Giustizia

Lia Sava: “Appalti e rifiuti fanno più gola a mafie e corrotti”

PALERMO – Lia Sava, pugliese, in magistratura dal 1991, ha svolto l’uditorato a Bari. Come primo incarico ha svolto le funzioni di pretore civile a Roma dal 1992 al 1995. Dal 1995 al 1998 è stata pubblico ministero alla Procura di Brindisi applicata alla Dda di Lecce. Dal 1998 al 2013 è stata pubblico ministero a Palermo e dal 2001 al 2011 ha fatto parte della locale Dda. Dal 2013 al 2018 è stata procuratore della repubblica aggiunto presso la Dda di Caltanissetta. Dal 2018 è Procuratore Generale nella stessa sede nissena. Dallo scorso anno è Procuratore Generale di Palermo. Nel corso del suo intervento in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario a Palermo ha messo in evidenza, tra l’altro, le problematiche relative alla gestione dei fondi del Pnrr e i relativi sistemi di controllo e la diffusione delle sostanze stupefacenti a Palermo, nello specifico il crack, e la relativa situazione di prevenzione e contrasto. Ed è proprio su questi due argomenti che le abbiamo chiesto un ulteriore approfondimento.

Procuratore Sava, a suo giudizio cosa è necessario fare, cosa è necessario attenzionare in questa fase preliminare che è sicuramente la più delicata relativamente alla gestione dei fondi del Pnrr?
“Sicuramente la cosa più importante è la sinergia istituzionale. Sto parlando dello scambio d’informazioni tra la Prefettura, le autorità giudiziarie che si occupano delle indagini sui reati che sono l’epifenomeno di possibili distorsioni nella gestione dei fondi e la collaborazione con quell’attività squisitamente tecnica della Guardia di Finanza che sono gli strumenti che abbiamo nella ‘cassetta degli attrezzi’ per gestire questa delicata fase”.

Quali sono i reati epifenomeno di possibili distorsioni nella gestione dei fondi?
“Mi riferisco in particolare alla corruzione. È necessario stare particolarmente attenti a quelli che possono essere quei momenti in cui pubblici amministratori infedeli gestiscono in maniera illecita alcuni passaggi di denaro di questi fondi. Questo è da monitore con attenzione. Cosa che abbiamo potuto riscontrare anche a livello nazionale è che, oggi, le diverse mafie non hanno interesse a smuovere troppo le acque pertanto utilizzano meccanismi che, a prima vista, possono sembrare neutri ma proprio per questo è necessario la nostra azione deve essere sofisticata ma incisiva”.

Un esempio?
“Pensiamo alle imprese che hanno attraversato una grossa crisi nel corso degli anni del Covid. Si tratta di imprese che hanno resistito ma, in astratto, non si può escludere che siano riuscite a farlo perché ci sono state iniezioni di capitali di provenienza illecita, canale di riciclaggio preferito dalla mafie. Non si tratta di imprese che hanno cambiato il titolare dell’impresa ma, sempre parlando in astratto, è stato lasciato con il ruolo di ‘testa di legno’, prestanome. Si tratta all’apparenza d’imprese assolutamente pulite ma in realtà si tratta di aziende nelle quali ci sono stati innesti di capitali della criminalità. È in questo settore che possono innestare interessi e logiche di recupero dell’investimento inziale delle grosse mafie. Altro aspetto su cui è necessario vigilare è quello relativo al meccanismo dei subappalti. A seguito della semplificazione dei meccanismi di subappalto sarà la stazione appaltante a decidere come gestire i subappalti. È chiaro che all’interno dei subappalti si può annidare di tutto. In astratto, sappiamo che la semplificazione dei meccanismi degli appalti e dei subappalti è necessaria per velocizzare l’iter. Sappiamo altresì che viviamo in un contesto ambientale molto particolare ed è necessario vigilare perché sappiamo che, storicamente, per l’organizzazione mafiosa Cosa nostra è proprio nei subappalti che trova lo strumento per inserirsi nei grossi affari. È necessario, pertanto, che ci siano strumenti d’interazione istituzionale con uno scambio di informazioni rapidissimo per arginare questi fenomeni. Ritengo che ci siano alcuni settori che sono da attenzionare in modo particolare, parlo del settore della gestione e smaltimento dei rifiuti e del settore energetico. Verosimilmente questi possono essere quelli in cui si potranno sollecitare gli appetiti delle organizzazioni mafiosi. È necessario tener sempre presente, a livello etico, che questi fondi del Pnrr sono destinati al miglioramento delle situazioni della società civile nel suo complesso, sto parlando della necessità di colmare le disuguaglianze di reddito, a rendere accessibili i servizi di assistenza sociale e quindi è necessario tutelare le vere finalità del Pnrr e salvaguardarlo dagli appetiti delle organizzazioni mafiose è un obiettivo di tutti quanti noi. Questa sinergia istituzionale, che vede la grande sensibilità dei prefetti e delle forze di polizia e ricordo che si sono già aperti i tavoli tecnici necessari per la gestione dei fondi, mi fa ben sperare che si riesca a contrastare questo fenomeno”.

