In questo momento in Sicilia si stanno pesando i vari contendenti che hanno un ruolo nella politica dell’isola. C’è un sottile gioco di alleanze e tradimenti per definire la leadership su due postazioni rilevanti. Il Sindaco di Palermo è la Presidenza della Regione.
Si è aperto una sorta di Palio di Siena con un duello tra contrade per chi si porta a casa il vessillo del vincitore. La gara sulla corsa di Palermo, dove tanti fantini si stanno palesando è, purtroppo per la città, solo una tappa intermedia al vero oggetto del contendere. Palazzo D’Orleans.
Come nel palio ci sono giochi sottobanco tra contrade e tra fantini, in un grande gioco delle parti.
Voi mi chiederete ma chi è il leader? Non c’è in Sicilia una corsa alla leadership palese, parola vuota per il gioco dei quattro cantoni della politica siciliana. Anzi chi momentaneamente sta al centro, il leader ipotetico, è il personaggio più “fottibile”, non avendo spalle al muro.
Bisogna invece chiedersi chi sono le teste dell’acqua che conducono il gioco, che non rivelano le loro intenzioni o ambizioni, ma che sono il terminale degli attori in campo per chiacchere, confessioni o confusioni.
Di fatto l’onda di destra nell’isola non ha sfondato gli argini. La piena è stata contenuta ed avrà più un ruolo nelle elezioni nazionali come alleato nelle candidature. Il ceto politico locale, essenzialmente moderato, a destra o a sinistra, per quanto usurato dal tempo che scorre sta resistendo. La clessidra della politica siciliana è più lenta di quella nazionale, dove un Renzi, una Meloni o un Salvini, salgono e scendono ad una velocità della luce rispetto a noi.
Nella Sicilia di oggi, che non ha avuto Re da Federico II, e quindi neanche leader, le teste dell’acqua sono essenzialmente due. Gianfranco Miccichè, ad occidente, e Raffaele Lombardo ad oriente. Loro hanno alla fin fine deciso Musumeci e loro, secondo accordi e scambi, lo detronizzeranno se gli conviene.
Gli altri sono alleati, finti avversari, satelliti ma comunque condizionati dal gioco delle parti di questi due. Da cui stop and go continui, perché tutti i capo compagnia e gli attori politici, deputati in carica ed aspiranti tali, devono essere sfiancati come tori in una corrida di provincia.
Pronti al finale delle cinque de la tarda. Poi i toreri entreranno in campo con cappa e spada, e dichiareranno le loro vere ambizioni e la mercede che toccherà ai comprimari.
Non è importante in questo gioco la forma dell’acqua, come descriveva Camilleri, ma la testa.
La forma non è sostanza nella politica di Sicilia. Può prendere mutevoli sembianze. L’importante è che comandare è meglio che fottere.
Signori così è se vi pare.
Giovanni Pizzo