Cronaca

L’alleanza tra il boss e l’imprenditore, come i Santapaola riciclavano i soldi nell’edilizia

“Tua figlia, la bambina, come si chiama? Troviamo un nome. ‘Salemi’ non deve uscire”. Da una parte la necessità di non rendere immediatamente riconducibile al boss il nome della ditta che stava per nascere, dall’altra il desiderio di mantenere con essa un collegamento anche simbolico. Qualcosa che non fosse limitato al ruolo di socio occulto, come ad esempio farsi ispirare dai familiari più cari per scegliere la denominazione. A fare la proposta a Carmelo Salemi, ritenuto capo del gruppo della famiglia Santapaola-Ercolano che a Catania controlla il quartiere Picanello, è stato Fabrizio Papa, 57enne imprenditore edile finito ieri in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Salemi e Papa sono due delle 15 persone arrestate dal Gico di Catania nel blitz Oleandro. Un’inchiesta in cui oltre alle attività criminali più tradizionali, come il traffico di droga, le estorsioni, l’usura e il controllo del gioco d’azzardo, i militari delle Fiamme gialle guidate dal capitano Andrea Giugno hanno ricostruito il sistema tramite cui la cosca avrebbe riciclato ingenti quantità di denaro. Le somme sarebbero state infatti investite nel settore delle costruzioni, sfruttando la disponibilità di Papa, ritenuto dalla gip Giuseppina Montuori non solo partecipe ma anche “determinante nel perseguimento delle finalità illecite dell’associazione mafiosa”. Tesi che ha portato la giudice a ordinare il sequestro di ben nove società, alcune delle quali protagoniste di operazioni poco chiare in Toscana.

Reciproci vantaggi

Stando all’impianto accusatorio su cui si è basata la richiesta di misure cautelari, Salemi e Papa sarebbero stati soci di fatto in più di un’occasione. Le società avrebbero puntato sull’acquisto di immobili esistenti e sulla realizzazioni di nuove costruzioni. Un legame, quello tra i due uomini, che avrebbe procurato benefici a entrambi: “Comportava – si legge nell’ordinanza – un vantaggio economico per Papa che impiegava i capitali forniti dal clan per le proprie attività imprenditoriali senza dover ricorrere ai finanziamenti bancari e senza dover quindi pagare interessi e per Salemi il vantaggio di reinvestire il denaro di provenienza illecita, riciclandolo in circuiti illegali nonché evitando l’applicazione di misure cautelari patrimoniali”. A parlare del peso criminale di Salemi, nel corso degli anni, sono stati diversi collaboratori di giustizia. Nel 2014, Santo La Causa raccontò di avere conosciuto l’uomo nel 2009 nel carcere di Bicocca. “Si mise a disposizione in quanto compare di Ciccio Napoli (erede dei Ferrera e arrestato nel 2022 nell’operazione Sangue Blu con l’accusa di essere il rappresentante provinciale di Cosa nostra, ndr), in quanto uno dei due ha battezzato la figlia dell’altro”. La Causa ha fatto anche riferimento a Salemi per descrivere la catena di comunicazioni utili a imporre il pizzo a un grosso centro commerciale di San Giovanni La Punta. “Mandai un biglietto ad Aiello (Vincenzo, ndr) nel quale chiedevo di fare Salemi stesso uomo d’onore”, ha detto La Causa, sostenendo che Salemi avesse anche contatti all’interno della polizia penitenziaria.