Eticamente siamo pronti ad affrontare tutto ciò?
“Lo dico da tempo. Il salto etico è sicuramente la sfida più difficile e complessa che ci troviamo davanti. Le istituzioni ce la stanno mettendo tutta. Una buona fetta dei giovani di questa città, questa Regione, questo Paese ce la sta mettendo tutta. Mi preoccupa, però, a livello cittadino questo grande incremento delle piazze di spaccio, per esempio del crack. Come si può riuscire a compiere il grande salto etico complessivo? Dove c’è grande spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, uno degli interessi nodali di approvvigionamento per Cosa nostra, con una parte della nostra gioventù, e forse non solo, è consumatore di crack e poi ne diventa spacciatore e che, per poterlo acquistare, picchia i genitori o i parenti più prossimi, questo salto etico si allontana. A livello statistico non solo vediamo un incremento delle piazze di spaccio nella nostra città ma anche un incremento dei reati di maltrattamenti in famiglia commessi da giovani, anche minorenni, per approvvigionarsi di sostanze stupefacenti. È evidente che, in questi casi, il salto etico è più difficile perché la nostra gioventù si tra “bruciando” con queste droghe e, ancora una volta, la sinergia istituzione è fondamentale anche con il coinvolgimento delle associazioni di volontariato, come ad esempio ‘CasAncora’, un’associazione nata da poco che, con don Enzo Volpe, sta cercando togliere i poveri del quartiere da quel contesto al fine di arginare questo fenomeno. In alcuni quartieri di Palermo la povertà autoctona si mischia a quella degli extracomunitari e l’offerta deviante del crimine organizzato diventa allettante anche per la mancanza dello Stato. L’attuale Prefetto di Palermo Teresa Cucinotta, da poco insediata, ha immediatamente acceso il focus proprio su tutte queste situazioni”.

Nessuna delega, quindi…
“Esatto. Questo salto etico lo dobbiamo fare tutti assieme, aiutando gli ultimi, i poveri. Se non sottraiamo manovalanza alla criminalità organizzata, le permettiamo di dare risposte nei periodi emergenziali, come ad esempio i pacchi di pasta consegnati alle famiglie da parte dai capi-famiglia durante il Covid, lampante esempio di come le mafie siano in grado di occupare i vuoti lasciati dallo Stato”.

Pensa che in un lasso di tempo ragionevole si possa uscire dal meccanismo del contrasto e si possa dare il via al lavoro sulla sensibilizzazione e la prevenzione?
“Voglio essere ottimista e le dico che è possibile. Dobbiamo però essere aiutati da fattori che, in questo momento, non sono ipotizzabili. È necessario uscire dal contesto internazionale molto problematico, uscendo dalla limitata visione regionale o nazionale. Sarà necessario che determinate dinamiche internazionali si risolvano in chiave di pace, che le opzioni di carattere macro-economico migliorino a livello europeo il contesto e permettano la stabilizzazione di alcune scelte di carattere più generali. Alla luce di questi fattori internazionali, attraverso un controllo che diventi anche capacità di fornire soluzioni, penso che sarà possibile. Per passare dalla fase del contrasto a quella della sensibilizzazione c’è uno step intermedio, che è quello in cui riusciremo a dare risposte rapide come interlocutori istituzionali. Solo in quel momento si potrà avviare la fase della sensibilizzazione e, forse, in quello stesso momento non ce ne sarà più bisogno. Deve essere chiaro che, se la gente ha fame, non ha una casa e non ha un lavoro è più facile che dica sì all’offerta deviante. Solo nel momento in cui riusciremo a dare risposte a questi problemi, cominceremo a essere più credibili”.