I Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN, un centro di eccellenza per la ricerca e la sperimentazione nel campo della Fisica nucleare per indagare l’origine dell’Universo, leggerne la storia, ma anche per immaginare sistemi e metodi per facilitare la vita. Si trovano a Catania i Laboratori del Sud, uno dei quattro laboratori nazionali dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN, istituiti nel 1976.
A dirigerli, dall’agosto 2019, è Santo Gammino, che illustra le numerose attività dell’istituto, l’organizzazione del lavoro nonché i diversi ambiti di applicazione della ricerca qui svolta. “L’INFN ha sempre funzionato bene perché la gestione è condivisa e i livelli di competenze e governo si mescolano – dice. La specificità dell’ente è quella di avere un management che è fatto tutto da ricercatori: fisici dell’ente o professori universitari incaricati di ricerca. C’è un forte senso di appartenenza”.
Una comunità non solo scientifica, dunque, dove la continuità nella gestione è obbligata dal tipo di attività svolta. “Sui programmi non si può mai parlare di discontinuità perché si tratta di progetti a lungo termine – spiega Gammino – decennali o pluridecennali, per cui un direttore porta a termine iniziative avviate da altri, così come le cose che sto avviando io le porterà a termine qualcun altro. Anche in questo caso, è alto il senso di appartenenza: i più anziani lavorano per i giovani. Ed è questo senso di appartenenza che ha permesso all’ente di sviluppare grandi imprese che poi hanno avuto il loro sviluppo nell’arco di decenni”. Un Centro di Ricerca in cui “Non conta il singolo”, ribadisce Gammino, la cui attività è sintetizzata nelle commissioni scientifiche in cui si sviluppa.
“È attraverso queste commissioni che si sviluppa la missione dell’ente” spiega. “La nostra organizzazione si avvale di commissioni che definiscono le linee scientifiche dell’ente, di concerto con la giunta esecutiva. In tutte c’è piena rappresentanza e in tutte ci sono ricercatori: insomma, nessuna è espressione di tipo amministrativo”.
“Certo – prosegue – ci sobbarchiamo una certa quota di burocrazia, ma siamo sempre stati molto gelosi delle nostre prerogative che tutti i governi, negli anni, hanno riconosciuto come uno dei motivi per cui l’INFN funziona bene, utilizza bene i soldi del contribuente e porta risultati che, come è noto, sono di livello internazionale”.
“La commissione scientifica nazionale – spiega ancora – non solo fa la valutazione scientifica di tutti i progetti che vengono presentati dai ricercatori, ma fa anche proposte di finanziamento al presidente, che poi la giunta può accettare o limare. “Si arriva sempre alla piena soddisfazione delle richieste ben motivate – aggiunge. Anche questa è la forza del nostro ente, dove valgono le idee e si lavora in comunità. Tutti ci teniamo ad assicurare il massimo livello scientifico al nostro operato”.
Le commissioni si occupano di ambiti diversi. Una si occupa di fisica particellare con acceleratori. “Per intenderci – afferma ancora il direttore – è il lavoro che si fa a CERN di Ginevra piuttosto che nei grandi laboratori americani e giapponesi, con acceleratori di altissima energia che vanno a indagare su quelli che sono i misteri dei primi minuti dell’Universo. Quelli che vanno a cercare di capire la struttura intima, quella che i nostri maestri, Fermi, Majorana, fino ad Amaldi, hanno delineato e che, nel dopoguerra, ha avuto una grande crescita alla quale gli italiani hanno dato un contributo decisivo. Basti pensare che gli italiani sono stati protagonisti nella scoperta del bosone di Higgs nel XXI secolo e di tanto altro nel XX”.
La commissione che si occupa di fisica teorica è quella “che, in gran parte – spiega Gammino – ha delineato le regole del gioco con le quali sono stati progettati gli esperimenti della commissione uno. Il nobel a Giorgio Parisi è il successo di un’intera comunità e l’INFN è stato centrale nello sviluppo di queste ricerche”. Un’altra commissione si occupa di fisica astroparticellare, senza acceleratori. “È quella che tenta di svelare i segreti dell’Universo remoto. Il risultato più eclatante è stato ottenuto con la scoperta delle onde gravitazionali. Uno dei progetti chiave dei nostri laboratori è KM3NeT”.
“Ha ormai 23 anni di vita – afferma il direttore – e si basa su una serie di rilevatori messi a 3500 metri sotto il livello del mare al largo di Portopalo. Abbiamo ottenuto dei risultati tecnologicamente e scientificamente importanti dopo anni di sacrifici. Come mio obiettivo di fine mandato, c’è quello di rafforzare ciò che è stato fatto nell’ultimo anno e avviare una nuova fase per completare questo rilevatore nei prossimi 4-5 anni”.
