Nei sotterranei del convento dei frati Cappuccini di Palermo, situato nel quartiere Cuba e risalente al XVI secolo, si trovano le spettacolari e suggestive catacombe, realizzate in stile prettamente gotico.
Furono così chiamate sebbene in realtà si tratti di un vero e proprio cimitero. Un immenso e particolare reliquiario che conterebbe circa ottomila salme e che offre ai visitatori un’atmosfera di pace e numerosi spunti di riflessione sulla vita e la sua fugacità. Le spoglie, alcune distese, altre in piedi, venivano poi vestite a festa, in uniforme per la gendarmeria, in abito da sposa per le giovani vergini mai giunte all’altare e in abiti domenicali gli altri. Suddivise per sesso ed estrazione sociale, sia chiaro che molte appartennero alla borghesia o alla nobiltà, e moltissime all’ordine stesso dei frati.
Il processo di conservazione per inumazione risultava essere alquanto costoso. Il primo in assoluto a esservi posto fu per certo Frate Silvestro da Gubbio nel 1559. Le tecniche più utilizzate per l’esumazione prevedevano la preventiva estrazione degli organi interni, poi le salme venivano poste a “scolare “per almeno un anno, a quel punto il cadavere essiccato veniva lavato con l’aceto e riempito di paglia, eccetto che in periodo di epidemie (tema purtroppo nuovamente attuale) quando invece venivano poi imbevute nell’ arsenico o in acqua di calce. Questo metodo ebbe luogo sino al 1800, quando disposizioni sanitarie vietarono tale pratica.
Alcuni cadaveri spiccano più di altri o per grandiosità o per fasto nell’abbigliamento o per l’inquietudine che destano nei visitatori, ma su tutti primeggia per notorietà ed unicità quello della piccola Rosalia Lombardo. La bimba morì alla tenera età di due anni (1918/1920) a causa della polmonite (agghiacciante, vero? Cento anni fa… come oggi) e il padre profondamente affranto e inconsolabile volle assolutamente la sua inumazione, nonostante i veti sanitari. Si racconta che per ciò dovette sborsare una ingente cifra, fantascientifica per quei tempi. Rosalia, grazie a una serie di trattamenti, tra formalina, alcool e glicerina, appare tutt’oggi intatta, perfettamente preservata e custodita in una teca ove viene evitata la formazione di batteri, addirittura operando una radiografia persino fegato e altri organi interni appaiono nella loro interezza. Sembra proprio stia dormendo, fenomeno che le è valso il titolo affettuoso di bella addormentata.
Sulla nostra Isola esistono ulteriori siti che presentano altre catacombe, a Comiso, Savoca, ed altre curiosamente copiose nella parte nord orientale dell’Isola. Attualmente sono ancora i monaci i custodi delle catacombe dei Cappuccini.
Tre secoli di storia della Sicilia, con i suoi usi e costumi e peculiarità, scorrono nelle non vene di tutte queste salme, che speravano attraverso questa pratica di sepoltura di sconfiggere la morte con il persistere del corpo. Tre secoli della nostra cultura fermi lì, immobili, in pace, forse lieti e compiaciuti di ricevere tante visite e assaporare cosi in qualche modo, ancora un po’ di vita.