Economia

Lukoil di Priolo, corsa contro il tempo per la raffineria: a rischio 10mila posti di lavoro

Il futuro della raffineria è sempre più a rischio. E i tempi tecnici che possano consentire all’Isab-Lukoil di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, di continuare a lavorare sono ridotti. L’embargo del petrolio russo parte, infatti, il 5 dicembre, e se si considera che dall’acquisto del greggio all’arrivo del carico passano almeno 15 giorni o addirittura un mese, è facile intuire che lo stop sia dietro l’angolo.

Il futuro della raffineria

La raffineria di Priolo è gestita dall’elvetica Isab, a sua volta controllata dalla Lukoil. Prima delle sanzioni trattava il greggio proveniente da vari Paesi e il petrolio russo pesava in media il 30%. Ora il 93% arriva da Mosca, perché le banche europee hanno smesso di finanziare l’Isab.

In sostanza, la raffineria, la seconda più grande d’Italia e la quinta in Europa, non ha ottenuto il credito dalle banche per potersi approvvigionare di materia prima non russa, sebbene sia stato ribadito che l’impianto non è sottoposto a sanzioni. L’ipotesi che adesso sembra poter essere seguita è il ricorso a Sace, la società per azioni controllata dallo Stato che darebbe adeguate garanzie agli istituti di credito per sbloccare l’impasse.

Ma non è l’unica possibilità. Il neoministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso la scorsa settimana aveva annunciato che il governo sta “seguendo alcune ipotesi di investimento o di acquisizione di questa impresa per consentirle di andare oltre la fatidica data in cui scatteranno le sanzioni” Ue. A settembre, invece, il Financial Times aveva rivelato che un fondo di investimento americano è interessato all’acquisto della raffineria: Crossbridge Energy Partner, società che fa capo a Postlane Capital Partner.

Schifani: “A rischio 10mila posti di lavoro”

“Conosciamo bene le problematiche legate alla vicenda Isab-Lukoil di Priolo e ho già avviato un’interlocuzione con il governo nazionale perché si possa avere un’attenzione particolare che consenta di arrivare in tempi brevi a una soluzione positiva per l’impianto siracusano e per le migliaia di lavoratori tra azienda e indotto che vi operano”, ha detto il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che ieri ha incontrato a Palazzo d’Orléans il direttore generale della Lukoil Eugene Maniakhine e il vice presidente Isab-Lukoil Claudio Geraci. “Sappiamo che il tempo stringe e la Sicilia non può permettersi di perdere né un’azienda così strategica per l’energia né posti di lavoro. – ha aggiunto Schifani -. C’è in gioco la vita di mille dipendenti e di quasi 2mila lavoratori dell’indotto, ma considerata la rilevanza dell’impianto e la connessione tra imprese del tessuto produttivo locale non sfugge che a rischio ci sono almeno 10mila posti di lavoro. La mia attenzione sulla vicenda, che riguarda non soltanto una intera provincia ma anche tutta la nostra Regione, è massima e anche quella del governo nazionale”.

Il caso lanciato dal Wall Street Journal

Nei giorni scorsi dalle pagine del Wall Street Journal era scoppiato il caso. Secondo un’indagine del giornale il petrolio russo “elude” le sanzioni Usa per la guerra in Ucraina. Le misure punitive introdotte da Washington a fine febbraio prevedono infatti un’esclusione per il petrolio “sostanzialmente trasformato in prodotto fatto all’estero”. Una volta lavorato nella raffineria di Priolo il greggio di Mosca diventa “prodotto italiano” e sbarca (legalmente) negli impianti della Exxon in Texas o in New Jersey in quelli della Lukoil, che negli Usa non è sanzionata e ha 230 stazioni di servizio in 11 Stati.

Appena insediato, il ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso ha tenuto a precisare: “La Isab di Priolo non ha eluso il sistema sanzionatorio che entra in vigore dal 5 dicembre” e ha assicurato che il governo è al lavoro “per garantire la continuità delle attività produttive, così importanti sul piano nazionale e per l’economia siciliana, in sintonia con il ministero dell’Economia e la Regione Sicilia”.

Anche Confindustria ha commentato con una certa sorpresa la notizia del Wsj. “Non ci sono le condizioni per dire che ci sia un’elusione perché non c’è alcun divieto di esportare prodotti che derivano dal petrolio russo. L’embargo scatterà comunque il 5 dicembre per la Comunità europea”, ha commentato Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa.