PALERMO – I siciliani leggono sempre meno, eppure le case editrici siciliane continuano ad aumentare. Potrebbe sembrare un controsenso, eppure i dati ci raccontano come siano sempre meno coloro i quali si dedicano con passione alla lettura, e come, invece, siano sempre di più gli editori che decidono di entrare nel settore e tentare di far conoscere al mondo autori sempre nuovi.
Secondo i dati raccolti dall’Aie, dal 2015 al 2019 la quota di editori siciliani sul totale delle case editrici nazionali è salita dal 3,4 al 4,9%. In termini assoluti, si è passati da un totale di 60 case editrici a 87 nell’arco di pochissimi anni. Anche la produzione è aumentata, e di tanto: se nel 2015 i titoli proposti erano 762, per una percentuale dell’1,3% sul totale dei titoli pubblicati in Italia, nel 2019 sono stati ben 1.597, portando la percentuale sul totale italiano all’1,8%. La produzione si rivolge nella grande maggioranza dei casi agli adulti, con ben 1.365 titoli, numero che si è più che duplicato dal 2015, quando la stessa categoria si fermava a 625.
Lo stesso andamento è stato registrato per la produzione varia dedicata ai ragazzi, che passano dal 2015 al 2019 da 64 a 159. Ferma, invece, la produzione dei titoli educativi: 73 nel 2015, dopo un andamento altalenante che li ha portati a diminuire e poi di nuovo a crescere, sono tornati allo stesso numero nel 2019.
Un settore in fermento quindi, che lavora per proporre sempre nuovi testi, eppure la risposta dei siciliani è sempre tiepida. I lettori in Sicilia continuano a scendere: se si prendono in esame le persone con più di sei anni di età che hanno letto almeno un libro non scolastico nell’arco dei 12 mesi precedenti alla rilevazione svolta dall’Aie, dal 30,2% del 2015 sono scesi nel 2019 al 25,9%, ultimo anno censito.
Numeri molto preoccupanti, se li si confronta con la media italiana: nel 2015 i lettori erano il 42%, nel 2019 il 40%. Nonostante anche a livello nazionale sia evidente una flessione, in Sicilia sono stati persi quasi il doppio dei lettori, in termini percentuali, rispetto al resto dello stivale.
Più nello specifico, il 55,7% dei lettori isolani legge da uno a tre libri in un anno, mentre si scende al 34,6% per i lettori di almeno 4 fino a 11 libri. Soltanto il 9,7% legge 12 libri o più. Colpa dei social, colpa della frenesia della vita moderna, che ha abbassato di molto la soglia di attenzione di tutti, troppo di corsa per fermarsi a leggere con calma un buon libro. In generale, chi vive al Sud legge sempre meno libri: si passa dal 41% del 2019 al 40% del 2020 e al 35% del 2021. Il dato emerge dalla ricerca del Centro per il libro e la lettura (Cepell) e dell’Associazione Italiana Editori, presentata al Salone del Libro nel convegno “Leggere in pandemia #1 – Nuovi percorsi di lettura degli italiani”.
E tra chi legge e chi non lo fa aumenta il divario socio-culturale: i lettori con basso titolo di studio oggi sono il 36%, in calo di 14 punti percentuali in due anni, mentre i lettori con la laurea sono l’84%, in calo di 7 punti. Un mercato sempre più dipendente da pochi, forti lettori che leggono mediamente 17 libri l’anno, 3 in più di quanti non ne leggessero nel 2020. Oltre a leggere, comprano anche più di prima: in media 12,3 libri, due e mezzo in più dell’anno precedente.
“È da tempo che diciamo che la lettura è un’emergenza nazionale. Come evidenziato dalla ricerca, la vera emergenza è proprio questa: le disparità all’interno della società italiana – sottolinea il presidente dell’Aie, Ricardo Franco Levi -. Oltre al calo dei lettori, c’è una preoccupante polarizzazione sempre più netta tra chi legge da sempre e lo ha fatto in questi mesi di più, acquistando più libri e dedicandoci più tempo, e chi alla lettura non si avvicina. Il divario si è approfondito, come altre disuguaglianze durante la pandemia. Questo è oggi il campo della sfida e di un necessario cambio di rotta”.