Con la rilevazione dei neutrini, le indagini dell’universo si ampliano. “Consente di vedere dei fenomeni che vengono da aree molto lontane dell’universo – ci dice ancora Gammino – che hanno energie estremamente elevate. Ricostruire ciò che accade nel rilevatore, ci permette di capire ciò che è successo in parti dell’universo che non sono accessibili con altre strumentazioni. Si completa un quadro che l’astronomia e l’astrofisica convenzionali non riescono a ottenere, ma che può essere completato con i rivelatori di neutroni e di onde gravitazionali. In ambedue i settori i LNS hanno un ruolo importante”.
C’è poi la commissione che si occupa di Fisica nucleare, materia per cui sono nati i laboratori, prosegue Gammino. Anche qui le informazioni ci dicono come sono fatti i nuclei all’interno e ci danno informazioni su come si possono utilizzare. Per capirci, negli anni Trenta, il professore Emilio Segrè, uno dei ragazzi di via Panisperna, vinse la cattedra di fisica ordinaria a Palermo, dove si trasferì per un certo numero di anni. Poi dovette scappare per le leggi razziali e andò in America, facendo la fortuna degli americani e prendendo anche il Nobel. Quando era a Palermo, si fece mandare dei pezzi di una macchina smontati da un ciclotrone e, insieme ad un chimico, riuscì a isolare componenti diversi, uno di questi che lui chiamò panormium, che non è altro che il tecnezio, ciò che viene utilizzato per fare le scintigrafie”.
L’applicazione della fisica nucleare nella sanità è sempre più diffusa. E i Laboratori Nazionali del Sud hanno una parte estremamente rilevante in questo percorso. “Abbiamo grosse competenze sulla gestione di fasci di particelle e sul loro uso – aggiunge il direttore. Più di vent’anni fa, fu avviata da un docente dell’università di Catania e da un collega dei Laboratori del Sud una linea di ricerca per studiare la possibilità di studiare un metodo ottimale per distruggere i tumori dell’interno dell’occhio senza danni per la persona che viene colpita da questi fasci di particelle. Questo lavoro ha preso alcuni anni ma, a partire dal 2002, abbiamo avuto l’autorizzazione a trattare dei pazienti. Nell’arco di vent’anni, sono stati trattati circa 500 pazienti con un livello di remissione del tumore che è stato di oltre il 95%, una percentuale molto più elevata rispetto ai metodi tradizionali”. Un passo molto importante: “è stato il primo utilizzo di fascio di particelle in Italia per questi scopi – spiega ancora. L’adroterapia, a partire da questo, si è sviluppata in altri centri italiani”.
Importantissimi, poi, i collegamenti con le indagini in materia di beni culturali e di ambiente. Nel primo caso c’è Landis, “un laboratorio che ha ormai un posto nel cuore di tutti i direttori di museo e di tutte le realtà di tipo conservativo e di tipo conoscitivo – dice Gammino. Le operazioni che facciamo noi per i beni culturali sono importantissime, come importanti sono le informazioni che possiamo dare ai ricercatori nelle discipline umanistiche. La presenza di un certo minerale nel colore, ad esempio, può aiutare la periodizzazione”. Un lavoro corale, un quadro dove ognuno mette un tassello. “Il nostro è un grande lavoro di squadra, in cui il collettivo, il confronto, lo scambio sono fondamentali – evidenzia. Nello spogliatoio ci sono i ruoli, c’è chi allena e chi sta in panchina: ma lo spirito di squadra accomuna ricercatori, tecnici e amministrativi”.
In relazione all’ambiente, gli studi e le ricerche sono più che attuali. “Abbiamo un laboratorio di radioattività ambientale e con cui in passato abbiamo fatto varie iniziative – continua il direttore. Abbiamo la strumentazione per valutare i rischi della radioattività ambientale e oggi stiamo studiando le ceneri dell’Etna, in collaborazione con l’INGV, un ente francese e l’università di Catania. Personalmente, ho dato una ulteriore spinta per sostenere questa attività per dare risposte, dove possibile, alle domande della collettività, ad esempio per conoscere meglio il nostro vulcano”.
Per quanto riguarda i finanziamenti, l’ente può contare su diversi canali. “Il grosso delle attività vanno sotto il Fondo ordinario enti di ricerca – spiega Gammino. Questo ci assicura gli stipendi, l’accensione degli impianti e i finanziamenti per buona parte delle strutture di ricerca. A questo aggiungiamo progetti mirati che possono essere o su fondi Pon e Por. Abbiamo un comitato di valutazione internazionale che controlla le spese dell’istituto, e poi ci sono le commissioni scientifiche nazionali – a settembre, dove si programma e uno a marzo aprile, quando si valuta ciò che è stato fatto. A ciò si aggiungono i fondi europei, molto importanti per il respiro internazionale”. Infine, Gammino ci tiene a sottolineare l’azione di stabilizzazione del personale. “Rispetto a otto anni fa, abbiamo risolto gran parte dei problemi. Quando ho iniziato il mandato c’erano 16 contrattasti a tempo determinato: siamo passati a cinque”.