Società

Coronavirus, la resilienza delle donne in Sicilia ai tempi del covid-19

CATANIA – L’emergenza sanitaria si è trasformata in un grande test sulle capacità di resilienza. Dei medici, delle imprese, delle famiglie e delle donne, che hanno dovuto sopportare il doppio peso della differenza di genere, degli stereotipi difficili da sradicare, della crisi economica, dell’assenza di adeguato supporto da parte dello Stato, dell’esclusiva cura dei figli e dei parenti non autosufficienti. Eppure sono riuscite a dimostrare maggiore flessibilità e resistenza rispetto agli uomini, nonostante le difficoltà oggettive. Anche al potere se la cavano meglio in situazioni di incertezza, così la Norvegia, l’Islanda, la Finlandia, la Danimarca, la Germania, la Nuova Zelanda e il Taiwan hanno adottato strategie migliori e le donne siciliane provano a reinventarsi.

IL DENARO, DA SIMBOLO, A GENERATORE SIMBOLICO

“Oggi nella nostra cultura il denaro è diventato il generatore simbolico di tutti i valori. Non sappiamo più che cosa è bello, che cosa è buono, che cos’è giusto, che cosa è vero. Sappiamo solo che cosa è utile. E quest’egemonia del denaro, che è ciò per cui accade ogni cosa, non è stata l’origine della fondazione dell’Occidente. Aristotele dice che il denaro non può generare ricchezza, perché il denaro non è un bene, ma il simbolo di un bene. E con i simboli non si fa ricchezza. Infatti in greco la parola ‘denaro’ si dice ‘nomisma’. E ‘nomos’ è la legge, è qualcosa che vale perché una legge dice che vale. Se domani una legge dicesse che una moneta non vale più, non vale più. Vale perché c’è consenso, non in sé. Quindi, come dice Aristotele, col denaro non si può fare ricchezza”, spiegava lo scorso anno il filosofo accademico e psicanalista Umberto Galimberti, in una puntata di Passepartout.
Galimberti ha dimostrato come lo stesso programma di “crescita” delle Nazioni Unite rappresenti un capitalismo che divora se stesso. Un sistema che punta a una crescita irrealizzabile, facendo del denaro non più un mezzo per il soddisfacimento dei bisogni della popolazione, ma uno scopo che si tenta di inseguire mettendo all’angolo i Paesi sottosviluppati, le esigenze del pianeta, le differenze. Una confusione strategica di termini e significati, poi, manterrebbe il consenso. E così il 70% degli italiani non riesce più a capire il significato della parole che legge, mentre la politica ha smesso di essere il luogo della decisione, sostituita dall’economia del denaro.

LE DONNE, LA RESILIENZA CHE OGGI SERVE

I processi culturali hanno ormai definito i generi e i loro stereotipi, duri a morire. Così il lavoro ha una divisione prettamente maschile – basti pensare agli “orari” che mal si sposano con la cura della famiglia – e l’espressione delle emozioni, la flessibilità mentale, l’assistenza dei familiari – che apparentemente non producono ricchezza – risultano per lo più compiti femminili. Senza che nessuno si chieda cosa – anche in termini economici – si perderebbe se non ci fossero. L’emergenza sanitaria ha dimostrato la poca funzionalità di queste classificazioni. In una situazione di tale incertezza, le donne si sono dimostrate più abili nella capacità di resilienza. Ovvero nella capacità non solo di superare il trauma in termini di negazione, ma di abitarci, di conviverci, di fare esperienza del limite dopo averlo riconosciuto. Insomma, il gentilsesso – parafrasando Gandhi – sa ballare bene sotto la pioggia. Perché la difficoltà è inevitabile, ma il limite rappresenta un blocco solo per chi non è in grado di accoglierlo e trasformarlo in vantaggio. Senza resilienza, senza capacità di adattamento, anche il tessuto sociale ed economico sfioriscono.
Lo sa bene Cristina Pulichino, direttrice di Favolandia – La scuola della Gioia di Catania e del Centro clinico Fiore di Loto, che racconta il rischio di fallimento della sua impresa, evitato grazie alla sua ostinata resilienza.
Il 5 Marzo, senza preavviso e senza concederci un minimo di organizzazione, ci hanno chiesto di chiudere le nostre scuole. Tutte. Pubbliche, private, di ogni ordine e grado. È stato uno strappo doloroso, durato quattro mesi: siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire – spiega -. Non parlerò di guadagni e di cifre, ma si può immaginare cosa comporta avere 80 bimbi iscritti e poi, di colpo, solo 15. Ridurre gli orari, ridurre i servizi, cambiare la didattica, adattarsi a nuove abitudini. Chiedere ai bimbi di stare distanziati è una delle cose più dolorose al mondo. Guardare le colleghe negli occhi e leggere dentro paura, ansia, preoccupazione ma, nonostante tutto, sconfinato amore per i piccoli, che toglie ogni velo di tristezza. Il covid ha devastato le nostre esistenze, da ogni punto di vista. Le regole, i protocolli, i decreti ci hanno messo di fronte a un bivio: reinventarsi o chiudere per sempre”.
Ma la sua tenacia le ha consentito di resistere, nonostante i debiti accumulati: “Non è stato facile, ma non potevo permettere che la mia scuola dopo quasi 21 anni chiudesse i battenti. E allora, insieme al mio staff e insieme a tanti professionisti, ho preso il timone e ho detto: ‘Dritta, avanti tutta’. Non è facile, i debiti sono tanti e le preoccupazioni ancora di più. Ma questa situazione dolorosa e piena di incertezze ci ha permesso di cercare in noi nuove risorse e nuove idee e di trasformarle in progetti – continua Pulichino -. Il Covid ci ha tolto proprio la gioia del progettare e del programmare, siamo tutti più scaramantici e ansiosi. Ma io non voglio dargliela vinta e mai come in questi momenti ho provato la gioia di trasformare il dolore in Vita, le idee in azioni, la paura in speranza”.

