Giustizia

Magistratura, Caso Amara, adesso tutti chiedono chiarezza

In attesa del prossimo plenum del Csm, previsto per mercoledì, continuano a essere agitate le acque dopo la vicenda dei verbali dell’ex avvocato dell’Eni Piero Amara, siracusano.

Le dichiarazioni rese nel 2019 – e nelle quali il legale siciliano parlava di una loggia massonica denominata Ungheria – sono state consegnate nell’aprile del 2020, nonostante fossero coperte da segreto, dal pm milanese Paolo Storari al consigliere del Csm Piercamillo Davigo per ragioni di autotutela dopo che, a dire del pm, aveva invano chiesto per sei mesi al Procuratore di Milano Francesco Greco di procedere all’iscrizione degli indagati.

La vicenda, già complicata, si è arricchita di un altro dettaglio, anche questo tutto da chiarire.

Uno dei verbali secretati di Amara, sarebbe uscito dalla Procura di Milano già nel febbraio del 2020, ossia almeno un paio di mesi prima che il pm Storari consegnasse quegli interrogatori all’allora consigliere del Csm Davigo.

A quanto si è appreso, sarebbe stato un altro degli indagati nell’inchiesta milanese sul “falso complotto Eni”, l’ex manager del gruppo Vincenzo Armanna, anche imputato nel processo milanese sul caso Eni-Nigeria finito con assoluzioni, a dire ai pm durante un interrogatorio di avere a disposizione quel verbale di Amara, dove si faceva riferimento alla presunta loggia.

Armanna non sarebbe riuscito, però, a spiegare bene come era riuscito ad ottenerlo.

Dopo gli interventi del Pg della Cassazione Giovanni Salvi che ha preannunciato iniziative disciplinari per violazione del segreto e del vicepresidente del Csm David Ermini che ha chiesto “la più ferma e risoluta attività di indagine” per accertare “chi tenga le fila di tutta questa operazione”, anche l’Associazione nazionale magistrati si è fatta sentire.

Chiedendo che presto siano “dissipate ombre e fugati sospetti” e confidando che l”‘Autorità giudiziaria e il Csm, nell’ambito delle rispettive competenze, sapranno procedere in tempi rapidi all’accertamento dei fatti, fornendo risposte chiare ai gravi interrogativi che la vicenda pone”.

Rimane per ora solo “spettatore, almeno per qualche giorno” l’ex pm romano Luca Palamara che non commenta la nuova bufera – dopo la prima che lo vide protagonista undici mesi fa – ma del tutto zitto non sta e dice, parlando in radio, che la vicenda dimostra come nel suo caso la stampa “più che un racconto” ha compiuto “una mistificazione dei fatti”.

All’attacco, forte del nuovo affaire, il leader dei penalisti Gian Domenico Caiazza che sprona la politica a “recuperare dignità” e a “mettere mano al riequilibrio democratico del potere giudiziario”.

Anche l’ex magistrato Carlo Nordio vede, nella ‘fuga’ dei verbali di Amara, la riprova del sistema descritto da Palamara “il morto ha afferrato il vivo”, “occorre una commissione bicamerale sulla giustizia”.

“Davigo dice di avere informato ‘chi di dovere’. È lecito sapere con chi ha parlato? Salvi della Cassazione ha fatto un comunicato, ma deve spiegare di più, anche dei suoi rapporti precedenti con Palamara. Il Quirinale è stato informato? Ha agito? Il Presidente della Repubblica non a caso è presidente del Csm”.

“Noi chiediamo – ha sottolineato il senatore di Fi Maurizio Gasparri – l’immediata approvazione della commissione parlamentare di inchiesta sul Csm e sulla magistratura, istituzioni troppo importanti per essere lasciate nel degrado che ci sgomenta ogni giorno di più”.