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Legalizzazione cannabis, l’analisi di Rossi su conseguenze economiche

Visti gli introiti provenienti dal nero, appare evidente che legalizzare la cannabis conviene. Abbiamo discusso tutti i dettagli con Marco Rossi, ricercatore di Economia politica all’Università La Sapienza di Roma.

Professore, quanto potrebbe guadagnare lo Stato italiano dalla legalizzazione della marijuana?

“Volendo fare una stima, possiamo considerare un introito che si muove su una forbice tra i due e i quattro miliardi, depurata da componenti di autoconsumo (coltivazione domestica) e dal residuo contrabbando. Si tratta di cifre importanti per un Paese che versa in gravi difficoltà economiche come il nostro. Bisogna partire dal presupposto fondamente che l’Italia è il primo stato europeo per consumo di cannabis, con circa dieci milioni di consumatori sporadici e mezzo milione di consumatori abituali. Legalizzarne la produzione, la vendita e il consumo apporterebbe benefici non indifferenti, anzitutto sul piano economico. Se tale mercato fosse legalizzato, così come per i tabacchi, in cui la distribuzione è riservata a concessionari autorizzati, si potrebbe eludere l’attuale mercato illegale e i suoi proventi potrebbero così finalmente venire a galla, assicurando alle casse dello Stato circa tre miliardi di euro dalle tasse sulle vendite adesso riscossi degli spacciatori, riducendo il benessere economico della malavita a vantaggio del benessere economico della collettività. Numeri alla mano, se moltiplichiamo il numero dei consumatori per il loro consumo medio annuo, otteniamo una stima della quantità di cannabis consumata in Italia di circa seicento tonnellate all’anno. Se consideriamo che per produrre un grammo di marijuana sono necessari in media tre euro, si potrebbe ipotizzare di venderla a dieci euro al grammo. Questo prezzo è pressochè identico a quello presente sull’attuale mercato illegale. Tale aspetto è molto importante, perchè mantenendo un prezzo simile a quello in nero, il consumatore sarebbe sicuramente più incentivato a fare una scelta legale che garantisce il controllo qualità del prodotto e lo allontana da eventuali sanzioni legali. Da non dimenticare che, attualmente, le attività di contrasto al traffico di sostanze stupefacenti ci costano circa seicento milioni di euro l’anno. Pensiamo a quanto potrebbe risparmiare l’Italia”.

Quale la funzione dell’eventuale tassazione statale?

“Parlando di tassazione, in questo caso, ci riferiamo a un modello ‘correttivo’. In buona sostanza, imponendo una tassa sul vizio, così come avviene attualmente per il tabacco, si crea un meccanismo disincentivante del consumo del prodotto. Nel momento in cui viene applicata un’imposta, si allinea il costo privato (prezzo) al costo sociale. In tal modo l’aumento del prezzo comporta la riduzione della domanda. Inoltre, il gettito da tale sistema può essere usato per svariati scopi, come campagne di sensibilizzazione per disincentivare il consumo o, ancora, per compensare le ricadute negative di quest’ultimo sulla collettività. Una parte delle tasse attualmente imposte al tabacco, per esempio, vengono usate per curare i tabagisti”.

un volano anche per il lavoro…

“In caso di legalizzazione, se ci riferiamo semplicemente alla coltivazione e alla manifattura della cannabis, che è l’ambito in cui sarebbero impiegate il maggior numero di persone, si dovrebbero assumere circa 55 mila addetti, di cui quelli preposti alla coltivazione sarebbero però lavoratori stagionali. Nel caso, poi, in cui si seguisse il modello della completa liberalizzazione, come in Olanda, si potrebbe creare una vastissima rete che potrebbe giungere a impiegare quasi centomila addetti. In media possiamo dire che, a conti fatti, sarebbe possibile generare fino a centomila nuovi posti di lavoro, di cui beneficierebbe inevitabilmente anche lo Stato grazie al gettito Irpef”.

Che dire della linea proibizionista?

“Dal punto di vista economico esiste un fenomeno definito ‘effetto palla’ che ci dimostra come il proibizionismo, in realtà, finisce per essere costoso. Si tratta di quello che è un successo un po’ in Usa con gli alcolici. Con il divieto di consumo, la domanda si è spostata dal mercato legale a quello illegale, proprio come una palla che, se urtata, modifica la sua posizione nello spazio ma non le sue dimensioni. Stesso discorso può essere fatto per la cannabis e per il rapporto tra lecito e illecito. La domanda c’è, sposta semplicemente la sua collocazione. Senza dimenticare che in Italia esiste anche un mercato sociale della canapa, che rappresenta il 40% dei consumi. Si tratta degli scambi di hashish e marijuana fra amici consumatori. Tutte persone che hanno paura ad avvicinarsi al mondo della criminalità e preferiscono l’autoproduzione. Legalizzare potrebbe essere l’occasione anche per loro di riacquisire benessere sociale”.