Arriva da Torino nel corso di un incontro in cui si è parlato della capacità della mafia di adattarsi nel tempo al contesto in cui opera il ricordo di un pizzino inviato da Matteo Messina Denaro a Bernardo Provenzano, nel 2004, in cui il boss si scusava per non aver svolto un incarico. A menzionare questo episodio il capo della squadra mobile di Torino, Marzia Giustolisi, per anni in servizio a Caltanissetta e Catania.
“Qui le batoste sono state continue e credo che alla fine arresteranno pure le sedie quando avranno finito con le persone”. Queste parole erano contenute nel pizzino.
“Con Bernardo Provenzano si è cominciato a parlare di Mafia 2.0 – ha spiegato Marzia Giustolisi -, entità che si differenziò profondamente da quella, sanguinaria, di Totò Riina. Provenzano adottò la strategia della sommersione”.
Poi la lettura del testo del pizzino, uno dei documenti esaminati da Giustolisi nel corso delle sue indagini: “Purtroppo – scriveva Messina Denaro a Provenzano – non posso aiutarla. Al momento non abbiamo più nessuno: sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi. C’è solo da aspettare che esca qualcuno che ha cose più leggere. Purtroppo qua le batoste sono state a ruota continua e non accennano a finire. Credo che alla fine arresteranno pure le sedie”.
Secondo il dirigente di polizia, il contenuto del pizzino era la dimostrazione di quanto “i boss si sentivano braccati e pativano la pressione degli investigatori”.