Editoriale

“La quiete dopo la tempesta”

Ricordate la famosa poesia di Giacomo Leopardi? “La quiete dopo la tempesta”. Ci è venuta in mente dopo la bufera scatenata da Di Maio e Salvini nella campagna elettorale relativa alle elezioni europee dello scorso 26 maggio.
Ora si potrebbe dire che sia scoppiata la pace. I due capi partito si sono trovati d’amore e d’accordo nel varare un piano programmatico, coerente con il famoso contratto di governo, di iniziative legislative prossime.
In questo quadro, vi è un punto fermo: la posizione, peraltro inaspettata, del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il quale ha dichiarato ripetutamente che lui non porterà il Paese a rompersi le ossa sugli scogli della procedura d’infrazione Ue, ed ha chiesto una delega agli stessi capi partito per trattare, insieme al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, la quadratura del cerchio.
In cosa consiste? Nel non effettuare spese previste, in modo da ridurre l’indebitamento ulteriore dell’anno in corso, denominato disavanzo, per mantenerlo nella percentuale non superiore al 2,3%.


Il prossimo 9 luglio i ministri dell’Economia dei 28 Stati membri, riuniti nell’Ecofin, dovranno decidere se prendere atto delle comunicazioni del duo Conte-Tria e ritenere di poter procrastinare la decisione sull’apertura della procedura di infrazione, oppure ritenendole insufficienti o lacunose, deliberarne l’attivazione.
Non siamo in condizioni di prevedere come finirà perché non vi sono notizie concrete da parte del ministero dell’Economia in ordine ai risparmi di spesa che il Mef intenda fare nel corso di quest’anno.
Come è noto, i due indici su cui si basa l’equilibrio del bilancio dello Stato riguardano l’ammontare del debito espresso in euro (e comprendente l’inflazione) e l’ammontare della ricchezza complessiva prodotta dal nostro Paese quest’anno.
Non spaventa tanto l’ammontare del debito, che comunque grava su ogni cittadino per 39.800 euro circa, quanto l’economia piatta che non produce l’aumento del Pil. Spaventa perché significa che la macchina economica è di fatto bloccata.

Le iniziative dei due capi partito, più volte elencate dalla stampa e dai mezzi di comunicazione, nonché dai media sociali, trovano un muro insormontabile nell’ulteriore indebitamento dello Stato.
Cosicché esse sono destinate all’inazione per mancanza di finanziamenti, se dall’altra parte le uscite dello Stato non vengano tagliate.
Il ministro dell’Economia si trova in equilibrio su un filo e deve percorrere un lungo tratto nella sua precarietà, per soddisfare le richieste dei due leader, senza peggiorare la situazione finanziaria dello Stato.
Ci riuscirà? Non lo sappiamo. Dipende anche dal buon senso di Di Maio e Salvini i quali dovrebbero comprendere che tutto non si può fare nel corrente anno e neanche in quello successivo: quindi, hanno davanti la strada del possibile, evitando salti mortali che potrebbero procurare danni all’Italia, come ha più volte affermato lo stesso Presidente del Consiglio.


Conte ha messo sul piatto le sue possibili dimissioni. Con quest’atto ha dimostrato una fermezza finora insospettabile, quella fermezza della ragionevolezza cui finalmente bisogna ricorrere, senza la quale il muro di cemento aspetta il convoglio italiano, per sfasciarlo.
Abbiamo la sensazione, anche osservando il mercato, che questa posizione di Conte ed il nuovo clima di collaborazione fra Di Maio e Salvini, possano produrre buoni risultati, anche tenendo conto del fatto che ormai le elezioni sono terminate e che per sopravvivere, mantenendo i consensi, i due debbano portare a casa risultati, fra cui la pace con l’Europa. è vero che questa Commissione è in scadenza, però è proprio essa che valuterà la legge di Bilancio 2020.
In ogni caso, la eligenda Commissione non avrà un taglio politico molto diverso da questa. Né l’elezione del nuovo presidente della Banca centrale europea, che prospetta una linea diversa da quella di Draghi, può rassicurare.
Il tempo delle parole è finito. Si passa ai fatti!