Pezzi di Pizzo

Mandiamoli in Sicilia

Una volta se si voleva punire qualcuno durante il servizio militare lo si mandava in Sardegna, a Macomer. Posto sperduto ai confini della tristezza del milite. Oggi se si vuole paracadutare qualcuno, scopo elezione o tentativo di essa, lo si manda in Sicilia.

Tanto quei dirigenti di partito locale sono talmente adusi all’ascarismo che si accollano di tutto. Ogni tanto mandano qualcuno Born in Sicily e sparito dai tempi del liceo, oppure qualcuna il cui nonno era di Mascalucia o Joppolo Giancaxio, come gli oriundi nella nazionale di calcio.

Qualcuno sostiene con voce stentorea “Mio cognato è siciliano!”, al cronista che lo chiama per avere lumi di questa passione nazionale per fotterci i posti nei collegi siciliani. È una passione universale, che attraversa tutti i partiti, se ci fosse questa unanimità nel governare il Paese sarebbe primo in classifica. A fotterci sono tutti d’accordo.

Ovviamente la colpa è nostra. Ascarismo, classe dirigente mediocre che deve calare le corna al dirigente del nord, convenienze alla Caino, tu fotti i tuoi e noi premiamo te. Perché in questo, nel fottere il conterraneo di partito, noi siamo portati al limite del primato mondiale. Perché la prima caratteristica del siciliano è l’invidia, la rutilante, serpeggiante “Raggia”. Perché Lui si, ed Io, Io badiamo bene, no? Che si fotta! Meglio uno di fuori, e zero a zero e palla al centro.

E così da anni ospitiamo nei posti in cui dovrebbe essere rappresentata la Sicilia, liguri o milanesi, piemontesi o romani. Mancano solo i napoletani e i calabresi e poi è fatta. Il caso escatologico è rappresentato dai fratelli Craxi, figli di un padre verso cui il Paese ha un atroce senso di colpa ipocrita. Uno a Sinistra e l’altra a Destra, entrambi milanesi ma con nonni nebroidei, per rispettare le oriundi ascendenze.

Il dato politico finale ci dice che la Sicilia è irrilevante. Vi basti che avete un presidente della Repubblica, eletto due volte, anche se sta a Roma dalla fine degli anni 80. Anche perché i partiti, tutti, si sono fatti due conti sui flussi dell’isola. Il primo è la diminuzione. Sempre più astensionismo. Il secondo la fluidità. Una volta l’isola era un granaio storico dei moderati e di alcune specifiche figure del PCI.

Ora ad ogni “sciuscio” di vento cambiamo orientamento politico, sempre a inseguire il Gratta e Vinci del carro vincente. Di fatto non abbiamo più un radicamento culturale prima, politico poi. Siamo, diciamocelo, dei “Canciabannera”, e proprio per questo siamo trattati così. Come riserva di posti per il Nord.

Così è se vi pare.

Giovanni Pizzo