L’energia del futuro, più che “arrivare dal sole”, consisterà nel riprodurre i processi solari in un impianto. Dal 2018 Eni è impegnata in una delle frontiere più avanzate della ricerca in ambito energetico, vale a dire la progettazione di macchine in grado di gestire reazioni fisiche simili a quelle che avvengono nel cuore delle stelle. Si tratta di un traguardo più vicino di quanto si possa immaginare.
Lo scorso mese, infatti, l’azienda del cane a sei zampe ha reso noto che Cfs (cioè il Commonwealth Fusion System) – una società spin-out del Massachusetts Institute of Technology di cui Eni è il maggiore azionista – ha condotto con successo il primo test al mondo del magnete con tecnologia superconduttiva HTS (HighTemperature Superconductors), un sistema che assicurerà il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica.
La fusione a confinamento magnetico, mai sperimentata e applicata a livello industriale finora, è una fonte energetica sicura, sostenibile e con combustibile virtualmente inesauribile che riproduce i princìpi tramite i quali il sole genera la propria energia, garantendone una enorme quantità a zero emissioni e rappresentando una svolta nel percorso di decarbonizzazione. La tecnologia oggetto del test è di particolare rilevanza nel quadro della ricerca sulla fusione a confinamento magnetico poiché rappresenta un passo importante per creare le condizioni di fusione controllata, e questo rende possibile il suo impiego in futuri impianti dimostrativi.
Si tratta di una strada su cui Eni punta molto, in quanto – come ha spiegato l’amministratore delegato Claudio Descalzi – “potrà consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di gas serra, cambiando per sempre il paradigma della generazione di energia e contribuendo a una svolta epocale nella direzione del progresso umano e della qualità della vita. Il risultato straordinario ottenuto durante il test dimostra ancora una volta l’importanza strategica delle nostre partnership di ricerca nel settore energetico e consolida il nostro contributo allo sviluppo di tecnologie game changer”.
Oltre a detenere, come detto, dal 2018 una consistente quota del capitale di Cfs, l’azienda ha sottoscritto un accordo con il Plasma Science and Fusion Center del Massachusetts Institute of Technology (MIT) per svolgere congiuntamente programmi di ricerca sulle tecnologie dei reattori a fusione, e sulle tecnologie degli elettromagneti di nuova generazione.
L’ultimo test ha riguardato proprio l’utilizzo di tali elettromagneti di nuova generazione per gestire e confinare il plasma, ovvero la miscela di deuterio e trizio portata a temperature altissime da fasci di onde elettromagnetiche, e ha dimostrato la possibilità di assicurare il confinamento del plasma e il controllo del processo di fusione, dimostrando l’elevata stabilità di tutti i parametri fondamentali. La tecnologia oggetto del test è fondamentale per la realizzazione di impianti molto più compatti, semplici ed efficienti. Ciò contribuirà a una forte riduzione dei costi di impianto, dell’energia di innesco e mantenimento del processo di fusione, avvicinando in tal modo la data alla quale sarà possibile costruire un impianto dimostrativo che produca più energia di quella necessaria ad innescare il processo di fusione stesso (impianto a produzione netta di energia) e consentendo, successivamente, la realizzazione di centrali che possano più facilmente essere distribuite sul territorio e connesse alla rete elettrica senza dover realizzare infrastrutture di generazione e trasporto dedicate.
Ma quali sono i tempi? Sulla base dei risultati del test, CFS conferma la propria “roadmap”, che prevede la costruzione entro il 2025 del primo impianto sperimentale a produzione netta di energia denominato SPARC e successivamente quella del primo impianto dimostrativo, ARC, capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica che, secondo la tabella di marcia, sarà disponibile nel prossimo decennio.
Sparc sarà realizzato assemblando in configurazione toroidale (una ciambella detta “tokamak”) un totale di 18 magneti dello stesso tipo di quello oggetto del test. In tal modo sarà possibile generare un campo magnetico di intensità e stabilità necessarie a contenere un plasma di isotopi di idrogeno a temperature dell’ordine di 100 milioni di gradi, condizioni necessarie per ottenere la fusione dei nuclei atomici con il conseguente rilascio di un’elevatissima quantità di energia.