Oggi celebriamo il 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo, sono passati 77 anni da allora. Il nazismo veniva da fuori, il fascismo ce lo eravamo fatto in casa. Quelli dall’otto settembre del 1943 al 25 Aprile del 1945 furono anni cruenti e divisivi. In cui fratelli uccidevano fratelli. Il Paese era spaccato in un divisionismo crudele e spesso mortale. Proprio per questo riuscimmo alla fine della guerra a tirar fuori una delle migliori Costituzioni del mondo ed una conseguente legge elettorale democratica e rappresentativa. Perché tutte le idee e le loro rappresentazioni nella società, partiti e movimenti, avessero dignità senza eccessiva contrapposizione. Fu un successo che durò quasi 50 anni.
Poi abbiamo ricostruito steccati e faziosità a tavolino. Con leggi maggioritarie e premi di maggioranza per assicurare il Totem della governabilità mai raggiunta. Cominciarono a nascere i trattini, il centro-sinistra ed il centro-destra. Dei pagani a cui sacrificare idee e coerenze in cambio di potere. Potere di fare cosa non si è capito, visto i disastrosi risultati economico e sociali senza trattino.
Oggi il centro-sinistra è morto a meno di non identificarlo in un partito-potere, e non Stato come fu la DC, rappresentato da quell’ircocervo né carne né pesce, né frutta né verdura, chiamato PD. Che per risibile somma, lui già disomogeneo e confuso, una fusione a freddo di classi dirigenti per la sopravvivenza lo definì Emanuele Macaluso, per aggiungere confusione a disomogeneità, si aggancia con un ulteriore trattino al populismo qualunquista di un movimento in implosione. Un movimento qualunquista magistralmente simboleggiato da una fulgida figura perfettamente conforme di nome Giuseppi, il cui unico vanto di rilievo è stato forse proprio la definizione storpiata di Trump. Sembra che Il mitico Gaber pensasse a lui nella famosa canzone il Conformista.
Ma il centro-destra non sta mica tanto bene. È sul letto dello spasimo, ogni tanto come fanno gli agonizzanti sembra avere un gemito ma sono quegli spasmi prima di esalare ultimi respiri. Il centro-destra è andato in agonia con la lenta caduta vitale del suo inventore, un fondatore che non lascia eredi, e per la contrazione di un centro che ha fatto crescere inopinatamente la componente di destra, come in altri paesi europei, a causa di errori sociali ed economici.
Qui in Sicilia vediamo l’agonia di questa scena da Trionfo della Morte, come il fantasmagorico quadro esposto a Palazzo Abatellis. Il centro-destra era già ferito mortalmente con l’attacco finale di procure e mercati al suo leader, Silvio Berlusconi, poi la parentesi Salvini lo ha fatto rigurgitare senza vittoria nel 2018. Qui avviene il primo ictus politico, con la rottura a causa della nascita del governo dei populisti opposti realizzato da Salvini. Segue il secondo strappo della Meloni di non votare il governo di unità nazionale e nemmeno il patto istituzionale costituito da Mattarella. Non sono quisquilie o pinzellacchere, sono fatti politici determinanti di un divorzio politico reale.
Qualunque discussione sull’unità è sterile e finirà comunque con le elezioni nazionali. Come ha sapientemente definito un democristiano sapiente alla Meloni converrebbe dall’alto dei suoi sondaggi accettare la legge elettorale proporzionale a meno che non voglia farsi dare dai suoi ormai ex alleati solo i collegi a bassa percentuale di probabilità del Sud. E con il saggio ritorno al proporzionale rappresentativo forse ci saremo finalmente liberati dai dannosi e pagani Totem e dai trattini. E torneremo ad essere una Repubblica, quella sognata da chi sfilò a Roma in festa nel 1945.
Così è se vi pare.