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Lavori pubblici, infine anche la Sicilia approda all’Itaca

PALERMO – Quasi 28 anni dopo la sua costituzione in uno studio notarile romano, la Regione siciliana sceglie di aderire all’Istituto per l’innovazione e la trasparenza degli appalti (Itaca). La decisione è stata presa dal governo Schifani con una delibera che ha accolto la proposta presentata dall’assessore ai Lavori pubblici Alessandro Aricò. Con l’ingresso della Sicilia – al costo di una quindicina di migliaia di euro – l’associazione, che era nata nel ’96 per volontà di Marche e Toscana, diventa rappresentativa di tutte le Regioni. Finora infatti a mancare all’appello, a cui avevano risposto presente anche le Province autonome di Trento e Bolzano, era stata soltanto l’isola.

Di cosa si occupa Itaca

L’associazione, che dal 2005 ha incluso nella denominazione il concetto di compatibilità ambientale, è un organo tecnico della Conferenza delle Regioni e fornisce supporto alle attività dei responsabili regionali dell’osservatorio dei contratti pubblici dell’Anticorruzione (Anac). Attualmente presieduta dalla vicepresidente del Veneto e assessora regionale ai Lavori pubblici Elisa De Berti, tra i suoi soci sostenitori figurano i consigli nazionali di diverse professioni – dagli architetti agli ingegneri, dai geologi ai geometri, fino a periti industriali e dottori commercialisti –, le principali sigle sindacali e le associazioni datoriali. Lo statuto di Itaca prevede la promozione della trasparenza nelle diverse fasi del ciclo degli appalti e lo sviluppo di procedure di affidamento che siano all’insegna delle buone pratiche. Temi che nel mondo dei lavori pubblici sono tanto fondamentali quanto spesso sottovalutati, dando spazio a prassi che finiscono per rivelarsi terreno fertile per la corruzione.

La fotografia della Sicilia

Tra le attività portate avanti in questi anni dall’Istituto c’è la raccolta di dati riguardanti l’andamento del settore degli appalti nelle singole regioni. Le informazioni riguardano anche la Sicilia e sono utili per ragionare sulle differenze che separano l’isola da altre aree del Paese.

L’archivio tiene conto degli appalti indetti tra il 2016 e il 2022 e i dati provengono dalle procedure aperte, non tenendo conto quindi degli affidamenti diretti e delle gare a inviti. Tipologie, queste ultime, che con il nuovo codice degli appalti sono sempre più diffuse nonostante siano tra quelle che gli addetti ai lavori considerano più a rischio, per la maggiore facilità di costituzione di cartelli d’imprese. Un’altra scrematura attuata da Itaca riguarda l’importo minimo delle gare. A essere elaborate sono state soltanto le procedure da almeno 40mila euro, ovvero quelle associate a un Cig, il codice identificativo rilasciato dall’Anac per favorire la tracciabilità dei pagamenti finanziari e contrastare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nelle commesse pubbliche.

Tra le statistiche più interessanti c’è quella riguardante il numero di procedure avviate tra il 2016 e il 2022 dalle singole regioni. Tenendo conto di appalti per lavori, servizi e forniture, la Sicilia arriva a 88.288, un numero ragguardevole ma inferiore a quello delle regioni che le stanno davanti: la classifica è guidata dalla Lombardia con oltre 213mila gare, seguita dal Lazio con 159mila e poi da Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna, il cui dato supera quota centomila. Va sottolineato che in Sicilia il numero delle procedure indette è cresciuto di anno in anno, a eccezione di una leggera flessione tra il 2018 e il 2019.

Importi a gara e aggiudicati: problemi di trasparenza

Un altro parametro riguarda il valore degli appalti che hanno avuto luogo in Sicilia. Tra il 2016 e il 2022, nell’isola si sono tenute gare per oltre 63,5 miliardi di euro. A stanziare somme maggiori sono state sette regioni, con in testa ancora una volta la Lombardia (oltre 166 miliardi), e Lazio (133,5) e Campania (79) a completare il podio. Tali dati tuttavia – la riflessione riguarda tutte le regioni, Sicilia compresa – subiscono un generale ridimensionamento se si considerano gli importi relativi alle aggiudicazioni. Al netto dei ribassi, infatti, risulta che in Sicilia siano stati affidati appalti per poco meno di 18 miliardi, rispetto ai 63 e mezzo dell’importo delle procedure avviate. Il motivo è chiarito in una nota metodologica pubblica da Itaca: “Per le aggiudicazioni è doveroso avvertire che la minore copertura degli archivi, determinata dal possibile mancato assolvimento dell’obbligo informativo, per quanto soggetto a possibile sanzione, è causa di una minore affidabilità dei risultati rispetto a quelli relativi alle procedure avviate”.

Focus su lavori pubblici e forniture sanitarie

Ponendo l’attenzione su alcuni sottoinsiemi del generale mondo degli appalti, si scopre che la Sicilia si piazza in posizione leggermente diversa. Nel caso dei lavori pubblici – escludendo quindi gare per forniture e servizi – nell’isola tra il 2016 e il 2022 si sono tenute 17.599 procedure di gara. A fare meglio, oltre a Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, sono state in questo caso anche la Toscana, con più di 26mila appalti, e la Campania, che ha superato di poco quota 20mila.

Del tutto diversa la situazione sul fronte delle gare per l’acquisizione di forniture sanitarie. Il settore è tra quelli che in Sicilia è stato più al centro delle polemiche negli ultimi anni, con diverse inchieste della magistratura che hanno scoperchiato giri di corruzione e che, come nel caso dell’indagine Sorella sanità, hanno travolto anche i vertici della burocrazia regionale. Nell’arco di tempo preso in esame da Itaca, la Sicilia – con 36.350 procedure – risulta la seconda più attiva d’Italia, dietro soltanto alla Lombardia (oltre 60mila).

Somme stanziate per abitante

Se si tiene conto della popolazione che vive in ogni regione, è possibile rapportare il tenore degli investimenti al numero di persone che beneficeranno delle opere realizzate. Stando ai dati raccolti dall’Istituto, in Sicilia l’importo medio per abitante per le gare d’appalto indette per lavori, servizi e forniture è stato di 1664 euro. Una cifra lontanissima da quanto registrato in Valle d’Aosta o nelle province di Trento e Bolzano, dove si superano i tremila euro. A stanziare cifre simili alla Sicilia sono state le stazioni appaltanti di Piemonte ed Emilia Romagna, mentre hanno fatto meno Puglia, Molise e Calabria, con quest’ultima fanalino di coda con 1052 euro per abitante.

Ribassi e partecipazione

Spunti interessanti arrivano anche dall’andamento delle offerte economiche nelle singole regioni. Guardando alla media aritmetica dei ribassi, la Sicilia, nel periodo analizzato, ha registrato il 25 per cento; un dato inferiore soltanto al Lazio dove la media è stata del 28 per cento. Da segnalare che per tutte le regioni si tratta di ribassi decisamente più alti rispetto a quelli che normalmente si registrano in occasione delle gare a inviti.

Infine, una classifica in cui la Sicilia risulta in testa. Riguarda il numero medio di partecipanti alle gare aperte: a riprova della sete di lavoro delle tante piccole e medie imprese presenti, nell’isola le stazioni appaltanti hanno ricevuto almeno 48 buste. Il dato, frutto anche dei picchi registrati tra 2016 e 2018, è pari quasi al doppio di quello avuto in Basilicata, la regione con il secondo più alto livello di partecipazione.