Editoriale Grimaldi

Lazzaretto

Secondo Paese al mondo per numero di contagi. Opportuno avere messo l’Italia dentro un “lazzaretto” a tempo indeterminato: perché nessuno oggi è in grado di sapere come e quando finirà la “contaminazione” perché il nemico non è nell’aria ma potenzialmente assieme a tanti altri virus in ciascuno di noi.

E’ accaduto tante volte su questo pianeta e alcuni tra noi avanti negli anni lo hanno vissuto, ne sono stati infettati, superandolo.
Giusto un esempio: la pandemia “spagnola” del 1918 fece più vittime della prima guerra mondiale: 50 milioni. Non v’era terapia allora e – sembra strano – né oggi. La Cina dove è iniziata questa brutta avventura l’ha risolto: cordone sanitario nella provincia dell’Hubei. Non poteva fare altro, come noi.

Certo, i lazzarettati cinesi erano circa 40 milioni, e nel resto del Paese – più di un miliardo e mezzo – si continuava a lavorare, uscire, svolgere la propria vita.

Ora le cose cominciano dopo tre mesi ad andare bene: mandano a noi maschere e ventilatori polmonari perché nulla colà si era, di fatto, fermato.
Diverso da noi: qui è tutto il Paese chiuso in casa! E questo non rende sereni. La Merkel da buona fisica e leader che ha la capacità di storicizzare i fenomeni, ha detto che presumibilmente il 70-80% dei tedeschi sarà contagiato dal virus.

A tasso di mortalità attuale milioni di persone lasceranno posti nella società con un avvicendamento che nessun capo di stato è capace di realizzare. Ma la natura si; e lo fa da sempr con modalità varie perché ha la responsabilità di assicurare la tenuta dell’ecosistema: senza tavole rotonde e seminari. Non è rassegnazione, ma realismo che evita la paura fottuta che fa più danni d’ogni altra cosa.

Allora capovolgiamo il cannocchiale e ci si accorge che il necessario per sopravvivere è legato a norme di buona educazione e buon senso nel tempo smarriti per strada. Le case erano divenuti solo dormitori? Ebbene rimanendovi, obbligati per legge, riscopriremo che è la nostra tana dove l’animale in genere sta quieto tranquillo e protetto.

Sbaciucchiarsi ogni momento con abbracci da strider d’ossa l’abbiamo ritenuto inno alla globalizzazione di affetti e sentimenti? Stando a debita distanza ci si accorge che si può meglio valutare chi sia amico o non e riservare certa gestualità esuberante, come avveniva nel passato, a pochi momenti della nostra vita ed a chi ci sta a cuore.

Curare la nostra igiene l’abbiamo legato a docciarsi tre volte al giorno, dopo di che toccare cibo dopo avere stretto tante mani e posatele nei posti più luridi di fatto ma in apparenza puliti? Ok, ora possiamo estrarre dalla nostra memoria che prima di toccare cibo ci si doveva lavare le mani e coprirsi la bocca tossendo e starnutendo a volte quasi con gioia per farsi dire “salute”.

C’è solo un pericolo a stare a casa: essere ancor più vittima di telefono, tv, facebook e similari e rischiare di uscirne, a cose fatte, incitrulliti.
Domanda: meglio morti per aver continuato ad esser a la pàge o vivi e rieducati a “vita nova”?

Risposta in un prossimo numero.