Il pm Gabriele Paci ha chiesto l’ergastolo per Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio.
Il processo si celebra davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta.
Il superlatitante trapanese, a capo del mandamento di Castelvetrano, è considerato uno dei boss più potenti di Cosa Nostra nonostante sia irreperibile da 27 anni.
La richiesta è stata avanzata a conclusione della requisitoria, durata otto udienze.
Matteo Messina Denaro è difeso dagli avvocati Salvatore Baglio e Giovanni Pace.
Messina Denaro è il reggente di Cosa Nostra
Per il pm Paci, che lo ha affermato nel corso della requisitoria del processo, “Matteo Messina Denaro è il reggente di Cosa Nostra trapanese quanto meno dal 1991”.
“Il padre Francesco – ha detto – non era presente, così come non era presente Mariano Agate. Matteo Messina Denaro è un mafioso che ha rinunciato a qualsiasi spazio di autonomia per fare carriera in Cosa Nostra e Totò Riina lo nominò reggente della provincia di Trapani”.
“Quando nel 1991 – ha ricostruito il magistrato – cominciò la guerra di mafia Paolo Borsellino operava nel trapanese, nel territorio gestito da Matteo Messina Denaro”.
“Abbiamo ripercorso quegli anni maledetti – ha continuato il Pm Paci – Totò Riina, per iniziare la stagione stragista dovette veramente convincere i rappresentati provinciali della bontà del suo progetto, riuscire a costruire il consenso. Non è sostenibile che Totò Riina avrebbe comunque intrapreso a prescindere quella strada senza avere il consenso di Cosa Nostra, perché se ci fosse stato il dissenso di una delle province ci sarebbe stata una guerra”.
“La storia di quegli anni – ha concluso il magistrato – non sarebbe stata la stessa. Messina Denaro non può aver prestato consenso con riserva. Fu lui più di tutti l’uomo che aiutò Riina a stroncare sul nascere le voci del dissenso interno”.