PALERMO – L’ultima metafora proposta dall’economista Pietro Massimo Busetta per spiegare le condizioni della Sicilia e del Sud è quella de “la rana bollita”, ossia di un popolo che, cotto a fuoco lento, non si rende conto di essere ormai pronto per essere definitivamente divorato da chi ha prima creato il meccanismo della spesa storica e ora punta all’autonomia differenziata. La domanda che pervade il libro – edito da Rubbettino, disponibile nelle librerie e sulle piattaforme – è come mai il Meridione non si ribelli, perché la gente del Sud non scenda in piazza a manifestare per denunciare il disastro della mancanza di infrastrutture, di una sanità basata sugli aerei, di servizi come scuole e asili nido assolutamente deficitari, di un’economia penalizzatissima e dunque capace di dare soltanto lavori precari e mal pagati, costringendo i giovani a fuggire al Nord. Dove, di fatto, diventano schiavi, i reietti di un sistema economico arcaico.
È possibile che questa difficoltà a protestare derivi dall’enorme delusione dell’ultima ribellione, quella contro i Borbone: seguirono entusiasti Garibaldi che prometteva le terre ai contadini e, dai Fatti di Bronte in poi, finirono poveri e pazzi e bollati come briganti?
“Certamente il processo inizia da quel momento, da quando ogni forma di ribellione fu spenta nel sangue. E cominciò da allora un lento lavaggio del cervello per convincere i ‘duo siciliani’ di essere inferiori, cosa peraltro teorizzata con la copertura di studiosi eminenti come Lombroso. Il risultato è stato per loro eccezionale e oggi pendiamo dalle labbra di opinionisti allineati sul racconto che si racchiude in una frase terribile. Quando sei bravo per farti un complimento ti dicono ‘non sembri nemmeno meridionale’.
Da economista, e visto come cambiò il capitalismo dopo lo sbarco di Marsala, cosa avrebbe dovuto fare il nuovo Stato italiano per far sì che quel Sud allora ricco, rimanesse tale?
“Quando vi è un’invasione, millantata come liberazione, il passo successivo non può essere che la spoliazione e la costruzione di una colonia interna. Per far questo è necessario togliere identità agli occupati oltreché capacità economica autonoma. Bisognava far crescere l’economia del Nord e quella del Sud doveva essere strumentale a quella crescita. Cosa che si fece in modo assolutamente scientifico. Quindi alla domanda posso rispondere cosa doveva fare? Doveva volerlo. E non fu così”.
In Tv I leoni di Sicilia, una fiction della Disney sulla dinastia dei Florio, sta dando un’immagine corretta della Sicilia imprenditoriale di quei tempi?
Finalmente oltre alle fiction sul Capo dei Capi o su mafia e omicidi si parla di un periodo importante nel quale Palermo e la Sicilia hanno una dimensione internazionale. Ma a una lettura attenta si vedono due cose importanti: il ruolo assolutamente predatorio dell’aristocrazia siciliana e la volontà del nuovo Regno di ‘usare’ i capitali e le risorse umane della regione.
Nel 1991 l’allora presidente della regione Siciliana Rino Nicolosi, in una conferenza stampa nell’hotel Excelsior di Catania, spiegò come negli ultimi decenni il denaro stanziato da vari governi per il Meridione fosse passato da una finanziaria a un’altra senza che ci fosse mai il tempo di spenderlo. Inoltre, non solo annunciò la chiusura della Cassa del Mezzogiorno, ma espresse il timore che potessero accadere fatti gravi che portassero a un drastico taglio dei finanziamenti al Sud. Cosa ne pensa?
“Lo schema descritto da Nicolosi non è mai mutato: il racconto è stato sempre quello di tantissime risorse riversate sul Mezzogiorno. Una narrazione corroborata da dati “incontrovertibili” forniti dai centri studi finanziati dal partito unico del Nord, al quale appartengono imprenditori, quotidiani nazionali e partiti. Poi avvenne che Carlo Azeglio Ciampi costituì un ufficio del Dipartimento per le politiche di coesione e dimostrò che se il Sud avesse la stessa spesa pro capite del Nord, dovrebbe avere ogni anno altri 60 miliardi di euro. E questo appare evidente dallo stato delle nostre ferrovie, delle autostrade, della sanità, della scuola. Quando il racconto del Sud sprecone crollò, ecco il lampo di genio del meccanismo della spesa storica e dell’autonomia differenziata. Ne ‘La rana bollita’ tutti questi meccanismi e circostanze sono spiegati in modo completo.
Per concludere, come scuotere questa rana bollita e farla reagire?
“Facendo aumentare la consapevolezza, soprattutto nella classe professionale, che deve trascinare un popolo in cerca una guida, scordando l’assioma che la colpa del mancato sviluppo del Sud e dei meridionali. Se poi togli 100.000 persone l’anno, in maggioranza giovani già formati, e le costringi a emigrare, non potrà mai formarsi, in un popolo, una coscienza critica: non sono mai i settantenni che vanno sulle barricate. Proprio per denunciare questa situazione, dal 2018 ho scritto la quadrilogia conclusa da ‘La rana bollita’. E devo dire che la consapevolezza è aumentata. Anche quest’ultimo libro propone un racconto diverso da quello prevalente, analizzando le cause per cui, al Sud, i genitori perdono i figli e i nonni i nipoti. Il dovere dei lettori è di non sottrarsi. È necessario che ognuno faccia la propria parte perché, come dice John Donne, ‘non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te’ “.