Mettono ordine in casa, portano i figli a scuola, cucinano, tengono compagnia, assistono anziani e ammalati: Baby sitter, governanti, cuochi, autisti: il lavoro domestico in Italia è molto richiesto, genera ricchezza, si differenzia da regione a regione. Ed è destinato a crescere.
Tornando alla fotografia sulle persone che si occupano di casa e famiglia, ad esempio al Sud e soprattutto in Sicilia, ci sono molti domestici uomini rispetto alle donne. Nell’altra grande isola, la Sardegna, c’è una maggiore incidenza di lavoratori domestici per abitante e la maggior parte è di cittadinanza italiana.
Il quadro emerge dai dati del Terzo Rapporto annuale sul lavoro domestico dell’Osservatorio Domina, che fotografa anche il fabbisogno di queste figure in futuro. In Campania, secondo il rapporto, l’invecchiamento demografico farà salire la ricerca di assistenti nei prossimi 30 anni.
Il lavoro domestico contribuisce complessivamente a produrre oltre un punto del Pil italiano. Il valore aggiunto prodotto è di 16,2 miliardi nel 2020, anche se non è uniforme sul territorio: le famiglie datrici di lavoro domestico che hanno contribuito di più si trovano in cinque regioni dove si concentra quasi il 60% del valore aggiunto (il 21,7% in Lombardia ed il 14,6% nel Lazio).
In Italia si contano in media 15,5 lavoratori domestici ogni mille abitanti, i valori più alti si registrano in Sardegna (30,2 per mille abitanti), Umbria (22,7) e Lazio (22,2).
I lavoratori domestici più giovani si trovano in Calabria e Sicilia con un’età media di 46,8 anni, mentre in Friuli Venezia Giulia è di 51,1 anni, Trentino Alto Adige (51 anni), Emilia Romagna (50,6 anni). L’età media dei lavoratori domestici è di 48,9 anni, i lavoratori sotto i 19 anni di età sono 1.586.
Per quanto riguarda la provenienza, a livello nazionale si registra una prevalenza di lavoratori domestici stranieri (68,8%) con l’Est Europa che rappresenta il 38,2% dei lavoratori domestici totali. I lavoratori dell’Est Europa sono maggiormente presenti nelle regioni del Nord Est (55%). I lavoratori domestici asiatici sono il 15% dei lavoratori a livello nazionale, superano il 20% nelle regioni in cui è forte la presenza di colf, come il Lazio (25,8%), Sicilia (22,3%), Campania (20,9%) e Lombardia (20,4%). Dal Sud America provengono più di 66 mila lavoratori domestici che, pur rappresentando a livello nazionale il 7,2% del totale dei lavoratori, arrivano al 24% in Liguria e al 15% in Lombardia. I 57 mila lavoratori che provengono dall’Africa rappresentano il 6,2% a livello nazionale, ma raggiungono l’11,6% in Sicilia.
Oltre alla Sardegna, in cui si registra l’80% di italiani domestici, più della metà del totale sono in Molise (59,1%), seguito da Puglia (53,2%) e Basilicata (51,1%). Solo il 3,2% dei residenti in Sardegna ha cittadinanza straniera, valore simile anche per la Puglia (3,4%). Regioni come l’Emilia Romagna e la Lombardia arrivano al 12% di stranieri residenti sulla popolazione complessiva.
La fotografia del lavoro domestico rileva anche le reali opportunità di lavoro in Italia. Come emerge dal Terzo Rapporto dell’Osservatorio Domina: se nelle regioni del Nord e del Centro l’incidenza dei lavoratori domestici italiani è intorno al 25%, al Sud arriva al 54%. “Infatti la mancanza di lavoro porta a scegliere questa professione: al Sud il tasso di disoccupazione è pari al 15,9%, mentre al Centro arriva solo al 8,0% ed al Nord si abbassa ulteriormente al 5,8%”.
Nel 2020 sono oltre 114 mila i lavoratori domestici di genere maschile e rappresentano il 12,4% dei lavoratori totali. Questa componente ha avuto il suo picco storico nel 2012 (192 mila), probabilmente a causa della “sanatoria”, e poi è scesa fino al 2020, anno in cui è risalita.
La presenza maschile è poco presente al Nord (11,3%) ed è maggiormente presente nelle regioni del Centro (12,7%) e soprattutto al Sud (14,4%). In particolare, la Sicilia registra la maggiore percentuale di uomini (22,4%), seguita dalla Campania (18,1%) e dalla Calabria (15,7%). Meno uomini in Valle d’Aosta (6,1%). A Palermo il numero dei domestici di genere maschile arriva al 28,4%, a Messina al 26,7% ed a Napoli al 23,0%.
Osservando gli scenari demografici Istat, la popolazione con almeno 80 anni passerà dagli attuali 4,4 milioni ad oltre 7,6 milioni nel 2050 (+73,0%), passando dal 7,4% al 14,1% della popolazione. Questo determinerà, inevitabilmente, un maggiore fabbisogno di assistenza e cura e, quindi, di lavoratori domestici, in particolare “badanti”. Le province che vedranno crescere maggiormente la popolazione over 80 saranno Caserta, Napoli, Olbia, Barletta e Cagliari, tutte con una presenza di ultraottantenni più che raddoppiata in meno di 30 anni.
Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di Domina: “Le peculiarità del territorio legate al lavoro domestico non solo fotografano la grande diversità delle regioni, ma rappresentano il risultato di diverse culture e possibilità economiche”. Spiega Gasparrini: “Le schede regionali presentate nel Rapporto Domina consentono quindi di conoscere meglio le peculiarità del lavoro domestico e del sistema socio-economico complessivo. Questo diventa quindi uno strumento utile anche per il decisore politico, locale e nazionale, per poter definire politiche del lavoro e della famiglia basate su dati reali.”