In tutte le storie di violenza, di abuso o maltrattamento il ruolo degli ‘altri’ dei parenti, degli amici, dei vicini sembra essere sempre marginale, lontano a volte assente. In realtà la violenza, proprio per il suo carattere persistente, a volte costante nel tempo, ha modo di essere vista, di essere notata sempre. Dalle cronache emerge ‘lo sguardo’ degli altri, il sentire – le voci e le urla – da parte dei vicini, la preoccupazione che ‘qualcosa’ possa accadere e poi come la profezia che si auto avvera ‘accade’.
Pur agendo nel silenzio i segnali di un agito ‘violento’ in realtà si manifestano forse con maggiore chiarezza, più che alla vittima stessa, al mondo relazionale e sociale intorno a lei. Gli altri si accorgono sempre che qualcosa non va, anche dinnanzi ad una relazione che appare normale alcuni segnali si notano e sono visibili. Una gelosia particolarmente pressante, un controllo del partner sul modo di vestirsi, sulle sue amicizie, sul modo di porsi e sulle relazioni amicali e parentali (con chi parlare e con chi no), su strani lividi notati sulle braccia della amica, della figlia, della cugina spesso sono segnali ‘visti’ che vengono notati, quindi perché non chiedere, come intervenire?
Tanti sono i fattori che agiscono in impedimento ad intervenire in maniera preventiva e consapevole, anche perché ‘la violenza’ sulle donne può essere considerata in parte determinata e sostenuta culturalmente, in quanto all’uomo vengono generalmente riconosciute, quali caratteristiche socialmente accettabili quelle legate all’aggressività, alla forza, al dominio, mentre alla donna vengono implicitamente riconosciute come desiderabili altre caratteristiche, quali l’accoglienza, la docilità, la dipendenza.
L’uscita da una relazione maltrattante può essere ostacolata anche da un contesto sociale o familiare (es. famiglia d’origine, suoceri, ecc.) che la spinge a tenere in piedi la famiglia a qualunque costo, sulla base di stereotipi culturalmente determinati in quanto ‘angelo del focolare’.
La vittima, nella speranza che ‘il domani’ sarà diverso, tende a minimizzare le tensioni e a nascondere all’esterno e a sé stessa, il proprio disagio e la pericolosità della situazione, spesso attribuendosi la colpa del comportamento dell’altro. Il notevole aumento dei casi di violenza di genere osservato durante l’epidemia di Covid-19 è estremamente preoccupante. Come comportarsi davanti a donne vittime di violenza?
Spesso sono reticenti a parlare della loro situazione per vergogna, per paura che il compagno lo venga a sapere, per timore di non essere credute o perché pensano che sia colpa loro. È molto importante che chi è vicino ad una persona, che si suppone essere vittima di violenza, non si ponga con atteggiamento di giudizio, ma la faccia sentire a suo agio e al sicuro nell’aprirsi e che non si senta forzata a prendere decisioni.
Spesso il maltrattamento mette in atto un forte isolamento e una chiusura verso l’esterno. Per cui la vicinanza e solidarietà dell’altro sono molto importanti. è fondamentale saper ascoltare, non interrompere il racconto di chi sta vivendo una condizione di vittima di violenza, che spesso soprattutto alle prime aperture si rivela come un fiume in piena e rassicurala che è possibile chiedere aiuto e cambiare la propria situazione. Fare domande per capire da quanto tempo avviene la violenza, se è aumentata nel tempo e nella gravità, ciò servirà per capire la pericolosità della situazione e l’urgenza di una soluzione, non lasciarla sola. Chi è vicino alla persona che vive una condizione di ‘violenza’ o abuso deve autorizzarsi a mostrare vicinanza e a voler indirizzare la vittima a contesti adeguati di ‘ascolto psicologico’ e denuncia, essere un tramite per uscire dal silenzio, per agire un primo aiuto alla persona, ma anche voler essere di contributo ad un cambiamento sociale.