Giustizia

Mafia, Messina Denaro, condannato l’ex sindaco di Castelvetrano


L’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonio Vaccarino, 74 anni, processato per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale con l’aggravante per mafia, è stato condannato dal Tribunale di Marsala a sei anni di carcere.

Vaccarino era stato arrestato il 16 aprile del 2019 insieme a due carabinieri (il tenente colonnello Marco Alfio Zappalà e l’appuntato Giuseppe Barcellona, entrambi condannati oggi dal gup di Palermo Annalisa Tesoriere, il primo a quattro anni di carcere in abbreviato, il secondo a un anno con pena patteggiata), nell’ambito delle indagini sul boss latitante Matteo Messina Denaro.

Secondo i pm della Dda, l’ex sindaco, che lo scorso anno era stato scarcerato 15 giorni dopo l’arresto, per poi essere arrestato nuovamente lo scorso 10 gennaio, nel febbraio 2018 avrebbe ricevuto da Zappalà, all’epoca in servizio alla Dia di Caltanissetta, uno stralcio di una intercettazione e l’avrebbe girata a Vincenzo Santangelo, titolare di un’agenzia funebre già condannato per mafia.

A essere intercettata fu una conversazione tra due persone che parlavano del funerale di Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Matteo Messina Denaro e collaboratore di giustizia morto nel gennaio 2017 per una grave malattia. Alla prima udienza del processo, lo scorso 25 febbraio, Vaccarino chiese di rendere dichiarazioni spontanee.

“Ho sempre combattuto la mafia – si difese l’ex sindaco di Castelvetrano – Ho contribuito alla sconfitta della sua manovalanza. Le forze dell’ordine lo possono confermare. Ho collaborato con i servizi segreti e a questo devo la mia condanna a morte da parte del sanguinario Matteo Messina Denaro. Per i mafiosi sono un morto che cammina, ma io, da ex sindaco, non fuggo. Però, mi strazia il cuore l’infamia di un favoreggiamento a persone che ho sempre combattuto”. E dopo parole di stima per i giudici, concluse dicendo che crede “nel giudizio di Dio”.

Lo scorso 26 maggio, per Vaccarino i pm della Dda Francesca Dessì e Pierangelo Padova avevano chiesto la condanna a sette anni di carcere.

Il pm Padova, inoltre, rivelò che Vaccarino, parlando con Santangelo, “non sapendo di essere intercettato, disse di Lorenzo Cimarosa ‘questo fango che si è pentito'”.

Sul punto, però, gli avvocati difensori Baldassare Lauria e Giovanna Angelo hanno contestato che si stesse parlando di Lorenzo Cimarosa, ma i due pubblici ministeri hanno ribadito che il morto di cui si stava parlando nella conversazione intercettata non poteva che essere Lorenzo Cimarosa.

Condannato ufficiale tenente colonnello dei Carabinieri

Per quanto riguarda la condanna a quattro anni del tenente colonnello Zappalà – condannato anche a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici – è venuta dal gup di Palermo Annalisa Tesoriere.

Secondo l’accusa, il 22 febbraio 2018, l’ufficiale, all’epoca in servizio alla Dia di Caltanissetta, avrebbe inviato all’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonio Vaccarino una mail con lo screenshot di uno stralcio di trascrizione di una intercettazione effettuata nell’ambito delle ricerche del latitante Matteo Messina Denaro, che l’ex primo cittadino avrebbe poi girato a Vincenzo Santangelo, castelvetranese, titolare di un’agenzia funebre già condannato per mafia.

A essere intercettata fu una conversazione tra due persone (Sebastiano Parrino e Ciro Pellegrino) che parlavano del funerale di Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Messina Denaro e collaboratore di giustizia morto nel gennaio 2017 per una grave malattia.

Per Zappalà, i pm della Dda Francesca Dessì e Pierangelo Padova avevano chiesto cinque anni di carcere.

A inviare al tenente colonnello Zappalà lo stralcio dell’intercettazione fu l’appuntato dei Carabinieri Giuseppe Barcellona, che quando era in servizio alla Compagnia di Castelvetrano, si occupava della trascrizione di intercettazioni telefoniche e ambientali.

Il militare ha patteggiato una condanna a un anno di reclusione per accesso abusivo a un sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio.

Lo scorso ottobre, ascoltato in “incidente probatorio” davanti al gup Tesoriere, l’appuntato, già rientrato in servizio, si era difeso affermando: “Ho solo eseguito gli ordini di un mio superiore”.