Giustizia

Mafia, confiscati i beni del prestanome dei boss di Cosa nostra


Beni per circa centocinquanta milioni di euro sono stati confiscati a un prestanome dei boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.

A eseguire il provvedimento di primo grado gli agenti della divisione anticrimine della questura di Palermo che, hanno apposto i sigilli a centinaia di immobili in provincia di Trapani e di Palermo riconducibili ad Andrea Impastato, 72 anni di Cinisi, arrestato nel 2002 per mafia e ritenuto un prestanome dei due boss.

Il patrimonio confiscato comprende aziende edili e di estrazione di materiale da cava, complessi industriali, capannoni, terreni, beni mobili, conti correnti, depositi e titoli, e un complesso turistico-residenziale a San Vito Lo Capo, località del Trapanese, costituito da numerosi appartamenti e alcune villette.

I provvedimenti di confisca sono stati disposti dai giudici del tribunale di Palermo. Tutti i beni erano riconducibili, direttamente o indirettamente, ad Andrea Impastato, figlio di Giacomo detto “u sinnacheddu”, esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi e legato ai Badalamenti.

Un fratello di Impastato, Luigi, 65 anni, venne assassinato a Palermo il 22 settembre 1981, agli inizi della guerra di mafia finita con il predominio dei corleonesi. Andrea Impastato era stato arrestato il 2 ottobre 2002 per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta su Pino Lipari, finito in manette il 24 gennaio 2002 e condannato in quanto consulente finanziario di Provenzano. Dall’esame del materiale informatico sequestrato a casa di Lipari è emerso che Impastato era stato indicato da Provenzano come amministratore delle ricchezze dei boss.

Le successive indagini hanno portato a far emergere una serie di contatti, sia personali che economici, di Impastato con numerosi personaggi di spicco di Cosa nostra, come Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.

L’8 giugno 2005 Impastato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo a quattro anni di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e libertà vigilata per un anno: era stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa.

Il cinque gennaio del 2009 era scattati il sequestro dei beni che oggi ha portato alla confisca.