“E’ con lo sguardo di Gesù Cristo che dovremmo provare a guardare la nostra storia, tutta la nostra umanità. Lasciamoci raggiungere da questo sguardo, il Suo, per guardare in Lui, con Lui, per Lui&hellip Siamo suoi discepoli e come tali vogliamo prima di tutto pensarci; avviciniamoci a Cristo, per seguirlo ed imparare da Lui”.
Lo ha detto ieri il nuovo vescovo di Lamezia Terme, mons. Giuseppe Schillaci, in occasione della concelebrazione di ordinazione episcopale in Cattedrale.
“È il Vangelo che bisogna ascoltare; è con il Vangelo che occorre misurarsi – ha aggiunto presule – ed è con il Vangelo che bisogna fare i conti, non per scoraggiarsi, ma al contrario per ritrovare freschezza, energia, entusiasmo”.
Alla solenne cerimonia hanno partecipato l’arcivescovo di Catania mons. Salvatore Gristina; i vescovi della Calabria, guidati dal presidente della Conferenza episcopale calabra mons. Vincenzo Bertolone, e migliaia di fedeli lametini ma anche siciliani, provenienti in particolare da Adrano (Catania), che è la città natale del presule.
Mons. Schillaci, che ha 61 anni, prende il posto di mons. Luigi Antonio Cantafora, che ha retto la diocesi lametina negli ultimi 15 anni.
In precedenza il nuovo vescovo lametino ha rivolto un saluto alla città.
“La nostra gente – ha detto – si sente sempre più impotente dinanzi a fenomeni come la corruzione, la criminalità organizzata e le varie mafie, ‘ndrangheta in primis, per cui alla rabbia spesso si associa la rassegnazione. Per questo, non di rado, le persone del nostro amato Sud difficilmente riescono a pensarsi come protagonisti del proprio futuro: vuoi per un’atavica disposizione a dipendere in tutto e per tutto da altri, per cui ora è lo Stato, ora la Regione, ora il Comune, che deve provvedere; vuoi anche perché le varie istituzioni vengono pensate, purtroppo, sempre come astratte e distanti, se non addirittura ostili”.
“Spetta a noi il compito – ha concluso – di contribuire, anche con il nostro stile di vita, fatto di coraggio e determinazione, a un’inversione di rotta nei confronti di un modo di pensare che investe la vita di gran parte della nostra gente, quasi sempre la più vulnerabile ed indifesa, la quale perlopiù triste e ripiegata in se stessa, vive senza attese per il futuro: penso, in particolare, ai nostri giovani”.