Cronaca

Mafia, operazione a Palermo dopo due anni di indagini

Polizia e Carabinieri, su delega della Procura di Palermo, hanno fermato, nel corso dell’operazione congiunta denominata Stirpe, sedici persone accusate di associazione mafiosa ed estorsione aggravata del metodo mafioso.

Il blitz chiude due anni di indagini sul mandamento mafioso di Brancaccio-Ciaculli.

I fermati sono: Giuseppe Greco, 63 anni, Ignazio Ingrassia, 71 anni, Giuseppe Giuliano, 58 anni, Giovanni Di Lisciandro, 70 anni, Stefano Nolano, 42 anni, Angelo Vitrano, 63 anni, Maurizio Di Fede, 53 anni, Gaspare Sanseverino, 48 anni, Girolamo Celesia, 53 anni, Sebastiano Caccamo, 66 anni, Giuseppe Ciresi, 32 anni, Onofrio Claudio Palma, 43 anni, Rosario Montalbano, 35 anni, Salvatore Gucciardi, 41 anni, Giuseppe Caserta, 46 anni e Filippo Marcello Tutino 60 anni.

L’inchiesta ha svelato gli organigrammi delle famiglie mafiose di Roccella e di Brancaccio, individuato gli elementi di vertice dei clan e ricostruito 50 episodi estorsivi.

Il territorio, emerge dagli accertamenti degli inquirenti, è fortemente condizionato dalla presenza di cosa nostra e gli imprenditori e i commercianti, prima di avviare le loro attività, sono soliti chiedere l’autorizzazione al referente mafioso della zona.

Nessuna vittima del racket ha presentato denuncia alle forze dell’ordine.

Il generale Guarino, “Cosa nostra arroccata”

“L’operazione dimostra ancora una volta l’arroccamento di Cosa nostra palermitana intorno ai propri schemi organizzativi e valoriali tradizionali: la struttura del mandamento e delle famiglie, le relazioni con gli Usa, le estorsioni per sostenere i carcerati, il vincolo della discendenza di sangue”.

Lo ha detto, parlando dell’operazione, il generale di brigata Arturo Guarino,
comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo.

“Aver individuato – ha aggiunto – il capo del potente mandamento di Ciaculli-Brancaccio e averne disegnato le relazioni dimostra ancora una volta la capacità investiva dell’Arma e il nostro impegno costante contro la mafia, nel solco dell’esortazione straordinaria che proprio ieri il Capo dello Stato ha rivolto a tutti in occasione della commemorazione del Giudice Borsellino e della sua scorta”.

La “previdenza sociale” di Cosa nostra

Di particolare interesse è il fatto che l’inchiesta abbia svelato particolari inediti sulla “previdenza sociale” delle organizzazioni mafiose: la maniera di occuparsi dei carcerati e delle loro famiglie.

La “cacciata” da Cosa nostra

Altro episodio curioso emerso dalle indagini, è quello dello scontro tutto interno alla “famiglia” mafiosa di Corso dei Mille.

Secondo quanto emerso, Giuseppe Giuliano, 58 anni, detto Folonari, tra i fermati nell’operazione Stirpe, avrebbe dovuto essere cacciato da Cosa nostra per non aver rispettato le “regole” imposte dal clan.

Lo scontro è stato risolto dal boss Giuseppe Greco, capomafia di Ciaculli, con numerosi incontri con Giuliano e altri membri delle famiglie mafiose della zona.

Tutti elementi che hanno consentito agli inquirenti di affermare il ruolo di capo di Greco nella gestione delle dinamiche del mandamento, come viene approfondito in un altro nostro articolo.

Un cimitero privato a Palermo

E anche l’emergenza sepolture a Palermo era un affare su cui la mafia del “mandamento” di Ciaculli, in grave emergenza economica, avrebbe voluto mettere le mani per fare soldi.

Emerge dall’indagine che il boss Giuseppe Greco, finito in manette nella notte nell’operazione “Stirpe” e ritenuto il nuovo capomafia di Ciaculli dopo l’arresto del nipote Leandro, aveva chiesto a Filippo Bisconti, ex capomafia di Belmonte Mezzagno, oggi collaboratore di giustizia, di realizzare un cimitero privato.

“Ha sempre gestito le terre di famiglia – ha raccontato Filippo Bisconti – a un certo punto ebbe un tracollo finanziario, non so perché. Mi propose di realizzare un cimitero privato per Palermo, facemmo alcuni incontri per discutere dell’affare”.

Progetti che al momento sembra siano rimasti tali.