Il carisma del boss

Nelle carte dell’inchiesta Oleandro emerge il carisma che l’imprenditore Papa riconosce in Salemi. “Sai cosa ho fatto? Per chiudere il contratto ho chiamato a quello di Picanello: il boss”, raccontava Papa nell’estate 2020 a un funzionario di banca ritenuto dagli inquirenti suo socio. Papa, poi, sosteneva che, una volta interpellato, Salemi avesse specificato che “a Picanello lavora solo Fabrizio”. Per gli inquirenti, l’imprenditore di Aci Castello sarebbe stato pienamente a conoscenza delle dinamiche interne al clan. “Hanno due ragazzi, gli dicono: ‘Vedi che domani devi andare a fare danno’. I due ragazzi sono soldati”, spiegava Papa al proprio interlocutore. L’uomo, poi, si soffermava sui nuovi modi adottati dalla criminalità organizzata puntava per fare soldi nel settore edile. Condizionando le forniture più che puntando alle estorsioni. Un rischio che nei giorni scorsi è stato messo in evidenza anche dal segretario regionale della Fillea Cgil .“Non gli conviene andare a mettere la bomba per prendere a fuoco un cantiere – affermava Papa, facendo riferimento al rischio di essere segnalato da qualche confidente delle forze dell’ordine – Ti posso dire: il ferro, anziché prenderlo da Franco, prendilo da Pippo. Perché hanno l’azienda nelle mani”.
A subire quella che sembra essere stata un’intimidazione è stata invece la guardia di finanza, nella fase di monitoraggio di una stalla che fungeva da punto di riferimento per il clan. Dopo essersi accorti della presenza di una telecamera, alcuni esponenti si sarebbero mossi per manometterla. Appurato il problema, gli investigatori giunti sul posto hanno ritrovato alla base del palo in cui era stata nascosta due bossoli.

Gli affari al Nord

I rapporti tra Salemi e Papa sarebbero stati molti stretti. In un caso, il primo avrebbe chiesto di saldare un debito tramite assegni postdatati, mentre più in generale i due avrebbero operato all’unisono. Analizzando le compagine sociali della rosa di imprese che sarebbero state a disposizione del boss, gli investigatori hanno appurato che Papa, oltre a essere proprietario direttamente di quote sociali, avrebbe coinvolto nelle società, almeno formalmente, alcuni familiari e persone di fiducia. Dietro, però, ci sarebbe stato il boss, vero finanziatore delle attività aziendali. Tra queste a finire all’attenzione della procura è stata una serie di compravendite in provincia di Arezzo, a Bibbiena. Protagoniste le imprese BF Costruzioni, Nuova Edilizia e VRS Immobiliare. Nel giro di circa sei anni, tra il 2015 e il 2021, le tre società avrebbero sottoscritto tra loro atti per centinaia di migliaia di euro, trasferimenti che però sarebbero rimasti solo sulla carta. “L’analisi dei conti correnti bancari non ha fatto emergere alcun elemento attestante l’effettiva movimentazione di denaro per tali cessioni, ad evidente dimostrazione del fatto che trattavasi di trasferimenti assolutamente falsi e simulati, avvenuti tra società riconducibili agli stessi soggetti”, scrive la gip.

La società all’estero e i sequestri in Italia

Stando a quanto verificato dal Qds, l’imprenditore castellese Fabrizio Papa è attivo anche all’estero. In Slovacchia, l’uomo risulta essere socio della The Word s.r.o., impresa attiva nell’acquisto di beni ai fini della vendita al dettaglio o ad altri operatori commerciali all’ingrosso. La società, che ha sede a Bratislava, non è stata al momento interessata dalle indagini della guardia di finanza.
A essere sottoposte a sequestro sono state invece le imprese Karma Immobiliare, Fabri Immobiliare, PF Costruzioni Soc. Coop., PF Costruzioni srl, BF Costruzioni, Nuova Edilizia srl, VRS Immobiliare, Immobiliare Santa Lucia e Al Garden Salemi. Quest’ultima attiva nella vendita dei fiori. “Nonostante Salemi non risulti intestatario di alcuna delle società oggetto della richiesta dei pubblici ministeri – ha scritto la giudice – dall’attività investigativa svolta emerge chiaramente il suo pieno coinvolgimento di fatto in tali società e l’assoluta riconducibilità delle stesse a Salemi e a Papa, il quale le gestisce anche nell’interesse del primo, quando detenuto”.