Dopo il sit-in dei giorni scorsi davanti al Tribunale Graziella e Ninni Domino, i genitori del piccolo Claudio, ucciso a undici anni con un colpo di pistola il 7 ottobre 1986 a Palermo, hanno finalmente incontrato, ieri sera, il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Salvatore De Luca, che hanno riaperto il caso, a 34 anni di distanza dall’omicidio, grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti.
“E’ stata posta una piccola pietra per provare a costruire una verità sulla fine di nostro figlio”, hanno detto a conclusione del colloquio.
I pm palermitani non hanno rilasciato dichiarazioni, ma da quanto viene riferito dai familiari ci sarebbero nuovi aspetti che si stanno valutando sulla vicenda che tanto clamore sollevò all’epoca, mentre il maxi processo era in pieno svolgimento e che indusse i boss a fare una pubblica dichiarazione in aula per prendere le distanze da quel delitto, rinnegandolo.
Il lavoro di ricostruzione e collazione dei fatti, delle carte e dei verbali sarà particolarmente complicato considerando che molti di questi sono datati e dunque non digitalizzati.
“Finalmente – hanno detto Graziella e Ninni Domino – perché , dopo anni di silenzio siamo stati ricevuti dai magistrati e questo, seppur il dolore resta immutato, ci fa credere ancora di più nelle istituzioni”.
La famiglia Domino gestiva una impresa che aveva vinto la gara d’appalto per la pulizia dell’aula bunker dell’Ucciardone. L’omicidio di Claudio Domino demolì il falso mito della mafia che non tocca i bambini, tanto da spingere un imputato, Giovanni Bontade, a prendere la parola al bunker per proclamare: “non siamo stati noi!”.
Poi sul caso calò il silenzio. Squarciato la settimana scorsa durante una trasmissione televisiva in cui è stato sostenuto – dal giornalista Lirio Abbate e dal procuratore di Lagonegro, Gianfranco Donadio – che, “il bimbo è stato ucciso da Giovanni Aiello, detto faccia da mostro, un ex poliziotto (deceduto nel 2017) e sospettato di essere un killer al soldo di servizi deviati e criminalità organizzata”.