CLAUDA MAROCCO, UNA MAMMA CHE SI È REINVENTATA

Le donne fanno grande fatica a trovare un’occupazione stabile e l’emergenza sanitaria è riuscita anche a bloccare molte assunzioni in corso, quelle che attendevano soltanto una firma del contratto di lavoro. È ciò che è accaduto a Claudia Marocco, giovane “mamma bis” che ha visto sfumare un’opportunità che si era già aggiudicata e che oggi si è reinventata, senza perdersi d’animo e credendo fortemente nella possibilità di un’occupazione soddisfacente.
“Nel 2017 ho partecipato alla selezione per la creazione di un bacino di risorse da inserire all’aeroporto di Catania con la mansione di guardia giurata particolare. Visto l’enorme numero di partecipanti la prima prova è stata organizzata per i primi di febbraio del 2018, quando io ero incinta di nove mesi della mia seconda bimba. Su mille candidati, abbiamo passato la prima selezione solo in 500. Il secondo e ultimo test si è svolto il 19 febbraio, ma il 17 febbraio alle 9.05 è nata la mia Elena”, racconta Claudia Marocco.
Il “dolce imprevisto” non ha frenato la sua voglia di farcela: “Il giorno successivo al parto ho chiesto di essere dimessa dall’ospedale per sostenere la seconda prova. Mi sono recata sul posto con Elena in fascia, lasciandola solo per i 45 minuti necessari a mia madre. Sono arrivata 197esima su un bacino di 202. Per il rotto della cuffia, ma c’è l’ho fatta – aggiunge -. Da quel momento, il silenzio più totale. I primi 100 in graduatoria hanno iniziato subito la formazione, hanno passato l’esame Enac e hanno cominciato a lavorare. Per i restanti 102 il corso di formazione è iniziato solo a marzo 2019. Un mese di formazione intensissima e di continui esami, prima del nuovo silenzio, interrotto dall’esame Enac di settembre 2019 e dalla convocazione per un mese di lavoro a ottobre. Con la promessa di nuovi sviluppi, hanno fatto firmare il tanto agognato contratto a tempo indeterminato ai primi 100 a febbraio 2020”.
Dopo tanti sacrifici, la donna avrebbe finalmente firmato il suo contratto, se non fosse arrivato il lockdown: “Avevamo in programma una riunione proprio il 14 marzo 2020 per decidere la data della nostra assunzione a tempo indeterminato. L’incontro è stato annullato dal Dpcm della chiusura totale – continua -. Oggi mi sono reinventata, ho scelto di investire nel mio futuro. Ho messo a frutto quello che i miei dieci traslochi mi hanno insegnato, assieme alle mie passioni e ai miei studi economici. Sono diventata una property finder e una consulente finanziaria. Seguo chi cerca casa, dalla fase della ricerca fino al mutuo e al successivo rogito. È dura procurarsi i clienti, in tempi di pandemia in pochi scommettono sul loro futuro. Però io sono sempre ottimista, ‘Vola solo chi osa farlo’ rimane il mio motto”.