Entro venerdì prossimo, la legge di Bilancio 2023 sarà approvata per poi entrare in vigore il 1° gennaio.
Invece, la legge di Bilancio della Regione siciliana non verrà esitata nei tempi previsti e la Giunta, guidata dal presidente Schifani, ha invece approvato l’esercizio provvisorio fino alla fine di gennaio, il che significa che la macchina burocratica potrà funzionare per dodicesimi e quindi non potrà dare quella spinta espansiva indispensabile per far crescere il Pil della Sicilia.
Neanche la legge di Bilancio nazionale ha elementi di espansione dell’economia e quindi non vi sono presupposti per l’incremento dell’occupazione.
Dobbiamo, però, dare atto al Governo che ha dovuto varare una legge difensiva, che comporta un nuovo indebitamento di 35 miliardi di cui 21 per dare sollievo a chi ha pagato (o deve pagare) l’energia a prezzi stratosferici, conseguenza delle dissennate sanzioni alla Russia.
In ogni legge di Bilancio si riverbera la linea politica del Governo che la prepara. Cioè in qual modo intende prelevare risorse ai ceti ricchi e benestanti per ridistribuirli a quelli bisognosi. Ma questo è un assistenzialismo che ha una sua ragion d’essere quando è buono, cioè quando è indirizzato alle persone veramente bisognose, fragili, ammalate, anziane; ma è deleterio quando è indirizzato a gente che può lavorare.
È però anche vero che l’espansione del Pil potrebbe avvenire come conseguenza della spesa dei fondi che il nostro Paese ha a disposizione: sia quelli del Pnrr, ma anche quelli del Piano operativo europeo 2021-2027 e per il Sud (e non solo), quelli del Fondo di Sviluppo e Coesione nonché i finanziamenti della Bei e della Cassa Depositi e Prestiti, praticamente a costo zero.
Ormai da più parti si certifica che il mancato sviluppo del Paese non è conseguenza di una carenza finanziaria, bensì di una incapacità del sistema burocratico di fare funzionare l’organizzazione, anche tesa a far aprire i cantieri e a far completare le opere.
In questa direzione bene ha fatto il Governo a varare un nuovo testo del Codice degli Appalti, semplificando i i controlli che tuttavia devono essere rigorosi ma non apportatori di blocchi temporali.
Lo Stato, le Regioni e i Comuni – nonché le Province ancora in vita – hanno il compito di gestire i servizi ma anche di fornirne ai propri cittadini uguali in tutto il Paese. Molti di questi servizi servono per la costruzione di infrastrutture, senza di che il divario fra Nord e Sud non diminuisce.
Strade, autostrade, reti ferroviarie ad Alta Velocità (o Capacità), acquedotti, reti fognarie, rete internet, ed altre infrastrutture, sono indispensabili per mettere su un piano di parità tutti i cittadini. Ma così non è, perché dal Dopoguerra in avanti, i governi che si sono succeduti hanno subìto le pressioni dei gruppi di potere e hanno investito nel Centro-Nord dimenticando il Sud e le Isole.
In Sardegna non c’è un’autostrada e non c’è una linea ad Alta Velocità (o Capacità).
Nonostante la legge di Bilancio 2023 sia stata sulla difensiva, riteniamo che il Governo si appresti a varare successivamente specifiche norme per affrontare con decisione la possibile recessione del prossimo anno.
Per espandere l’economia occorre lottare con tutti i mezzi contro l’evasione fiscale e contributiva, contro il lavoro nero, contro tutte quelle attività sommerse che non sono contabilizzate statisticamente – seppur esistano – ma che se emergessero porterebbero alle casse dello Stato forse più di cento miliardi. Col che si neutralizzerebbe una parte dell’enorme debito pubblico.
Abbiamo scritto più volte che il volume d’affari sommerso fa classificare una povertà inesistente sulla quale alcuni, in malafede, speculano per far credere che il nostro Paese è disastrato quando invece non lo è affatto.
Ricordiamo che a fronte dell’enorme debito pubblico (2.771 miliardi, Bankitalia ottobre 2022), le istituzioni posseggono all’incirca 500 miliardi di valori mobiliari e immobiliari. Inoltre, il laborioso e prudente popolo italiano ha accantonato presso le banche (liquidità e titoli) oltre quattromila miliardi.
Quindi complessivamente non stiamo male, salvo il blocco delle attività che l’inefficienza politica e burocratica continua a produrre.