Il post Dolce & Gabbana per la Sicilia. La domanda potrebbe eternamente sembrare prematura, probabilmente una sorta di affronto per gli amanti della casa milanese di moda che ha costruito la propria fortuna valorizzando la cultura popolare siciliane. Tuttavia iniziare a rintracciare nuovi player tanto rilevanti, vorrebbe dire guardare con fiducia al futuro della moda che valorizza la nostra tradizione.
“In Sicilia ci sono diverse aziende promettenti sostenute da buyer esteri – racconta Flavia Pinello presidentessa del Distretto della Moda Mythos Sicilia -. Agli occhi del mercato interno appaiono piccole realtà, ma all’estero attraggono molti interessi. Per questo motivo è normale quest’ultime programmino maggiori investimenti ad esempio in Oriente e meno in Sicilia. Alcune tra queste aziende, da qui a 10 anni, potrebbero diventare nuovi marchi importanti e non solo del lusso”.
Come gli altri settori chiusi da decreto, anche la moda e il tessile ha vissuto il suo drastico calo di vendite negli ultimi due anni di pandemia. I dati dei primi nove mesi del 2020 segnano per i maggiori player mondiali del fashion una riduzione del giro d’affari cinque volte maggiore di quella registrata dalla grande industria. Il mercato europeo ha sofferto (-23,7%), fortemente penalizzato dal blocco dei flussi turistici, mentre quello asiatico ha visto un calo più contenuto (-10,1% escludendo il Giappone). In tutte le aree geografiche le vendite online hanno avuto un’accelerazione a doppia cifra (mediamente +60%).
La crisi è stata più impattante sulle multinazionali europee del fashion (-22,9% le vendite, -10,9 p.p. il calo dell’ebit margin) rispetto a quelle statunitensi (-19,7%, -7,3 p.p.). Questi dati sono stati diffusi dall’area studi Mediobanca lo scorso febbraio, in occasione della terza edizione dell’Annual Fashion Talk. Per il settore moda italiano (società con un fatturato superiore a €100mln) la contrazione del giro d’affari per il 2020 dovrebbe attestarsi al -23%; guardando al futuro, ci sarà una ripresa a partire dal 2021 con un raggiungimento dei livelli pre-crisi previsto nel 2023. Nel 2019 il settore moda italiano ha registrato un giro d’affari totale di €71,1mld (+20,8% sul 2015), con una crescita media annua delle vendite nel 2015-2019 del 4,8%.
Tutte insieme le aziende del distretto moda siciliano producono un giro d’affari tra i 7 e gli 8 milioni di euro l’anno. Il settore, proprio come rilevano i dati Mediobanca, vive lo stesso andamento di crisi finanziaria.
“Le nostre imprese sono in sofferenza – continua Pinello – Non ci sono stati aiuti sufficienti considerato i decreti stabiliscono ristori in base al calo di fatturato. Purtroppo, però, quando la moda perde lo fa con risultati visibili dall’anno successivo. Se lanciamo la linea Settembre 2022 mi accorgerò del calo l’anno prossimo, non nell’immediato. Abbiamo mandato una pec in Regione per segnalare le nostre difficoltà, ma per varie problematiche non abbiamo ricevuto un riscontro”.
Il distretto conta 62 aderenti, il dato è aggiornato?
“Sì, 62 è il numero costante e potrebbe aumentare con l’ingresso di altre partite iva”.
Come la pandemia ha cambiato la moda e l’approccio all’heritage branding siciliano?
“Chiaramente il primo lockdown ci ha costretto a lavorare seguendo nuovi metodi. Abbiamo riscoperto il digitale, una soluzione che sembrava impensabile. Sono nate pagine social, e-commerce e chi era già fornito ha trovato o rafforzato nuovi canali anche con l’estero. Dall’estero arriva il 70 per cento del fatturato preminente delle aziende del distretto. Questo fa capire quanto la nostra attività sia apprezzata fuori da questi confini. L’estero ci ha spinti verso una risposta di mercato ben precisa: linee ecosostenibili, certificazione di provenienza dei tessuti, prodotti da economia circolare. Questo ha fatto crescere le aziende siciliane”.
