Elezioni

Lidia Tilotta (Pd): “È tempo di un’Europa che abbia un welfare unico per i cittadini”

Lidia Tilotta, giornalista delle sede regionale Rai siciliana, si presenta alla prossima competizione elettorale europea nelle file del Partito democratico.

Dottoressa, perché ha deciso di partecipare a questa competizione elettorale?
“Vorrei fare una premessa. Sono molto contenta di essere nella vostra sede oggi perché il QdS è una delle testate in cui, appena diciassettenne, ho iniziato a scrivere. Per venire alla sua domanda, invece, in realtà mi è stato chiesto dalla direzione nazionale del Pd e dalla segretaria Schlein, nell’ambito di una serie di candidature civiche che avrebbero arricchito la lista”.

Ma dopo la richiesta ha dovuto decidere se accettare o meno…
“Certo e, devo dire, è stata una scelta meditata. Il mio ruolo all’interno della Rai, nel tempo, mi ha messo di fronte alcuni dei drammi sociali che affliggono la nostra società, soprattutto quello dei migranti. Nel tempo ho scritto due libri: il primo con Pietro Bartòlo proprio sul tema dell’immigrazione e l’altro con Cristina Fazzi per raccontare la sua pluridecennale esperienza come medica in Zambia, paese dell’Africa subequatoriale. Questi due libri sono diventati strumenti per incontrare i ragazzi delle scuole, per confrontarsi con loro su questi temi. Ecco, questa candidatura s’inserisce in questo percorso, perché il ruolo di parlamentare europeo è un ruolo ben definito, molto complesso, ma che può consentire d’intervenire sulle molte delle questioni fondamentali per le nostre vite e che mi permetterà di continuare a parlare con la gente”.

In caso di elezioni, quindi, siederà sullo scranno del Parlamento Europeo?
“In caso di elezione non solo onorerò il mio ruolo di parlamentare europea ma mi occuperò di politica complessiva all’interno del Partito democratico per mettere a compimento la mia idea di politica, quella di ascolto della gente, delle loro necessità”.

La “casa” europea del Pd a Bruxelles è europeista. Ma è necessario cambiare qualcosa in questo modello di Europa?
“In questo momento è prioritario arginare la deriva verso destra in atto in Europa e in Italia. Il contesto internazionale, rispetto al momento in cui fu scritto il ‘Manifesto di Ventotene’, uno dei testi fondanti dell’Unione europea, è mutato radicalmente. Pensiamo ad esempio alla pace. Il dibattito non può essere ridotto a ‘armi sì, armi no’ all’Ucraina perché l’Europa deve avere un ruolo determinante e determinato per l’avvio dei negoziati di pace prima che, per il conflitto che coinvolge l’Ucraina, sia troppo tardi. La stessa valutazione la possiamo fare per il conflitto che sta infiammando il medio-oriente rispetto al quale l’Europa non può continuare a non avere una posizione netta che tenga conto del massacro che è in atto a Gaza. L’Europa deve capire quale ruolo avere, non solo su questo tema, e come collocarsi all’interno del nuovo ordine mondiale ma, per fare questo, deve essere Europa, non una somma di nazioni e quindi ogni paese membro deve cedere una parte di sovranità per far sì che il soggetto ‘Europa’ possa, a pieno titolo, stare nel contesto internazionale. Altro esempio: quando si dice ‘guardare all’area Mediterranea’ vuol dire guardarla a 360°, facendo attenzione alle politiche di scambio, di sviluppo, di formazione, di profonda interazione e di politica economica mentre, in questo momento, io vedo solo confusione. Inoltre, come Italia, non abbiamo attuato la convenzione di Instanbul, non abbiamo votato la risoluzione dell’assemblea delle Nazioni Unite sulla Palestina e nemmeno quanto è stato deciso per i diritti della comunità LGBTQ+”.

A proposito di pace, è favorevole all’esercito e alla difesa unica europea?
“Penso che la difesa unica europea serva ma il ruolo dell’Europa deve essere quello di cercare la pace non di alimentare la guerra, quello di lavorare per il disarmo non il riarmo”.

Quindi qual è la vostra idea di Europa?
“Lo tratteggio in poche parole: un’Europa che abbia un welfare unico per i suoi cittadini, che garantisca i diritti e che, soprattutto, sblocchi quell’ascensore sociale che è oramai bloccato da troppo tempo”.

A questo proposito, il report della “Fondazione Migrantes” ci racconta un grande esodo dall’Italia da parte di donne che emigrano perché non si sentono tutelate dal welfare del nostro Stato, che lo non sono dal punto di vista economico…
“Abbiamo, in questo paese, un serio problema perché, di là dalle ‘quote rosa’, non sono state messe in atto le politiche che conducono alla totale parità di diritti tra donne e uomini, per arrivare alla rottura del c.d. ‘tetto di cristallo’ e questi dati lo confermano. A questo si aggiunge il fatto che, per anni, ci hanno detto che la politica doveva essere ‘semplificazione’. In nome di questo abbiamo smantellato, ad esempio, il sistema sanitario, quello dei partiti ma tutto ciò ha portato a un’opera di svilimento della politica aumentando il divario tra chi fa politica e le persone che sono rappresentate”.

Qual è oggi il ruolo del parlamentare europeo?
“Il primo è quello mettere in atto le macro battaglie necessarie per incidere sulle politiche europee, che non devono cadere dall’alto. Ma anche, ruolo non secondario, quello di ascoltare i territori, cogliere i bisogni, trasformarli in progettualità e restituirli ai territori. Per fare questo è necessario che le diverse ‘reti’ si parlino tra loro, ossia la rete istituzionale, parlamentari europei, nazionali, regionali e sindaci che devono interagire attivamente tra di loro, le istituzioni scolastiche, la rete produttiva e infine quella del mondo associativo che va non solo sostenuta ma valorizzata”.

Siamo in presenza di una disaffezione nei confronti del voto. Come possiamo pensare che gli italiani saranno in grado di raccontarci, attraverso l’espressione del voto, che tipo di Europa vogliono?
“Se s’impiegasse più tempo a parlare con persone, se gli raccontassimo, ad esempio, cosa ha significato il progetto Erasmus per migliaia di ragazzi, come proprio l’Europa potrà cambiare il futuro dei loro figli, che cosa è la mobilità europea, cosa significa avere opportunità degne di questo nome, forse riusciremmo a far capire anche alle persone più disaffezionate quanto il voto sia uno strumento utile ma dobbiamo anche rompere quel velo di impermeabilità che oggi scherma una grossa fetta della società”.