Scrivere l'energia

L’Australia brucia

Tra le notizie più raccontate e discusse nelle ultime settimane ci sono quelle sui grandi incendi in Australia.

Gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland, una superficie doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia.

In Australia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose.

Inoltre il 2019 è stato in Australia l’anno più caldo e poi secco mai registrato dal 1900 ad oggi.

Nell’ultimo anno le temperature sono state 1.5 gradi più alte rispetto alla media, le massime 2 gradi in più, ed è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente.

Un’ondata di calore terrestre e marino ha fatto registrare nel paese temperature record a dicembre, mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l’aria è calda e secca, la vegetazione perde rapidamente acqua per evaporazione e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono durare più a lungo proprio come in un caminetto.

Per estinguere un incendio è necessario eliminare il combustibile. L’acqua e il ritardante lanciati dai mezzi aerei possono solo rallentare la combustione, ma per eliminare il combustibile servono le squadre di terra. Incendi di chioma intensi come quelli che si stanno sviluppando in Australia possono generare fiamme alte decine metri, procedere a velocità superiori a dieci chilometri orari.

Tutti gli ultimi report dell’IPCC, delle istituzioni di ricerca australiane sull’ambiente, e dello stesso governo, concordano nel segnalare un aumento del pericolo incendi in Australia a causa del cambiamento climatico, con grado di probabilità “virtualmente certo”.

L’altro strumento per evitare gli incendi è la prevenzione, che viene svolta su grandi estensioni con la tecnica del “fuoco prescritto”, che elimina il combustibile utilizzando una fiamma bassa e scientificamente progettata.

Nel 2018-2019 sono stati soggetti a questo trattamento 140mila ettari di territorio, la cui applicazione è però severamente limitata dalla mancanza di fondi e, sempre lui, dal cambiamento climatico, che riduce il numero di giorni con condizioni meteorologiche idonee ad effettuarlo. C’è da dire che l’intensità della siccità e degli incendi in corso avrebbe messo probabilmente in difficoltà anche i servizi e le comunità più preparate.

Per quanto riguarda gli animali, soprattutto i koala,  sapere quanti siano morti nel resto dell’Australia è complicato, perché in realtà non sappiamo esattamente quanti koala ci siano.

Quello che sappiamo, però, è che è certamente prematuro sostenere che siano «funzionalmente estinti» a causa delle perdite nella popolazione e dei danni al loro ecosistema, come ha sostenuto qualche media nelle scorse settimane. Diversi esperti hanno sottolineato che proclami di questo tipo possono fare più danni che altro agli sforzi per proteggere la specie, che pure subirà un colpo durissimo dagli incendi e che è già minacciata dall’uomo in molti modi diversi: i koala non rischiano per ora l’estinzione, ma il loro numero sta calando da tempo. Le stime che circolano in questi giorni, poi, non tengono in considerazione gli insetti, animali i cui ordini di grandezza sono imparagonabili a quelli dei mammiferi ma che sono comunque fondamentali per gli ecosistemi e che potrebbero subire danni gravissimi dagli incendi.

Micaela Saitta