Leadership

La pace bisogna chiederla a chi fa la guerra

Ogni tanto bisogna rischiare di apparire politicamente scorretti, a me capita spesso, talvolta a mie spese, ma in assoluta libertà.
Nel caso in specie, non credo che siano tante le nazioni nelle quali sono in vigore sistemi democratici e liberali in cui la pace non sia auspicata, predicata, praticata e considerata un valore assoluto e pertanto difesa ogni giorno, con ogni mezzo.

Questo non vuol dire affatto che in un simile tipo di nazioni non si pratichino forme di guerra, anzi, vuol dire che, in questi luoghi ed in questi casi, si tratta di guerre differenti, di guerre che non usano bombe, carri armati, fucili, genocidi, torture, ecc. bensì pubblicità commerciale, mercato, finanza, tasse, propaganda politica, slogan, prezzi, ecc.

Ebbene, mentre una convinta marcia contro il caro prezzi, contro la martellante pubblicità, contro un governo deludente o contro datori di lavoro che pretendono troppo, nei Paesi democratici, si può tranquillamente organizzare e svolgere, ovviamente nel rispetto delle opinioni altrui, senza che accada nulla di grave, salvo la presenza di qualche scalmanato o di qualche infiltrato, che di solito viene individuato, isolato e punito, nei Paesi che democratici non lo sono le pacifiche marce di protesta non si possono tenere, altrimenti si rischia di essere pestati a sangue, di finire in carcere, o addirittura di essere condannati alla pena di morte.

È questo il motivo per il quale, in via del tutto generale e salvo qualche eccezione, considero giuste, ma molto comode, talvolta strumentali e spesso persino ipocrite, le marce per la pace organizzate, ad esempio, in Italia, dove la pace non la mette in discussione nessuno, ma dove ci si sbraccia per affermarla, come se questo fosse sufficiente.

Mi chiedo, però, se gli stessi organizzatori di simili manifestazioni, che talvolta sono buone solo per sostenere cose che per noi occidentali sono assolutamente scontate, ma per le quali bisogna comunque restare democraticamente vigili, sarebbero disposti ad organizzarle in Cina, contro la pena di morte, in Russia, contro la guerra di invasione dell’Ucraina, in alcuni Paesi musulmani, contro le limitazioni alle libertà della donna, ecc.

Essere buoni è un conto, essere buonisti è un altro conto, soprattutto quando non si rischia nulla! E che dire di quelli che auspicano come una sorta di “mantra”, “la via diplomatica”, senza precisare bene a cosa si intendano riferire?

La diplomazia ha bisogno di almeno due parti che si confrontano, talvolta anche di più, mentre, di solito, una delle due non ne ha voglia, o finge di voler discutere, ma in realtà non lo vuole e l’altra è costretta a subire ed a resistere, nonostante le marce.
Per essere più espliciti, sono i cittadini russi che devono affermare i loro diritti e difendere la libertà e la pace propria e altrui, poiché questi valori non possono essere somministrati come se fossero un farmaco.

La pace, la democrazia, la libertà, i principi contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non costituiscono argomenti astratti, infatti devono maturare dal basso, fino a diventare un’esigenza imprescindibile dai popoli.

Possiamo marciare all’infinito, possiamo sventolare striscioni e bandiere ad ogni più sospinto ma se, dal loro interno, i popoli che ne sono privi non prendono coscienza della condizione nella quale si trovano e non si battono per cambiarla, le marce fatte lì dove la libertà siate, anche se non è del tutto piena, non serviranno a nulla.

Vorrei chiudere queste considerazioni con una domanda tanto retorica quanto dichiaratamente polemica: mi chiedo come mai non vedo nessun occidentale fuggire verso la Russia o la Corea del Nord, mentre vedo tanti russi e tanti coreani sognare di venire dalle nostre parti e qualcuno persino riuscirci?
Polemiche a parte, la scelta occidentale di sostenere il diritto degli ucraini a difendere la loro patria non ha alcuna alternativa, così come, fatto salvo il diretto ricorso alle armi, che anche senza le marce bisogna evitare assolutamente, non hanno alternativa le sanzioni economiche nei confronti del governo di Putin.