lottato per la pedemontana ed ora ascoltano solo fiumi di parole sul Ponte sullo Stretto da parte del leader Salvini, manco fosse un film di Checco Zalone.
A Varese per un paio di voti, e grazie all’astensione dubitabonda del varesotto Giorgetti, ce l’ha fatta un candidato salviniano, ma è stata una quasi voluta eccezione per non aprire una faida tra ministri.
A quanto pare è in atto una manovra a tenaglia, da un lato i bossiani, galvanizzati dalla recente scomparsa dell’amato Maroni, conquistano posizioni nel partito Lombardo, dall’altra gruppi leghisti, tra cui consiglieri regionali in dubbio di riconferma in lista, perché sospettati di intelligenza con il nemico, si preparano a passar armi e bagagli con la Civica e pertanto più nordista Moratti. Alcuni in casa Lega se la ridono, altri piangono come Fontana. Il quale ora rischia grosso e comunque verrebbe visto come in ostaggio a Fratelli d’Italia in questa candidatura prossima per le regionali.
Se Fontana cade sarà una slavina, che si abbatterà sul castello di carte sovraniste. È ovvio che le ripercussioni in Parlamento sono limitate, ma quanti parlamentari, soprattutto senatori, resisteranno al grido del Nord? L’inverno freddo sta arrivando, e come nel Trono di spade questo non porterà il calduccio in casa Salvini. Anche perché l’arma di rottura, la famosa autonomia differenziata, è sul tavolo. E se Zaia e i veneti vedranno tarantelle e rinvii sarà un attimo che risorgano le bandiere di San Marco della Liga, senza carrarmati di cartone ma con una pervenza di scissione.
D’altra parte il partito, Lega per Salvini Premier, è ormai un ossimoro. Non solo il premier è un altro ma la lega si slega più facilmente di un fiocco dell’asilo. E non pensi Salvini di contare per tanto tempo sulla fedeltà dei neobattezzati al sovranismo meridionali. Considerando la catechesi stramoderata postdemocristiana di costoro ci staranno poco, non dovendo nemmeno rinunciare a spazi di governo nazionale, a reimpiegarsi da qualche parte.
Sarà per questo che la Meloni sta trattando con Calenda? La stampella da finanziaria diventerà probabilmente anta di armadio parlamentare dopo le regionali. Per buona pace dei nemici di Renzi alla fine è lui che fa i governi. Per poi disfarli.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo