Inchiesta

Lavoro, un altro anno di sangue: oltre mille vittime, 90 in Sicilia

La Sicilia nel 2024 ha avuto un primato. Non si tratta di un traguardo positivo, piuttosto di un dato molto grave e negativo. Secondo la Rete di associazioni denominata “Morti di lavoro”, che si occupa sul territorio nazionale degli incidenti, la nostra isola nel 2024 è balzata dal settimo al quarto posto tra le regioni in cui si sono verificati incidenti mortali, con 12 dodici decessi in più rispetto al 2023.

In senso generale il mese di dicembre appena trascorso si è chiuso con un elenco di nuovi morti che si sono verificati addirittura nei giorni delle feste e dei veglioni di capodanno e dei concerti in piazza. Pompeo Mezzacapo, 39enne di Capodrise (Caserta), moglie e 3 figli, è morto martedì 31 dicembre per il ribaltamento del muletto con il quale stava operando in una ditta di Gricignano di Aversa. Sayed Atef El Bendary, 24enne egiziano residente nel Cremonese, è deceduto martedì 31 dicembre precipitando da un’altezza di 10 metri alla ex Polenghi di Montanaso Lombardo (Lodi). Impegnato nella riqualificazione dell’area, il lavoratore era sul tetto di un capannone che ha ceduto all’improvviso, senza lasciargli scampo. Monia Massoli, 55enne di Marsciano (Perugia), intorno alle 18 di martedì 31 dicembre stava andando al lavoro in bici al ristorante , lungo la provinciale 375. Era quasi giunta a destinazione quando è stata investita da un’automobile ed è morta sul posto. Poi c’è il caso di Sergio Bonini, 66enne titolare di un’attività di home restaurant. L’uomo è morto intorno alle 22 di martedì 31 dicembre mentre serviva il cenone per una trentina di persone a Godi di San Giorgio (Piacenza), vittima di un infarto. Ironia della sorte nel 2013 anche il padre era morto per arresto cardiaco il giorno di San Silvestro. Renzo Villani, allevatore 61enne di Bardi (Parma), è morto domenica 29 dicembre per le gravi ferite riportate dopo essere stato caricato da un toro del suo allevamento.

E già nell’anno nuovo si conta la prima vittima

Ieri a Lamezia Terme un operaio di 38 anni, Francesco Stella, è morto cadendo da un’impalcatura dell’azienda di profilati presso la quale lavorava, sita nell’area industriale. Per cause in corso di accertamento, l’uomo sarebbe precipitato da un’altezza di circa sei metri battendo violentemente la testa. Sul posto il magistrato di turno della Procura di Lamezia, agenti di Polizia e ispettori dell’Ispesl per constatare le condizioni relative alla sicurezza sul luogo di lavoro.

Una lunga striscia di sangue che sembra non finire mai. L’anno appena archiviato, secondo la Rete “Morti di Lavoro”, s’è concluso con un bilancio provvisorio di 1137 morti sul lavoro (provvisorio perché alcuni casi vengono riscontrati anche a settimane di distanza dall’incidente), con 67 morti in meno rispetto ai dati del 2023 quando le vittime erano state 1204. Ma anche sul numero generale dei decessi ci sono numeri contrastanti. Secondo l’Osservatorio di Bologna i decessi per lavoro ammontano a 1481, di cui 1055 sul posto di lavoro. Insomma ci sono dati ancora in contrasto che potranno diventare ufficiali quando l’Inail fornirà il dato ufficiale per il 2024. Comunque già ad ottobre 2024 l’Inail ha registrato 890 decessi ufficiali nei primi dieci mesi dell’anno appena trascorso. Quindi i numeri sia della Rete “Morti di lavoro” che quelli dell’Osservatorio di Bologna possono considerarsi veritieri con differenze verosimilmente dovute ai decessi avvenuti fuori dal posto di lavoro oppure quelli domestici il cui numero non è stato ancora quantificato. E’ comunque evidente che stiamo parlando di una strage silente che continua senza alcuna interruzione.

Secondo l’indagine della Rete “Morti di lavoro” sono state 867 le vittime mentre sono state 270 quelle cosiddette in itinere (coloro vittime di incidenti mentre si recano al lavoro). La media quotidiana rimane comunque superiore ai 3 morti al giorno, un numero immutabile da anni: 3,1 rispetto a 3,3 del 2023. Questi numeri sono stati divulgati dal giornalista Pietro Santonastaso, componente delle Rete nazionale. Secondo l’indagine il primato delle vittime appartiene saldamente alla Lombardia: 165 (+5). Al secondo posto la Campania con 113 (+4), che scavalca il Veneto (104, -21), mentre balza, come già detto, dal settimo al quarto posto la Sicilia con 90 morti (+12). Dieci vittime in più in Emilia Romagna, che passa da 79 a 89. Più che dimezzati i morti di lavoro in Abruzzo (da 61 a 27), quasi dimezzati in Calabria (da 51 a 26). Sfiora il raddoppio il Trentino, che passa da 11 a 21. Numeri relativamente stabili per tutte le altre regioni.

L’associazione si riserva di fornire alla stampa un’analisi ancora più articolata su questo esercito di morti che continua a falcidiare la nostra forza lavoro nel quasi disinteresse generale dell’opinione pubblica. In questa classifica negativa non vanno dimenticate anche quelle morti che passano sotto silenzio. Un altro esercito di lavoratori che muore in incidenti domestici oppure in incidenti stradali con vittime che si stavano recando in auto al lavoro. Anche in questo caso si parla di numeri agghiaccianti che sfiorano le mille persone decedute.

Solo nell’ultimo mese si contano 69 morti

Nel dicembre appena trascorso ci sono stati 69 morti (sul lavoro 61; in itinere 8; media giorno 2,2) A novembre: 102 morti (sul lavoro 77; in itinere 25; media giorno 3,4); Ottobre: 100 morti (sul lavoro 74; in itinere 26; media giorno 3,2); Settembre: 93 morti (sul lavoro 67; in itinere 26; media giorno 3,1); Agosto: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1); Luglio: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3); Giugno: 105 morti (sul lavoro 72; in itinere 33; media giorno 3,5); Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1); Aprile: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5); Marzo: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7); Febbraio 2024: 96 morti (sul lavoro 76; in itinere 20; media giorno 3,3); Gennaio: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

Facendo l’elenco delle regioni con più vittime nel 2024, 165 sono state registrate in Lombardia (117 sul lavoro – 48 in itinere); 113 Campania (96 – 17 in itinere); 104 Veneto (73 – 31); 90 Sicilia (65 – 25 in itinere); 89 Emilia Romagna (68 – 21); 88 Lazio (58 – 30); 71 Puglia (46 – 25); 68 Toscana (55 – 13); 67 Piemonte (53 – 14); 35 Sardegna (30 – 5); 34 Marche (24 – 10 ); 27 Abruzzo (22 – 5),; 26 Calabria (21 – 5); 22 Liguria (19 – 3), Friuli V.G. (18 – 4), Estero (19 – 3); 21 Trentino (17 – 4); 19 Umbria (14 – 5); 14 Basilicata (14 – 0); 13 Alto Adige (12 – 1); 7 Valle d’Aosta (7 – 0); 4 Molise (4 – 0).

Al Quotidiano di Sicilia interviene il segretario regionale della Cgil, Alfio Mannino

“Lavoro precario e controlli scarsi, questi dati non stupiscono affatto”

PALERMO – “I dati non mi stupiscono affatto- esordisce il segretario regionale della Cgil, Alfio Mannino -. La Sicilia, purtroppo, scala le classifiche negative degli incidenti sul lavoro per due ordini di fattori. Il primo si riferisce al sistema di controllo che in questi anni è stato sempre precario e si sta smantellando sempre di più, perché alla strutturale carenza di ispettori del lavoro non corrisponde alcuna risposta adeguata”.

L’anno scorso, però, la Regione aveva promesso davanti ai dati impietosi degli infortuni in Sicilia che avrebbe incrementato il sistema di controllo…
“Sì, in effetti lo aveva promesso. Nei fatti dovevano arrivare un centinaio di ispettori, ma alla fine ne sono arrivati soltanto una trentina e di questi non tutti sono ancora pienamente operativi. Quindi in questo momento non abbiamo affatto risolto il nodo dei controlli. Poi devo aggiungere che c’è una connessione diretta tra un lavoro che è sempre più precario e gli infortuni. Perché quando il lavoro è precario e discontinuo è chiaro che c’è una stretta correlazione con il numero degli infortuni sul lavoro. Inoltre c’è poca formazione che è supportata da pochi investimenti e spesso non ci troviamo in presenza di manodopera adeguatamente qualificata. L’altro elemento negativo si riscontra soprattutto nella filiera degli appalti e dei subappalti dove spesso accadono fenomeni di infortuni proprio perché in quella filiera esiste una frammentazione dell’attività. In effetti la crescita degli infortuni in maniera esponenziale si riscontra soprattutto nell’ambito degli appalti e dei subappalti”.

Inoltre c’è anche la piaga dei lavoratori che non denunciano incidenti per paura di perdere il posto che magari è precario o spesso in nero…
“Esattamente. Dove c’è soprattutto molto lavoro nero non esiste la cultura della denuncia degli infortuni sul lavoro e sotto questo aspetto non abbiamo alcuna statistica certa. La Regione siciliana in due settori chiave della nostra economia, come l’agricoltura e l’edilizia ha primati non invidiabili”.

Insomma c’è poco da fare…?
“Lo abbiamo detto sempre. Innanzitutto bisogna puntare sulla formazione. Seconda cosa bisogna far crescere in maniera esponenziale il numero degli ispettori del lavoro. Terza cosa, su tutti i lavori in appalto e un subappalto deve rispondere l’azienda madre. Noi assistiamo invece al fenomeno della deresponsabilizzazione delle aziende titolari che non si assumono l’onere della responsabilità anche su come il lavoro viene effettuato e sulle dotazioni di sicurezza di chi opera in aziende e cantieri. Quindi dal nostro punto di vista bisogna partire da un grande piano di formazione che oggi è inesistente”.

I numeri della segreteria Asia-Usb (Unione sindacato di base)

“A Catania meno morti, ma più infortuni con feriti”

“A Catania nel 2024 ci sono stati meno incidenti mortali sul lavoro, ma abbiamo riscontrato un forte aumento degli infortuni con feriti”. Lo dice Orazio Vasta, componente sindacalista della segreteria Asia-Usb (Unione sindacato di base). Quindi nella città etnea il dato positivo di meno incidenti mortali non è dovuto a un aumento della cultura della sicurezza e della prevenzione, ma soltanto alla buona sorte. E in effetti il dato in aumento degli infortuni non mortali evidenzia che la piaga del lavoro non controllato continua a mietere molte vittime.

“In effetti – continua Vasta – in questi numeri spesso si dimenticano anche tutti quegli infortuni di chi si reca al lavoro con la propria auto e rimane vittima di incidenti. Noi ne abbiamo riscontrati diversi, con persone che lavorano soprattutto nella zona industriale. Eppure questi infortuni dovrebbero essere calcolati negli orari di lavoro. Cosa che non viene quasi mai riconosciuta”.

“A Catania comunque – continua il sindacalista – il 2024 è stato meno pesante rispetto al passato. E questo è già un dato positivo. Ma vorrei aggiungere che molti infortuni spesso non vengono denunciati”. Anche sul piano della prevenzione e del controllo nei cantieri non è affatto positivo: “Le denunce di controlli, infatti, si contano sulla punta delle dita. E infatti l’aumento degli infortuni per fortuna non mortali si riscontrano soprattutto nei cantieri aperti con i fondi del Pnrr oppure in quelli attivi grazie al sistema degli incentivi edilizi. È in questi settori che bisognerebbe puntare e prevedere controlli a tappeto”.

Catania è una città dove il lavoratore infortunato denuncia?

“Assolutamente no. Questa è una delle città dove le denunce di infortuni sul lavoro sono pari quasi a zero. Il lavoratore che resta infortunato nella maggior parte dei casi è in nero. Non denuncia soprattutto per paura che poi il sistema lo metta all’angolo non facendolo più lavorare”.