Credo che il pubblico italiano debba rivalutare Gino Bartali, grande campione di ciclismo e audace difensore della democrazia contro la violenza fascista. In una situazione come quella che stiamo vivendo, con il suo marcato accento toscano, sicuramente, il vecchio amico/avversario di Fausto Coppi avrebbe detto che “è tutto sbagliato, è tutto da rifare” e dopo avrebbe aggiunto che “il bene si fa ma non si dice, perché certe medaglie si attaccano all’anima, non alla giacca”.
Gino Bartali non era soltanto un grande sportivo, era un grande uomo che oggi, probabilmente, con un pizzico di sarcasmo, avrebbe detto che “gli italiani sono un popolo di sedentari, perché chi fa carriera ottiene una poltrona”. Come dargli torto?
Il riferimento che intendo fare però, a differenza di quanto si possa pensare, non è ai politici, ma ai giornalisti, a quelli che, di questi tempi, nonostante attraversino uno dei momenti più difficili che la professione abbia mai attraversato, non hanno ancora compreso che l’informazione si esercita consultando direttamente le fonti. Il giornalista di oggi non sta dietro la porta dei commissariati o nelle aule dei consigli comunali per strappare una notizia, magari dopo ore ed ore di attesa, magari di notte e al freddo, no!
Il giornalista di oggi se ne sta comodamente seduto sulla sua poltrona, ed ecco l’assunto di Bartali, a passare veline o a trasformare opinioni, spesso soltanto le sue, in fatti del tutto inesistenti. Il risultato di questo modo ignobile di fare informazione produce lo stupore per i casi “Brexit”, nel Regno Unito, o “Trump”, negli Usa, o i casi “referendum costituzional”, in Italia, nei quali, ufficialmente, nessuno aveva capito cosa stesse accadendo: per forza! Se invece di indagare ci si parla addosso, questo è quello che accade. Per non fare cenno ai talk, dove ormai i giornalisti di casa nostra intervistano se stessi o si intervistano reciprocamente o intervistano soltanto gli amici o gli amici degli amici, che dei fatti non sanno assolutamente niente e tuttavia spacciano per tali le loro o le altrui opinioni. Oggi è così, non stupiamoci, quindi, se in una situazione del genere, si assiste al proliferare delle bufale, né stupiamoci che ad esse qualcuno creda, spesso gli stessi giornalisti vittime della loro pigrizia intellettuale.