Associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di droga.
Queste le accuse contestate dalla Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, a trentatré persone coinvolte in una maxioperazione congiunta di Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia contro i clan mafiosi messinesi.
Per 21 è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per dieci gli arresti domiciliari, per due l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.
I nomi di tutti gli arrestati
Le persone arrestate nell’operazione stamani da parte dei Carabinieri e portate in carcere sono Giovanni Lo Duca, 49 anni, Emmanuele Balsamo 39, Ugo Ciampi, 40, Tyron De Francesco, 24, Vincenzo Gangemi, 46, Anna Lo Duca, 47. Francesco Puleo, 52, Maria Puleo, 41, Giovanni Tortorella, 51, Domenico Romano, 38, Ernesto Paone, 25, Giuseppe Marra, 32, Mohammed Naji, 22, Emanuele Laganà, 40, Mario Orlando, 40, Giuseppe Surace, 35 mentre obbligo di presentazione alla pg per Gaetano Vinci, 50 e Antonina Cariolo, 50.
La Guardia di Finanza, sempre nella stessa operazione, ha portato in carcere Salvatore Sparacio, nipote del boss Luigi, e ai domiciliari Mario Alibrandi, 47, Carlo Cafarella, 40, Letterio Cuscinà, 40, Antonio Scavuzzo, 47, Antonino Summa, 79, Natalino Summa,51, Francesco Sollima, 51.
La Polizia infine ha condotto in carcere Giovanni De Luca, 32, Domenico Mazzitello, 27, Giuseppe Esposito, 28, Kevin Schepis, 22, mentre ai domiciliari Gabriella De Luca 23, Serena Ieni, 32 Antonino Soffli, 43.
Maxiblitz interforze
Il maxiblitz è il risultato di diverse attività di indagine svolte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina, del G.I.C.O. della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, che hanno consentito di svelare gli organigramma e gli affari dei clan nelle estorsioni, nel traffico di droga e nel controllo di attività economiche nel campo della ristorazione e delle scommesse.
I Carabinieri
In particolare, le indagini dei Carabinieri hanno riguardato la cosca mafiosa che controlla il rione messinese di “Provinciale” capeggiata dal boss Giovanni Lo Duca e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dal clan.
La Guardia di finanza
Le indagini della Guardia di Finanza hanno colpito le attività del gruppo criminale con al vertice Salvatore Sparacio, nel rione “Fondo Pugliatti”, documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa del settore del gioco e delle scommesse.
La Questura
Al centro dell’inchiesta della Questura c’era invece il clan guidato da Giovanni De Luca, radicato nel rione di “Maregrosso” e da sempre attivo nel controllo della security ai locali notturni e nel traffico di droga.
La cosca è stata già coinvolta nel 2019 nell’inchiesta denominata Flower.
I tre gruppi presentano strettissimi profili di collegamento, adottano strategie criminali comuni e operano in pieno accordo dividendosi il controllo del territorio delle rispettive zone.
Clan tornati al business della droga
L’indagine ha accertato che anche a Messina Cosa nostra aveva scelto di fare affari con il vecchio business del narcotraffico.
La droga veniva acquistata in provincia di Reggio Calabria e il boss Giovanni Lo Duca operava insieme a Giovanni De Luca, esponente mafioso della zona di “Maregrosso”.
Francesco Puleo e Ernesto Paone, invece, erano incaricati di procurare lo stupefacente e organizzare i trasporti con la collaborazione di Giuseppe Marra e Mahamed Naji, mentre Emanuele Laganà era il referente della sponda calabrese per il rifornimento della droga. Nel clan c’erano poi diversi uomini d’onore incaricati delle attività di spaccio al dettaglio.
Politico pagò voti a boss, arresti domiciliari
Il boss Salvatore Sparacio, nelle elezioni comunali del dieci giugno 2018 avrebbe ricevuto diecimila euro da un politico locale, Natalino Summa, agli arresti domiciliari per voto di scambio e che aspirava a diventare consigliere comunale.
Summa ottenne 350 voti che non gli consentirono però di essere eletto.
Nell’abitazione di Summa sono stati trovati oggi trentamila euro in contanti e altri diecimila sono stati trovati in ufficio. In casa di Sparacio, invece, sono stati trovati quindicimila euro.
Boss scarcerato torna al comando
Giovanni Lo Duca, boss di Messina, è tornato in cella dopo essere rimasto in carcere per tredici anni, alcuni dei quali al 41 bis.
Appena scarcerato era tornato alla guida del clan come hanno accertato le indagini sul capomafia: aveva ripreso in mano le redini dell’organizzazione ed era riconosciuto come punto di riferimento criminale sul territorio, intervenendo “autorevolmente” nella risoluzione di controversie fra esponenti della criminalità.
Base operativa nel bar della sorella
Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i Carabinieri hanno documentato come il suo clan, attraverso il sistematico ricorso alle minacce e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, era riuscito ad affermare il pieno potere e a controllare le attività economiche della zona.
Base operativa era il bar “Pino” gestito da Anna Lo Duca, sorella del capomafia. Quest’ultimo trascorreva le sue giornate nel locale e lì incontrava gli altri esponenti mafiosi per pianificare estorsioni e scommesse sportive anche per conto di un allibratore straniero.
Il bar è stato sequestrato.
Sequestro per insulti su Fb
Il boss gestiva le “vertenze” sul territorio (una donna si era rivolta a lui per far rilasciare figlio minorenne che era stato trattenuto contro la sua volontà da un pregiudicato che lo voleva punire per gli insulti postati su Facebook).
Lo Duca sarebbe intervenuto ottenendo la liberazione del ragazzo.
Summit in una sala biliardo
Si è scoperto inoltre che il clan organizzava i summit mafiosi in una sala biliardo, la “Asd Biliardi Sud”, controllata da Salvatore Sparacio, nipote dello storico boss Luigi, poi divenuto collaboratore di giustizia.
La sala è stata sequestrata.
La Asd era finita agli onori della cronaca lo scorso 11 aprile 2020, in occasione dei funerali di Rosario Sparacio, fratello di Luigi, perché il corteo funebre si fermò davanti al locale in violazione delle norme anti Covid.
Nel locale si giocava d’azzardo attraverso pc collegati tramite la rete internet con piattaforme di scommesse on-line con sedi all’estero, che permettevano di accedere a giochi offerti al di fuori del circuito autorizzato dai Monopoli dello Stato.
Dirigenti maltesi
Sparacio aveva rapporti con dirigenti maltesi di notissimi brand di settore, tanto da spuntare provvigioni del 40% sugli incassi delle scommesse.
“Maregrosso” e il boss De Luca
Il boss Giovanni De Luca avrebbe invece gestito racket delle estorsioni e traffici di droga insieme ai fedelissimi Domenico Mazzitello, Kevin Schepis e Giuseppe Esposito.
Mazzitello si sarebbe occupato delle estorsioni ai gestori dei locali notturni di Messina; Schepis era incaricato di aggredire i clienti per spingere i titolari dei locali della movida a rivolgersi alla security controllata dalla cosca, Esposito avrebbe commesso rapine per rimpinguare le casse del clan.
Indagati anche la sorella del boss, Gabriella De Luca, e Serena Ieni e Antonino Soffli, accusati a vario titolo di favoreggiamento e di procurata inosservanza di pena.
Avrebbero dato supporto logistico e assistenza materiale ed economica al capomafia durante la latitanza.