Rapporti commerciali pre e post pandemia, parliamo di export.
“Il commercio con i mercati asiatici coinvolge, ad esempio, otto orafi italiani e tra loro un’azienda di Alcamo che è riuscita anche a rafforzarsi quest’anno. Ai mercati esteri si accede partecipando alle fiere. In Asia e in Russia il prodotto è ben voluto e ricercato, ha successo perchè probabilmente in Italia non sappiamo forse proporci. Le aziende siciliane sono meno strutturate rispetto quelle del Nord, ma uscendo fuori dai confini nazionali ci sono molti consumatori e anche artisti locali che hanno reinterpretato le nostre produzioni, secondo le loro tradizioni, trasformandole in vere novità. Non tutto va bene per tutti i mercati, ma nel mercato c’è posto per tutti”.
Ad un anno dal suo riconoscimento, il distretto non ha più contatti con la Regione Siciliana?
“Il distretto della moda è stato riconosciuto a luglio del 2020 sotto la nuova spinta data dall’assessorato alle Attività Produttive dell’onorevole Mimmo Turano e il dialogo aperto con il dirigente del Servizio Aldo Brancato. Non so dire se le difficoltà di oggi siano dovute solo al Covid-19 o ad un’euforia momentanea scaturita allora verso i distretti, ma proveremo a farci sentire autonomamente.
La bellezza del distretto era il suo essere apartitico e apolitico, le aziende che avevano aderito provenivano ognuna da enti diversi e quindi non avrebbe senso tornare indietro. Abbiamo la nostra progettuale. Stiamo lavorando alla creazione di un marchio siciliano, forte riconosciuto, scegliendo anche le migliori aziende del territorio per creare un marchio di peso. Se ho compratori esteri e altri hanno altrettanto, l’insieme fa la forza nella creazione di una collezione”.
L’heritage branding siciliano rimane una delle fonti da cui attingere senza rischio di insuccesso imprenditoriale. Le docenti Elena Cedrola, Stefania Masè e Sara Pistolesi dell’Università di Macerata hanno analizzato il caso di Dolce & Gabbana evidenziando come: “L’utilizzo dell’eredità passata è ciò che rende Dolce & Gabbana un brand autentico [..] i valori di artigianalità, eredità siciliana, conoscenza dell’arte popolare locale, con cui il brand ha legato la propria immagine fin dagli esordi. Questi capisaldi della comunicazione non sono mai stati abbandonati, garantendo coerenza di immagine e di valori, ottenendo fiducia e credibilità presso il consumatore. Tali valori non sono mai cambiati, rimanendo una guida costante per l’operato dell’impresa; per questo motivo i simboli cui il brand fa riferimento sono gli stessi utilizzati fin dall’inizio”. Dolce & Gabbana sono una best practice per aver: “sapientemente utilizzato un’eredità più culturale che reale, territoriale, al contrario di molti altri brand afferenti al settore lusso”.
“Lo studio condotto delle tre docenti verrà presentato a Palermo durante il convegno Sima (10-11 giugno) che si svolgerà in collaborazione con l’Università del capoluogo.”
In Sicilia il 40 per cento delle aziende aderenti al distretto è distribuita a Palermo, poi Messina e Catania. In queste stesse province sono protagoniste perfino le frazioni, come Palazzo Adriano (Pa), Mili San Marco (Me) o Riposto (Ct). Una texture di territori ricca di quegli elementi che hanno reso un brand mondiale D&G e che in autonomia cura la propria imprenditorialità. Ma che contestualmente chiede il dovuto supporto istituzionale per rimanere in corsa anche durante la pandemia.
Chiara Borzì