LIPARI (ME) – Immobilismo plastico, perdurante nel tempo. Impossibile da scalfire con i tempi della nostra burocrazia e quelli di un lassismo dominante che ha caratterizzato una delle aree più belle del nostro Paese. Il caso della centrale solare di Lipari, capoluogo dell’arcipelago delle Eolie, realizzata sul monte S. Angelo a quasi 300 metri di altezza, è l’immagine plastica di una Sicilia immobile dove, per dirla alla Tomasi di Lampedusa “Bisogna che tutto cambi perché nulla cambi”.
Oltre un anno fa avevamo scritto dalle pagine di questo giornale dell’opera finanziata nel 2011 e realizzata a cavallo tra il il 2013 e il 2015. Una centrale ultimata di tutto punto, compresi allacciamenti e sedi di smistamento dell’energia, ma mai entrata in funzione. Un finanziamento, almeno secondo quanto dicono alcuni tecnici, costato ben oltre 2 milioni e mezzo di fondi regionali, spesi per il nulla. Eppure l’impianto era nato sotto buone intenzioni, quelle di abbattere i costi energetici del desalinizzatore di Lipari che oggi va avanti grazie a migliaia di litri di gasolio l’anno per la produzione dell’energia occorrente per potabilizzare l’acqua del mare.
In Sicilia la “strada per l’inferno è lastricata da buone intenzioni”, ma nell’isola dalle mille contraddizioni, patria di Pirandello, Sciascia e Camilleri, le buone intenzioni non portano quasi sempre a nulla quando si parla di opere pubbliche. Ci sono esempi assurdi, fiumi di denaro sprecati, cattedrali costruite nel deserto, che mai nessuno recupererà. Milioni e milioni di euro finiti nella pattumiera per incapacità, lassismo delle amministrazioni, talvolta macchiate anche da corruzione e infiltrazioni della malavita.
Della centrale solare delle Eolie abbiamo scritto nell’aprile dell’anno scorso (leggi qui). Siamo tornati sul luogo a parlare con alcuni tecnici del desalinizzatore per capire se nel frattempo fosse mutato qualcosa o si fosse presentato qualcuno, magari per riprendere in mano il progetto e renderlo fruibile. L’impianto realizzato su disposizione di palazzo D’Orleans doveva servire proprio per abbattere i costi dell’energia elettrica necessaria e per far funzionare il potabilizzatore dell’isola a pieno regime. Ma quell’impianto solare è rimasto immobile nella sua desolante plasticità sembra per riscontrati difetti tecnici, incongruenze nella sua realizzazione, contenziosi e cavilli burocratici che lo hanno paralizzato.
Così centinaia di pannelli solari, disseminati su una superfice di oltre 500 metri quadrati del monte sono rimasti inutilizzati all’interno del grande invaso idrico realizzato sul monte per consentire all’abitato di avere una piena autonomia idrica. Ma paradosso dei paradossi anche questa opera, realizzata sembra negli anni Sessanta, per intercettare l’acqua piovana d’un tratto non è stata più utilizzata.
I locali dicono che d’un tratto le nuove norme per la potabilità dell’acqua richiedevano una equipe di chimici che periodicamente sarebbe dovuta salire nell’invaso per analizzare le acque. Staff che non sarebbe mai stato istituito. Quindi si sarebbe deciso di realizzare la centrale solare che avrebbe allo stesso tempo consentito di poter sollevare l’acqua desalinizzata sino agli invasi che servono alcune frazioni collinari dell’isola. La centrale non è mai entrata in funzione ed oggi l’acqua per queste contrade viene sollevata verso l’alto a fronte di enormi costi energetici.
Ma quello che è ulteriormente paradossale in questa vicenda che Camilleri avrebbe fatto diventare un best seller sono oggi le parole dei tecnici, che parlano, ma col beneficio dell’anonimato. “Quei pannelli – sostengono – sono ormai inservibili. Costerebbe più rimetterli in funzione che realizzare un impianto ex novo”. Siamo tornati sin sopra il monte S. Angelo. In effetti tutto è rimasto immutato nel silenzio spettrale di un’opera andata in malora.
Più volte l’amministrazione comunale con i sindaci del passato ha cercato di trovare una soluzione, ma non essendo proprietaria dell’impianto (oltre al fatto che c’è ancora in atto un contenzioso giudiziario) non è voluta andare oltre a una richiesta di chiarimenti. Così oggi, a distanza di oltre otto anni dall’ultimazione della centrale, solo il dissalatore continua a produrre 4 mila metri cubi di acqua al giorno a fronte di un potenziale da 9 mila mc giornalieri, qualora vi fosse maggiore energia e un adeguamento delle condotte che arrivano sino al mare.
Con un inquinamento atmosferico non indifferente e con una ciliegina sulla torta della mala gestio, quella di spingere le amministrazioni liparote che si sono succedute nel tempo a ricorrere, soprattutto nel periodo estivo per la moltitudine di turisti, a navi cisterna che partono dalla terraferma per soddisfare il fabbisogno idropotabile della più grande delle sette isole. Con un aggravio di costi per la Regione e per l’amministrazione non indifferente. Insomma questioni irrisolte per le quali la Sicilia è davvero “lastricata dalle buone intenzioni”. Ma siamo sicuri che queste siano veramente buone?